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 2021  giugno 12 Sabato calendario

Il lamento di Teresa Ciabatti

Il giorno dopo l’eliminazione dalla cinquina del Premio Strega Teresa Ciabatti è salita su un treno ed è tornata a Roma, mentre i vincitori prendevano la direzione di Bisceglie, in Puglia, per proseguire il tour di presentazioni in giro per l’Italia in vista della finale dell’8 luglio.
Non era mai successo prima che Mondadori fosse fuori dalla gara, o meglio, era accaduto solo nel 2001 con Il custode del museo dei giocattoli di Sergio Pent, dunque era difficile immaginare uno scenario del genere. Ciabatti con Sembrava bellezza si è piazzata settima con 139 voti, un risultato che mesi fa sarebbe sembrato impossibile, visto che era tra i favoriti per il podio. Ricordiamo che Trevi, in vetta, ha totalizzato 256 voti.
Se ora la scrittrice sceglie di raccontare a Repubblica questa avventura finita male è per affrontare, dice, le sue fragilità e non fuggire di fronte a una “grande sconfitta”. Non lancia accuse, ringrazia comunque il suo editore per il sostegno, ma dallo Strega, assicura, per un bel po’ si terrà alla larga.
Ieri sera è rimasta sorpresa?
«Ma no, ero stata avvisata, lo sapevo. Mi avevano detto “prepara la valigia piccola, starai una sola notte”».
Non facile, come ha reagito?
«All’inizio molto male, mi sono fatta pure un pianterello. Poi mi sono ripresa. La sconfitta precedente, quella contro Paolo Cognetti, era stata più dura, per giorni, anzi mesi, mi ero disperata. Sentivo ostilità intorno a me e mi faceva stare male. Avevo la sensazione di essere stata fraintesa, che ne fossi uscita risultando antipatica. Per stare bene ho bisogno di sentirmi amata».
Stavolta non ha provato rabbia? Il suo alter ego letterario è capace di grandi invidie.
«Da qualche tempo ho imparato a riadattarmi alla realtà facilmente, ma ieri sul palco mi sono vergognata. Mi sentivo ridicola. All’inizio pensavo di non venire. Credevo che tutti avrebbero riso di me. Anche l’editore mi aveva detto “valuta tu se te la senti, se vuoi puoi anche restare a casa”. Alla fine ho deciso di non fuggire, andare a Benevento mi è sembrato un dovere. Troppo facile sottrarmi. Allora ho scelto di rappresentare la mia inadeguatezza».
È stata Mondadori a convincerla a partecipare allo Strega?
«Sì, è stata un’idea della casa editrice. Devo dire che ci ho pensato un po’ prima di accettare. Quella del 2017 era stata una grande sconfitta.
Mai però come questa».
Quella volta era comunque arrivata seconda, seppure con un bel distacco.
«Non ricordo quanti punti ci separavano, ho sempre avuto un problema con i numeri. Sbaglio sempre anche la mia età».
Si è sentita abbandonata dall’editore?
«Mi hanno supportata molto ma forse sono io a non essere adatta a vincere il premio Strega. Non si può sempre pensare che siano gli altri che non capiscono. A volte probabilmente siamo noi ad avere dei desideri sbagliati».
Basta dunque con lo Strega?
Non è che in futuro si farà tentare di nuovo?
«A naso tenderei a non insistere. Poi tra vent’anni non saprei, ma per un po’ sto bene così. Ieri però, grazie alla lezione che in questi anni mi ha dato la scrittura, su quel palco ho capito che potevo mostrare la mia fragilità. Non era facile per me, fin da ragazzina la folla mi fa paura».
Tra i voti collettivi e i lettori forti non ha raccolto neanche una preferenza e anche tra i votanti stranieri l’hanno scelta in pochi, solo in 23. Come mai? Avete sbagliato strategia o crede che il libro non sia stato supportato abbastanza dalla Fondazione Bellonci?
«Con la Fondazione non ho avuto rapporti diretti, non saprei. Per il resto mi sono rifiutata di analizzare i risultati. Mi hanno detto che in un raggruppamento di votanti ho preso zero voti. Che dire? Forse il libro non è piaciuto. Forse ai votanti dello Strega i miei libri non piacciono.
Inutile girarci intorno, ho perso».
Che farà stasera?
«Cenerò con mio marito e mia figlia e prima vedrò Un posto al sole, come sempre. L’affetto delle persone che sento intorno in queste ore è una consolazione. Ho sempre avuto paura di rimanere antipatica.
Qualche anno fa era andata diversamente, i social si erano scatenati contro di me, mi scambiavano per il mio malefico alter ego letterario, pensavano che fossi una madre terribile, una donna tremenda».
Non crede che molti attacchi se li sia cercati giocando ambiguamente a immedesimarsi col suo personaggio? In fondo è un rischio che doveva calcolare.
«Lo so, sono responsabile del circuito che creo ma quando il pubblico reagisce con aggressività mi spavento. La verità è che non sono all’altezza del mio esperimento letterario, non ho la stessa spavalderia del mio personaggio».
Quanto ha pesato nel voto il suo
carattere?
«Ci sono voluti quattro anni per scrivere questo romanzo, se al pubblico non vado bene pazienza, non significa che devo cambiare.
Capisco ma non cambio. Ci ho messo tanto a conquistare la mia identità e ora me la tengo stretta».
Perché ieri sul palco si è definita un’anomalia?
«Perché mi sento più vicina ad altri ambienti. Mi piacciono Madame e Fumettibrutti, che ci posso fare. Ho imparato molte cose di me stando a contatto con i più giovani. Le nuove generazioni sanno accettarsi nelle proprie diversità più di quanto sapessimo fare noi. Sono nata nel 1972, per me il percorso è stato più complicato. Oggi però anch’io rivendico la mia differenza. Mi sono sempre sentita brutta, ho odiato il mio corpo, ora finalmente mi accetto».
E i libri degli altri candidati, li ha letti?
«Tutti, certo. Quest’anno come concorrente non posso votare perché è vietato dal regolamento, ma se potessi voterei per Giulia Caminito. La sento molto vicina al mio mondo. La scena dell’orso di peluche rosa vinto al tiro a segno è bellissima. In realtà mi è piaciuto molto anche Emanuele Trevi. Sarei indecisa tra i due».
Nel bilancio finale, la sua autostima è salva?
«Dopo aver saputo dell’eliminazione una vocina mi ripeteva “sei una
poraccia, sei una perdente”. È stato un colpaccio. Oggi però mi sembra di sopportare bene l’urto, vedremo che cosa succederà nei prossimi giorni(sorride,ndr) ».