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 2021  giugno 13 Domenica calendario

Il piano del G7 sulla Cina

«America Is Back!». In coro Joe Biden ed Emmanuel Macron annunciano un tema del G7, il ritorno dell’America ad una politica delle alleanze. Ma il volto buono e suadente dell’amico americano è anche il modo per chiamare le democrazie a compattarsi contro le grandi sfide: pandemie attuali o future, crisi climatica, e soprattutto la Cina. È sulla minaccia cinese che Biden ha esercitato la massima pressione sugli alleati, e ha ottenuto risultati. Oggi dalla giornata conclusiva del G7 emergerà un’attenzione forte sui temi strategici che riguardano la superpotenza autoritaria. Condanna verso gli abusi contro i diritti umani, a Hong Kong e nello Xinjiang, e rifiuto di acquistare beni prodotti con lo sfruttamento di detenuti condannati ai lavori forzati. Urgenza di contrastare ogni concorrenza sleale da parte di un gigantesco capitalismo di Stato che non è un’autentica economia di mercato. Necessità di rendere più sicure le catene produttive e logistiche da cui le democrazie ricevono i propri approvvigionamenti: nella versione più rigorosa questo significa accelerare forme di “decoupling” o divorzio dalla Cina. Appare per la prima volta in un G7 anche una sorta di contro-piano per reagire all’espansionismo di Pechino lungo le Nuove Vie della Seta. Biden lo battezza riecheggiando il suo piano nazionale per gli investimenti in infrastrutture: Build Back Better for the World. Poiché la Cina estende la sua influenza costruendo porti e strade, ferrovie e aeroporti, centrali elettriche e linee di telecomunicazione, le democrazie occidentali più il Giappone s’impegnano a mettere in campo sforzi simili, con differenze qualificanti: rispetto dell’ambiente, lotta alla corruzione, diritti dei lavoratori, attenzione a non sovraccaricare di debiti i paesi in via di sviluppo. Biden getta il cuore oltre l’ostacolo ma i limiti dell’operazione sono visibili: tenta di cucire insieme tante iniziative pre-esistenti per gli investimenti nei paesi emergenti, non stanzia risorse nuove, e tra l’altro anche il piano nazionale per gli investimenti di Biden ha un iter difficile al Congresso. Ma la formidabile ripresa dell’economia americana, un traino per il resto del mondo, per adesso consente di sorvolare sul fatto che non esiste un Piano Marshall occidentale da opporre alla Belt and Road Initiative di Xi Jinping. La Cina finisce nel mirino anche per un’altra iniziativa promossa dal G7 che vuole contrastare le centrali a carbone: proprio quelle che Pechino esporta lungo le Vie della Seta. Il padrone di casa Boris Johnson si è calato perfettamente nel contesto di soverchiante attenzione alla Cina: ha deciso di tagliare le connessioni wi-fi nella sala del summit, per impedire che qualche cyber-pirata potesse trasmettere a Pechino lo streaming delle discussioni tra i leader delle democrazie. Il premier britannico ha proposto anche di creare in seno al G7 una formale task- force che si occupi della Cina. La proposta è stata giudicata eccessiva dagli altri europei. L’Unione europea cerca di non mettere a repentaglio le relazioni con la Cina, sottolineando fra l’altro che il contributo della Repubblica Popolare è indispensabile per vincere la lotta all’emergenza climatica.
Sull’altra emergenza, quella sanitaria, c’è il lancio di una “dichiarazione sulla salute mondiale” adottata dal G7. È l’impegno ad affrontare con più cooperazione la pandemia attuale e la prevenzione di quelle future, costruendo una “infrastruttura sanitaria globale”. Oltre alla donazione di un miliardo di dosi ai paesi poveri, tra gli impegni figura una riduzione dei tempi di approvazione per i futuri vaccini. Alla parte sanitaria sono stati associati dei paesi che non appartengono al G7: India Australia Corea del Sud e Sudafrica, sempre secondo l’idea che le geometrie delle relazioni geopolitiche devono privilegiare le democrazie.
La questione cinese rimbalzerà al vertice Nato domani a Bruxelles: per la prima volta nella sua storia l’Alleanza Atlantica inserirà l’espansionismo della Cina (con annessi cyber-attacchi, hackeraggi, interferenze nelle elezioni, spionaggio) dentro il suo Strategic Concept. L’altro grande regime autoritario sarà in scena il 16 a Ginevra. Per sottolineare il clima teso dell’incontro con Vladimir Putin in Svizzera, la Casa Bianca fa sapere che al termine non ci sarà una conferenza stampa congiunta, ma due separate.