Corriere della Sera, 12 giugno 2021
La Collezione Cavallini Sgarbi in mostra
Ogni collezione racconta una storia. O meglio tante storie: sono le storie (complicate, fantastiche, struggenti, appassionate) di chi quelle raccolte le ha create, ma anche delle tele, delle sculture, degli arredi che le compongono. A questo destino non sfugge la Collezione Cavallini Sgarbi, che da oggi sarà in mostra fino al 30 settembre al Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno per La ricerca della Bellezza (è il titolo dell’esposizione) che riunisce, appunto, tante storie.
Prima di tutto sono storie di uomini e donne: quella dell’«appassionata caccia amorosa» di Vittorio Sgarbi e della madre Rina Cavallini («Il mio miglior uomo. Si fece prolungamento del mio pensiero e della mia vita. Io indicavo il nome di un artista, il luogo e la casa d’aste. E lei puntuale prendeva la mira e colpiva»), quella della sorella Elisabetta («Le ottanta opere sono l’anima della nostra casa di Ro, anima che varca le mura fisiche della casa per tornare alla vera casa che è il mondo») e quella del padre Nino («Che ho scoperto scrittore. E questo resterà sempre»).
E poi, naturalmente, ci sono le tante storie dell’arte (dal XV al XIX secolo, da Lotto a Morandi «un pittore del Novecento che dialoga con gli antichi») ora celebrate nelle stanze di un palazzo affacciato su una delle piazze più belle d’Italia, piazza del Popolo, ad Ascoli Piceno, a un passo da uno dei capolavori di Carlo Crivelli, il Polittico di Sant’Emidio, conservato nella Cattedrale. A cominciare dalla storia dell’incredibile Ritratto di Francesco Righetti del Guercino, rientrato a casa nel 2004 dopo essere stato esposto al Kimbell Art Museum di Forth Worth («Più belli di lui in quel museo ci sono solo I Bari di Caravaggio») per entrare nella Collezione Cavallini Sgarbi. E sono le storie di Antonio e Bartolomeo Vivarini (Sant’Antonio da Padova / San Ludovico da Tolosa), Niccolò dell’Arca (Aquila), Matteo Civitali (Cristo Salvatore con la corona di spine) con Cola dell’Amatrice (Sacra Famiglia con San Giovannino), Cagnacci (L’allegoria del tempo), Simone Cantarini (Allegoria della pittura), Battistello Caracciolo (Santa Caterina da Siena adora il Crocifisso), Il Cavalier d’Arpino (Cristo morto sostenuto da Dio Padre), Carlo Manieri (Natura morta).
Visioni
Un luogo immaginario dove la ricerca della bellezza scaturisce da scelte intime e sofferte
Nelle sale di Palazzo dei Capitani (alla fine della mostra la collezione tornerà al Castello Estense di Ferrara) dipinti e sculture compongono «un’antologia che di fatto illustra l’identità di una collezione idealmente senza confini, aperta a molte curiosità, con temi di studio sperimentati e altri del tutto nuovi». «Tutto è nato dall’idea – spiega Vittorio Sgarbi, che della mostra è curatore— di una grande collezione che si farà Fondazione, per legare il mio nome a quello di mia madre, non a un sogno o alle carte di uno scrittore e di un critico d’arte, che affida i suoi pensieri e le sue parole a un saggio, a un libro, ma al corpo fisico delle opere perché sorridano dalle pareti come fu, e ancora sarà, nella casa di Ro, vicino al fiume che scorre lento e tranquillo come è stata la vita di mio padre che, ai suoi trent’anni, nel 1951, lo ha visto rabbioso per poi placarsi e essere contenuto dagli argini come è stato durante la mia vita».
Il Morazzone, lo Scarsellino, il Bastianino, il Garofalo, Jacopo Ribera, Francesco Hayez, Bartolomeo Passerotti, Nicolas Régnier, Philippe de Champaigne, Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio, Enrico Merengo, Ferdinand Voet sono dunque solo alcuni dei protagonisti della storia raccontata da questa collezione dove (in pratica) si intrecciano le scuole ferrarese, veneta, romana, toscana, marchigiana, i dipinti da stanza di tema sacro con le allegorie.
Una storia che nel catalogo della mostra (pubblicato da La nave di Teseo) viene raccontata attraverso le parole e le testimonianze (tra gli altri) di Claudio Magris, Alvar González-Palacios, Mario Andreose. Per approdare in un luogo immaginario dove la ricerca della bellezza scaturisce da scelte intime, meditate e sofferte. Scelte che, invece di rimanere chiuse nel cuore (e nelle stanze) dei collezionisti, si offrono (finalmente) anche agli sguardi dei visitatori.