la Repubblica, 13 giugno 2021
Eresia Spinazzola
L’eresia è uno scandalo. Una contraddizione della verità rivelata. Una rovina sia per chi la professa che per chi la contrasta. A volte è soltanto un’altra possibilità. Una variazione del modulo. Gli allenatori che non la inventano la patiscono. I giocatori ne portano le conseguenze. Spinazzola, per dire. È un’iperbole. Un terzino che gioca così alto da lasciare più impronte negli ultimi venti metri che nei primi. Uno che dribbla, che spinge il telecronista nel sottosuolo linguistico in cui “con una sterzata mette a sedere l’avversario”. È un irregolare, un verbo troppo transitivo. Che strano treno: si fa tutta la rotaia, poi a un certo punto allegramente deraglia, ma è nello scarto che trova la destinazione. Spinazzola non piace a chi ha un’idea fissa di sé e del mondo, a chi preferisce una plusvalenza a un cross, a Cristiano Ronaldo.
In Nazionale è diventato titolare all’improvviso, con un biglietto preso nel vento. Contro la Turchia è stato il migliore, insieme con Berardi e Jorginho. Un’anomalia di fondo in quella parte di campo in cui dovrebbe giocare un’ala. Al limite, potrebbe bazzicare lì il laterale di un centrocampo a 5, non quello di una difesa a 4. Soltanto la squadra di Mancini gioca così alta da poterselo permettere. In Europa aveva già fatto una partita altrettanto spettacolare, ma con la maglia della Juventus, al ritorno contro l’Atletico Madrid. Anche allora spinse e sterzò. Occupò lo spazio di qualcuno che fece sì tre gol, ma pretende sempre casa libera. Fu ceduto alla Roma per una plusvalenza di 26 milioni. La Roma lo scambiò con Politano dell’Inter, li fotografarono con le nuove sciarpe, poi l’affare saltò.
Sarebbe stato quasi perfetto nello schema di Conte, dove il quasi è quel tanto di libertà necessaria che lo anima. Non era destino. Le sterzate del caso possono mandarti fuori strada.A lui hanno dato ancor più spinta. In quel che fa non esiste una logica in sé, c’è nell’insieme.
Devi avere dalla tua un centrale estensibile come Chiellini, un regista onnipresente come Jorginho, un’ala trequartista come Insigne. Allora l’eresia diventa l’undicesimo comandamento: non lasciare il possibile intentato. Mancini non solo tollera il sacrilegio, ma l’invoca. Come tutti noi ha per luce sul fondo i desideri non realizzati nella vita precedente.
Il suo schema d’attacco individua il punto debole avversario e lo aggredisce avverando la profezia cinematografica dell’uomo in più, o di quello che non c’era. Per questo gli serve un eversore aggiunto, un’idea fuori contesto. Per dire: Spinazzola.