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 2021  giugno 12 Sabato calendario

La strategia dei ricconi per non pagare (legalmente) le tasse

Negli Stati Uniti i più ricchi pagano pochissime tasse confronto alle loro immense ricchezze e talvolta, come è successo al fondatore di Amazon Jeff Bezos per un paio di anni, addirittura non le pagano proprio. E la cosa più assurda è che tutto questo è legale.
Lo si sospettava da tempo, ma la realtà di questa evasione che nemmeno ci si può togliere lo sfizio di chiamare così perché legalizzata, è venuta alla luce in tutta la sua monumentalità grazie al sito d’informazione noprofit ProPublica che ha ottenuto in via anonima i dati fiscali degli ultimi quindici anni di migliaia di persone tra le più ricche d’America e dopo mesi di analisi ha rivelato come ad esempio uno stramiliardario come il guru degli investimenti Warrenn Buffett, che pure predica un aumento delle tasse sui più abbienti, paghi al fisco appena lo 0,1% di tasse, mentre Bezos versa lo 0,98%, l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg l’1,30% e Elon Musk il 3,27% su guadagni di miliardi di dollari. Uno scandalo se si considera che una famiglia con un reddito medio di 70mila dollari all’anno ne deve pagare il 14% in tasse federali mentre una coppia con un reddito cumulativo di oltre 628mila dollari all’anno paga il 37%.
Nell’inchiesta si fanno anche i nomi di Bill Gates, Rupert Murdoch, Mark Zuckerberg, Carl Icahn, George Soros, che non ha pagato tasse per tre anni di fila, e molti altri. Il tutto, come si diceva, grazie al sapiente utilizzo delle regole dell’IRS, l’Agenzia per la riscossione dei tributi, che negli ultimi anni a causa dei continui tagli è risultata ancora più debole di fronte alla furbizia dei tycoon pronti a rivoltare il sistema a loro favore uscendone assolutamente puliti.
Ma come fanno? Solo per dirne una, una buona parte delle ricchezze di queste persone finiscono in azioni e proprietà che per legge non sono tassabili fin quando non vengono venduti. E infatti alcuni ricchissimi s’impegnano a non venderli fino alla morte. Edward McCaffery, un esperto di tasse dell’University of South California, chiama questa strategia “Buy, Borrow, Die”, compra, prendi in prestito e muori. In pratica i Paperoni d’America comprano ville, isole, aerei privati e quant’altro prendendo soldi in prestito grazie alla garanzia offerta dai loro asset non tassabili e con varie strategie riescono a evitare di pagare tasse sugli acquisti fatti a debito.
Taluni, talvolta, come Bezos, usano alcune perdite subite come scusa per non pagare tasse anche se i guadagni sono comunque stati ingenti in generale. Il CEO di Amazon ha perfino avuto la faccia tosta di chiedere un rimborso di 4mila dollari per i figli a carico sempre a causa di una di queste perdite. I pochi miliardari che hanno commentato hanno detto che si sono semplicemente attenuti alle regole dando quanto dovuto e hanno poi minacciato il sito per la pubblicazione di dati personali. Da parte sua ProPublica ha giustificato la presunta violazione della privacy perché la portata di quanto scoperto è di enorme interesse pubblico.
Purtroppo la notizia non sta avendo, nemmeno sui media Usa, lo spazio che meriterebbe e non pare aver indignato nemmeno l’americano medio, spremuto fiscalmente mentre i ricchi accumulano indisturbati sempre più ricchezze. Ma ancora peggio l’Amministrazione Biden sembra più indignata dal fatto che dati privati siano stati pubblicati senza autorizzazione invece che dal quadro disarmante che ne esce, con un sistema di tassazione colabrodo come ha messo in luce questa inchiesta che promette nuove puntate nelle prossime settimane.
Si convinceranno gli americani di essere vittime di un sistema fiscale fortemente iniquo o tutto verrà cancellato ben presto dal tempo e i ricchi continueranno a non pagare indisturbati? La risposta è in buona parte nelle mani di Biden e del Congresso, ma con un Senato spaccato in due sarà difficile approvare qualsiasi legge che limiti il potere e la capienza delle tasche dei più ricchi che sono poi i primi finanziatori della politica tra donazioni e lobby.
In attesa di vedere come si svilupperà, se mai accadrà, questa vicenda, risolleviamo gli spiriti con la felice rinascita di New York City. Alla faccia di coloro che un anno fa ne avevano decantato la fine, la Grande Mela si sta per lanciare in un’estate piena di iniziative per dimostrare che è ancora e sarà sempre la città che non dorme mai.
In linea con le aspettative di vaccinazione nazionale del presidente Joe Biden, il governatore Andrew Cuomo ha detto che la città potrà rimuovere tutte le limitazioni legate al Covid non appena si sia raggiunto il 70% di adulti vaccinati, obiettivo che secondo i dati dovrebbe essere centrato in due settimane. Allo stesso tempo il sindaco Bill De Blasio ha annunciato un mega concerto ad agosto a Central Park per festeggiare il grande ritorno della vita a New York. La data non è ancora certa, anche se secondo indiscrezioni potrebbe essere il 21 agosto, e dovrebbe essere un evento di circa tre ore a cui potranno assistere fino a 60mila persone. E sarà ovviamente un evento ricco di star, soprattutto newyorkesi, anche se ancora non sono uscite indiscrezioni sui nomi. L’evento sarà il culmine di una settimana dedicata al grande ritorno di NYC con eventi e pop-up performance sparsi su tutti i cinque distretti della città.
E poi ci sono misure, nate durante la pandemia, a cui i newyorkesi non vogliono più rinunciare come ad esempio i to-go-cocktail, ossia bevande alcoliche da asporto e da passeggio impensabili in era pre-covid a causa delle varie limitazioni sul consumo di alcoolici. Altri Stati dopo New York hanno adottato questo stratagemma per dare la possibilità a bar e ristoranti di sopravvivere e in almeno una ventina hanno deciso di prolungare questa misura (una rivoluzione nel consumo dell’alcool in Usa che non si vedeva dalla fine del Proibizionismo). E poi ci sono le Open Street, strade chiuse al traffico e aperte al traffico pedonale in cui si dà spazio ai tavolini di bar, ristoranti, installazioni artistiche e alle esibizioni di artisti di strada. De Blasio ha promesso di mantenere la novità, anzi, di renderla ancora più ambiziosa creando degli Open Boulevard, coinvolgendo quindi anche arterie che di solitamente parecchio trafficate. Non tutti sono entusiasti di vedere il traffico dirottato su vie secondarie ma si spera che queste iniziative contribuiscano al ritorno del turismo e a rendere la città ancora più vivibile (almeno per i pedoni).