la Repubblica, 13 giugno 2021
Come mai nessuno vuole più fare il sindaco
ROMA – La fascia tricolore è passata di moda. E l’ultima disperata mossa per far fronte alla crisi di vocazione degli aspiranti sindaci l’ha fatta l’Anci, l’associazione dei Comuni: una proposta formale di abolizione del tetto dei due mandati. Via qualsiasi limite alla ricandidatura nei centri fino a 5 mila abitanti, un mandato in più (fino a tre) a disposizione di chi guida i municipi nella fascia fra i 5 e i 15 mila abitanti. «Proviamo a tenere più a lungo in carica gli attuali sindaci perché i successori non si trovano...», riassume Antonio Decaro, il presidente dell’Anci. Che ha promosso una mobilitazione, il 7 luglio a Roma, per dare tutela e dignità a un ruolo per il quale si fa fatica oggi a trovare pretendenti. Come dimostra la complicata caccia al candidato “civico” dei leader del centrodestra a Roma e Milano. Dietro c’è un fenomeno trasversale ai partiti, ovvero l’allergia per un mestiere impossibile, con pochi onori e moltissimi oneri. E soprattutto con il rischio di uscirne «colpiti da un grave danno di reputazione», per usare le parole di Enzo Bianco, uno che il sindaco l’ha fatto negli anni ‘90, quando i primi cittadini avevano risorse, prestigio e peso politico. Oltre che una carriera assicurata. Oggi invece c’è una crisi nera, frutto pure dell’impoverimento del ceto politico.
Danno di reputazione
Chi si addossa il rischio di finire nei guai giudiziari per fatti che vanno oltre le proprie dirette competenze? Per i disordini dei tifosi in piazza (vedi Chiara Appendino a Torino) o perché (leggi la sindaca di Crema Stefania Bonaldi) un bimbo si schiaccia le dita nella porta di un asilo nido? Difficile, senza tutele, lanciarsi in una sfida amministrativa. Se puoi, ancora, finire condannato per omicidio colposo in seguito alla caduta di un masso in un sentiero (capita a Fara San Martino, in Abruzzo) o dover rispondere di un caffè offerto nel proprio ufficio (lo ha segnalato a Repubblica il sindaco di Mantova Mattia Palazzi). Il tutto in un quadro appesantito dalle frequenti indagini per inquinamento atmosferico e da un nuovo filone rimarcato da Decaro: «Gruppi di cittadini hanno preso a denunciare i sindaci per l’inquinamento acustico delle zone della movida». Una vita sempre più dura, insomma. «Se ti eleggono – dice Bianco – devi mettere in conto che nel 99 per cento dei casi finisci indagato per abuso d’ufficio. Nel 95 per cento non vai neppure a giudizio ma il danno di reputazione è certo». Se poi arriva la condanna, anche solo in primo grado, scatta la tagliola della Severino: c’è la sospensione per 18 mesi. «Noi non chiediamo né immunità né impunità – dice Decaro – ma vanno definiti meglio, nelle norme che individuano i responsabili dei reati, i confini fra l’attività politica e quella amministrativa: un sindaco non può rispondere di tutto».
Meno del reddito di cittadinanza
«Ma secondo lei, con questi rischi, chi rinuncia a una professione e a metà dei propri compensi per fare il mestiere di sindaco che sempre più richiede un impegno a tempo pieno?»: è la domanda che si pone Stefano Locatelli, sindaco di Chiuduno (Bergamo) e responsabile degli enti locali della Lega. Lui, a capo di un Comune di 6 mila abitanti, guadagna circa 1.700 euro «con i quali devo pagare i contributi e l’assicurazione». Va peggio alla pletora di sindaci di paesi fra i 3 e i 5 mila abitanti, che superano a fatica i 1.200 euro al mese o quelli di paesi più piccoli che stanno sotto quota ottocento. «L’anno scorso feci notare che lo stipendio di un primo cittadino in questi centri era inferiore al reddito di cittadinanza», ancora Decaro. Lo stipendio cresce per i sindaci dei Comuni più grandi, sfiora i 6 mila euro a Milano e si aggira sui 4 mila euro in centri medi come Bari o Catania. Non sono certo cifre irrisorie ma, per restare a questi ultimi casi, si tratta sempre di un terzo di quanto guadagna un deputato e la metà di un consigliere regionale. Ruoli che comportano responsabilità decisamente minori.
Il peso dei debiti
Poi, a fare da dissuasore sulla via dei municipi, c’è una situazione finanziaria da profondo rosso. Chi sarà eletto, a ottobre, si troverà Comuni indebitati (5 miliardi il deficit a Napoli, secondo quanto denunciato dal candidato del centrosinistra Gaetano Manfredi) e soprattutto una prospettiva inquietante. Quella di dovere fare i conti con le conseguenze di una recente sentenza della Consulta che ha definito incostituzionali le leggi che hanno permesso la spalmatura in trent’anni dei debiti dei Comuni. Sono 1.400 Comuni che, per effetto di questa decisione, devono colmare subito i buchi e sono dunque da considerare a rischio dissesto. Nel novero c’è la metà delle amministrazioni calabresi e un terzo di quelle campane.
La classe dirigente sparita
E però il pericolo è che questo scenario diventi un alibi per la politica che non è riuscita, negli ultimi anni, a costruire un “vivaio” al quale attingere per le candidature. Decaro dà un giudizio tranchant: «Paghiamo gli effetti delle leggi elettorali che abbiamo costruito e della logica delle correnti che affligge, ahimè, soprattutto il mio partito: i giovani si sono impegnati a seguire i leader di turno, in cerca di una facile candidatura nelle liste bloccate, invece di costruire un radicamento sul territorio». Un osservatore della Prima Repubblica quale l’ex ministro Paolo Cirino Pomicino parla direttamente di «desertificazione della classe dirigente». «Da 25 anni – aggiunge – i partiti hanno sostituito la costruzione del ceto politico con i personalismi e ora non si trovano più candidati all’altezza. Ai miei tempi nella Dc c’erano le battaglie per fare il sindaco, a Roma ricordo quella fra Franco Carraro e Enrico Garaci. Ora ci si nasconde dietro i “civici”. Io questo Michetti non lo conosco, ma la sua parte politica a Londra ha espresso Johnson e a Parigi Chirac. Qualche differenza, a occhio e croce, c’è...».
@font-face {font-family:"Cambria Math”; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536870145 1107305727 0 0 415 0;}@font-face {font-family:Calibri; panose-1:2 15 5 2 2 2 4 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:swiss; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536859905 -1073697537 9 0 511 0;}p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-unhide:no; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:"”; margin-top:0cm; margin-right:0cm; margin-bottom:10.0pt; margin-left:0cm; mso-pagination:widow-orphan; font-size:28.0pt; font-family:"Times New Roman”,serif; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-fareast-language:EN-US; mso-bidi-font-style:italic;}.MsoChpDefault {mso-style-type:export-only; mso-default-props:yes; font-size:28.0pt; mso-ansi-font-size:28.0pt; mso-bidi-font-size:28.0pt; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-fareast-language:EN-US; mso-bidi-font-style:italic;}.MsoPapDefault {mso-style-type:export-only; margin-bottom:10.0pt;}div.WordSection1 {page:WordSection1;}