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 2021  giugno 13 Domenica calendario

La fattoria delle mosche

CASALNOCETO (AL) – Occupano meno spazio di polli e maiali. Non emettono tonnellate di metano come le vacche. Sono il futuro verde, garantisce la Ue, di stalle (e tavole) europee. E dopo un primo rodaggio in Francia e Spagna, anche nelle campagne italiane debutta la nuova frontiera dell’allevamento: la fattoria delle mosche. «Eccole qua le nostre bravissime collaboratrici», scherza Giuseppe Tresso, presidente esecutivo della Bef Biosystem entrando nell’impianto- laboratorio di Casalnoceto, in Piemonte. Difficile dargli torto: insetti instancabili e produttivi come le Hermetia illucens, le mosche- soldato, non sono facili da trovare: stanno chiuse in voliera a 30 gradi di temperatura e con un un’umidità al 60% sotto un’irreale luce azzurrognola ai raggi ultravioletti. Vivono per circa sette giorni senza toccare cibo (in fase adulta non mangiano) e con un solo obiettivo: accoppiarsi. I 180 mila insetti della fattoria piemontese lo fanno con scrupolo e dedizione: «Ogni femmina depone 600 uova», calcola Marco Meneguz, l’entomologo che veglia con l’entusiasmo di un padre sull’allevamento. Alla progenie di larve, dopo la nascita, è garantito un menù da MasterChef a base di scarti di lavorazioni industriali: la carta di Casalnoceto prevede gustose trebbie di malto della birra Menabrea, lieviti e residui alimentari della Valsoia. Loro mangiano, crescono a ritmi vertiginosi (da un millimetro a un paio di centimetri in una settimana) e poi arrivano al bivio: «Le larve più fortunate, come succederebbe in natura, evolvono in insetto per rinforzare le file di riproduttori in voliera – spiega Tresso –. Le altre sono portate in biopausa a 10 gradi e poi congelate». Per diventare preziosissima – parola dell’Unione europea – farina di insetto, utilizzata nella produzione di crocchette per cani e gatti o mangime per galline e pesci. Le mosche piemontesi non sono un caso isolato. Anzi. Il business dell’”Insetto Spa” sta decollando in tutto il continente. Bruxelles ha appena sdoganato l’uso della farina di tenebrio molitor (la camola della farina) per l’alimentazione umana. In lista d’attesa per l’ok ci sono grilli, cavallette e larve di api. Sulle aziende del settore piovono centinaia di milioni di investimenti. «Il mercato c’è – spiega Tresso –. La Ue importa oggi l’80% delle proteine animali di cui ha bisogno e gli allevamenti come il nostro sono un modo intelligente per coprire questo deficit utilizzando rifiuti che andrebbero sprecati». Le Bugsfarm della Bef Biosystem sono un esempio di scuola di economia circolare: «Le larve crescono al ritmo di 500 mila alla settimana in bioconvertitori scaldati dal calore degli impianti di biogas che altrimenti andrebbe disperso», spiega il presidente del gruppo. L’energia elettrica è garantita da impianti fotovoltaici. L’alimentazione degli animali è a base di rifiuti organici dell’industria alimentare o di cibo scaduto. «Produttori e regioni devono pagare fino a 200 euro a tonnellata per smaltirlo, noi lo ritiriamo senza spese», dice Bresso. L’impatto ambientale alla fine è attivo: una microfattoria della Bef – calcolano i suoi progettisti – genera fino a 75 mila euro l’anno di certificati bianchi, titoli (monetizzabili) di efficienza energetica. La filosofia dello spreco zero vale anche per le larve di mosche soldato: non si butta niente. La farina – che oggi si vende a 3.500 euro alla tonnellata – è richiestissima nell’alimentazione per animali. «Grasso e cheratina delle mosche sono utilizzati in cosmesi e la farmaceutica, mentre lo sterco delle larve è un eccellente concime», spiega Meneguz. L’idea di mettersi nel piatto una bella portata di insetti – a Casalnoceto lo sanno bene – deve ancora abbattere in Italia pregiudizi e resistenze. Coldiretti – per difendere vacche e suini made in Italy – si è messa di traverso («sono prodotti lontanissimi dalla nostra cultura»). Per Luigi Scordamaglia – numero uno di Filiera Italia – «si danneggiano le nostre eccellenze con cibi strumentalmente proposti come più sostenibili solo per coprire la richiesta crescente di proteine nobili». Bruxelles però tira dritto e la domanda c’è: Ynsect, Enterra, Mealfood, Agriprotein, Proteine e Innova, i sei leader continentali del settore, hanno raccolto in tre anni 900 milioni di capitali per far partire il business. «Noi proponiamo chiavi in mano i nostri impianti – dalla fornitura di residui al ritiro delle larve – e abbiamo un centinaio di richieste», assicura Tresso. L’obiettivo della Bef è avere entro fine 2021 almeno sette fattorie di insetti. «Tempo qualche mese e nelle nostre voliere metteremo al lavoro almeno un milione di mosche», assicura Meneguz. L’invasione di cavallette & Co. in Italia, con la benedizione Ue, è appena iniziata. E per il loro sbarco in massa nei menu tricolori è ormai solo questione di tempo.