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 2021  giugno 12 Sabato calendario

Una quotata su due batte il Covid

A un anno esatto dalla presentazione delle prime trimestrali «infette» dal Covid, i conti e le quotazioni delle imprese italiane sono già stati in gran parte ripuliti dalle scorie della pandemia e, per alcuni, la brutta parentesi dei lockdown e del panic selling è stata definitivamente cancellata, riportando le lancette indietro al 2019. Uno zoccolo duro di imprese «vaccinate» dalla crisi che nei prossimi mesi cercherà di proseguire lungo un percorso che, stando alle indicazioni comunicate nelle ultime settimane, sembra avviato verso obiettivi di crescita ulteriore. In alcuni casi, poi, è stata proprio la pandemia a offrire un’opportunità di disruption irripetibile a molte imprese: per queste realtà la sfida sarà ora provare a confermare questi nuovi paradigmi anche nella fase new normal che dovrebbe essere innescata nella seconda parte dell’anno con la messa a terra definitiva dei vaccini, l’avvio del Pnrr e il rimbalzo atteso del Pil italiano.
Secondo due distinte elaborazioni della Direzione studi di Intesa Sanpaolo realizzata per il Sole 24 Ore, la quasi totalità delle aziende quotate del Ftse Mib e dello Star è riuscita nelle ultime trimestrali a presentare conti in progressione nel confronto con la prima frazione del 2020, obiettivo abbastanza agevole visti i risultati eccezionalmente negativi di un anno fa; una buona parte di esse ha inoltre superato anche il confronto con il 2019, sancendo di fatto la capacità di raddrizzare la barra già a partire dalla fine dell’anno scorso. Ma sono le guidance, come detto, a fornire le indicazioni più confortanti. «La reporting season del primo trimestre ha ulteriormente migliorato i già buoni livelli raggiunti nei tre trimestri precedenti in termini di sorprese positive – spiega Monica Bosio, responsabile dell’equity research nell’ambito della Direzione studi di Intesa Sanpaolo –. Nel nostro campione di preview, composto da 90 società, abbiamo avuto 54% risultati al di sopra delle aspettative, 40% in linea, e 6% al di sotto». A prescindere da un confronto con lo stesso periodo del 2020, impattato dal lockdown e quindi relativamente poco significativo (e la stessa situazione dovrebbe replicarsi nel prossimo trimestre) «sono state le guidance – prosegue Monica Bosio – a dare le indicazioni più attendibili sullo stato di salute delle singole società. Sotto questo profilo, il quadro emerso è stato incoraggiante: molte società hanno confermato o leggermente migliorato l’outlook per il 2021, con la campagna vaccinale che sta accelerando». Emergono però nuove fonti di rischio per i margini, legate all’inflazione, «fattore da monitorare con attenzione – conclude l’analista – nella reporting season semestrale». 
Per quanto riguarda le singole aziende del Ftse, nonostante la disomogeneità del campione è possibile individuare qualche macrotrend settoriale. «Le banche all’89% hanno superato i livelli del 2019, con revenues in aumento, anche grazie all’impatto dell’Ltro e delle commissioni da trading» spiega Bosio. Situazione simile per assicurazioni e altre realtà finanziarie come Anima, Azimut, Banca Generali, Mediolanum e Fineco. Nel comparto industriale i trend sono differenziati: i farmaceutici si sono già allineati ai valori di due anni fa e per fine anno torneranno ai livelli precedenti alla pandemia, mentre nella moda, nonostante viaggi e turismo costituiscano ancora un freno, le dinamiche sono diverse ma ritenute comunque incoraggianti. L’auto «è in fase di ripresa – aggiunge Bosio -, con trimestrali molto solide, ma non prevediamo che si possa ritornare a breve sopra i livelli del 2019. Cina e Usa sono ripartiti velocemente ma in Europa le dinamiche sono diverse e in generale le immatricolazioni, pur in ripresa, resteranno sotto i livelli precedenti alla pandemia. Ci aspettiamo una normalizzazione solo a fine 2022, considerando anche l’incidenza della variabile legata ai costi delle materie prime». Resterà con il freno tirato anche l’oil&gas («vediamo un recupero solo per Eni»), mentre nelle utilities già il 90% del settore ha recuperato rispetto ai livelli pre-pandemici.
Più omogeneo il quadro dello Star. All’interno di questa popolazione, come detto, ci sono anche realtà che l’anno scorso hanno colto opportunità di crescita proprio grazie al nuovo scenario imposto dalla pandemia. «Si tratta di imprese – spiega Alberto Francese, responsabile corporate broking research di Intesa Sanpaolo – riconducibili a due cluster, legati da una parte alla tecnologia, dall’altra ai consumi per la casa e al food, con incrementi in alcuni casi a doppia cifra. Per il futuro l’effetto staycation sarà sicuramente meno intenso, ma non vediamo cambiamenti di scenari repentini, anche perchè il mercato dei consumi fuori casa avrà bisogno di alcune stagioni prima di riportarsi pienamente in pari con i livelli pre-pandemici». In altri casi, le aziende hanno approfittato dello stop forzato per avviare e completare programmi di ristrutturazione, lavorando sul taglio dei costi e su maggiori efficienze e ora sono meglio posizionate per cogliere le opportunità della ripresa. L’andamento del listino ha anticipato la ripresa, incorporando le aspettative: dopo avere perso fino al 32%, l’indice Star ha iniziato l’inversione di tendenza alla fine di giugno, riportandosi poi a novembre sugli stessi livelli di inizio anno e riuscendo a chiudere l’anno con una crescita del 14%. Un trend che sta proseguendo nel 2021. 
Sullo sfondo restano alcune incognite legate al costo delle materie prime e al rischio inflattivo ma, secondo il giudizio di Francese «le stime di crescita espresse dalle aziende nelle ultime settimane sembrano concretizzabili. Pur mancando ancora nove mesi, gli obiettivi posti per la fine del 2021 sono realistici, soprattutto ora che la visibilità sul medio termine sta gradualmente migliorando. Inoltre, in scenari caratterizzati da una domanda sostenuta, le società hanno l’opportunità di aumentare i prezzi di listino, sterilizzando in parte l’impatto inflattivo delle materie prime”.