Improvvisamente, Queenie sente tutto il peso dei pregiudizi che le sono cresciuti addosso nei suoi 25 anni di vita. Rispondendo alle nostre domande dalla sua casa di South London, Carty-Williams, 31 anni, sceglie una ad una le parole capaci di trasmettere quel peso. Per la sua protagonista e per se stessa. Mostrando quanto il personale, anche oggi, sia terribilmente politico.
Come è nato il romanzo?
«Lavorando in editoria leggevo di tutto, da Hilary Mantel ai libri di cucina. Mi piaceva moltissimo, ma dopo un po’ mi sono chiesta: quando arriva una storia che parli alle donne come me? Così ho deciso di scriverla. Una volta che ho immaginato Queenie lei mi ha condotto nella sua vita attraverso il prisma del lavoro in una casa editrice, della famiglia, dell’amore, della salute mentale, il tutto avvolto dal velo della razza. Per questo scrivo in prima persona: voglio che chi legge senta cosa significa essere una donna nera».
Cosa pensa del paragone con Bridget Jones, oltre al fatto che aiuta a vendere?
«Ho amato Bridget Jones come tutte le ragazze della mia generazione, e mi piace la sua relazione con i suoi amici: per me, come per lei, sono una seconda famiglia che ti tira fuori dai guai quando quella vera latita. Detto questo, Bridget non potrebbe mai essere “politica” quanto Queenie perché è snella, bianca e, come si dice in inglese, viene dai soldi . Non deve preoccuparsene e infatti non ne parla mai. Per Queenie, invece, la mancanza di soldi è una costante fonte di ansia».
Accennava alla relazione difficile con la famiglia d’origine.
«I nonni di Queenie sono arrivati a Londra dalla Giamaica decenni fa. Hanno reciso il legame con le origini per adattarsi al sistema. Ma Queenie non si accontenta di dire “sono nata qui, sono inglese”: considera quell’eredità un fatto identitario. E politicamente è agli antipodi di sua nonna. Come me, del resto: la mia vota conservatore. Litighiamo così tanto che non vado più a trovarla. Del resto, non posso immaginare quanto sia stata dura per lei. Da piccola una volta le chiesi: “Perché c’è la foto di una baracca appesa al muro di casa tua?”. Era la sua casa in Giamaica».
Il rapporto di Queenie con il suo corpo e con il sesso è complicato.
«L’incipit del romanzo la descrive durante una visita ginecologica. Volevo mostrare quanto il suo dolore e il suo disagio vengano sottovalutati dal medico ma anche quanto è scollegata dal suo corpo. Un corpo che è oggetto, come capita alle donne nere, di uno sguardo iper sessualizzato. Il modo in cui gli uomini si relazionano con lei deriva da questo sguardo, così come il sesso casuale e violento che ne segue. Consensuale, perché lei considera che quello sia il suo valore. Lei vuole un appuntamento, loro no. Io e un’amica bianca ci siamo iscritte a una app per incontri. Lo stesso ragazzo ha contattato entrambe. A lei ha scritto: “Vedo che lavori con i bambini. Anch’io. Prendiamo un caffè?”. E a me: “Perché non ti prendi un giorno libero, così posso fare sesso con te?”. Più cresci, più capisci che questo è ciò che vali per molta gente. Quando Queenie se ne rende conto, inizialmente ha paura di affrontare una psicoterapia; spesso pensiamo che sia meglio non indagare ciò che abbiamo dentro, ciò da cui veniamo, o non arriveremo alla fine della giornata. Tornando a quella baracca in Giamaica: se penso a dove sono arrivata mi sembra quasi incredibile.
Ma so che il viaggio è costato sacrifici a chi mi ha preceduto. Incluso sopprimere ciò che si provava».
È stato difficile pubblicare una storia che parla di questa sofferenza, anche se in tono da commedia?
«Alcuni editor l’hanno rifiutata dicendo: “Mi piace ma non capisco il mondo di cui parla”. In che senso? Il mondo di cui parla è quello in cui vivi anche tu. Del resto, l’editoria si basa sul gusto: se quelli che ci lavorano appartegono tutti alla stessa nicchia sociale, chi non ne fa parte rischia di restarne escluso. Tuttavia la blackness sta emergendo: molti giovani sono consapevoli che la loro esperienza vale la pena di essere raccontata. E questo anche grazie ai social media: se non mi sento sola, avrò il coraggio di essere me stessa».
Il libro le ha cambiato la vita?
«Sì, non me lo aspettavo e non ero pronta per il successo. Il romanzo diventerà una serie tv nel 2023 ( scritta insieme a Zadie Smith ndr ), un nuovo libro uscirà nel 2022. Vivo bene, posso aiutare la mia famiglia. Ma è anche una continua sfida con me stessa: quando cominciano a dirti che sei brava, e nessuno te l’aveva mai detto prima, devi negoziare con te stessa il cambiamento».