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 2021  giugno 12 Sabato calendario

La piattafirmja Conte per il nuovo M5s

MILANO – Dopo un avvio di governo in cui i maggiori problemi per la strana maggioranza arrivavano da destra, cioè dalla Lega, nei dintorni di Palazzo Chigi adesso è convinzione diffusa che con l’insediamento di Giuseppe Conte alla guida dei 5 Stelle – giunti tramortiti alla svolta Draghi – sarà proprio il rapporto con il Movimento il più complicato da gestire. Le avvisaglie ci sono tutte e del resto lo stesso Conte non ha nascosto il suo proposito: rimettere il M5S al centro della scena, del dibattito, facendo pesare i numeri del gruppo parlamentare che, nonostante le numerose defezioni di questi tre anni, resta pur sempre il primo: 237 in tutto. Tanto per cominciare, non è passato inosservato – anzi, ha scatenato vivaci polemiche – un fatto perlomeno curioso: ieri, mentre al G7 il presidente Usa Joe Biden rilanciava il Patto atlantico e chiedeva a tutti, compresa l’Italia, di aiutarlo a contenere l’espansionismo della Cina, Beppe Grillo andava in visita dall’ambasciatore cinese Li Junhua. «È un dito nell’occhio a Draghi, il giorno prima che si vede con Biden poi...», si raccontava nel dietro le quinte dello stesso Movimento. Ai cinesi non era dispiaciuto che la notizia dell’incontro fosse uscita, rappresentando un segnale, abbiamo sponde di alto livello nel governo anche noi. Risultato finale: Conte, atteso, si è defilato e ha declinato: «Per motivi personali, ma nelle prossime settimane continuerò ad incontrare leader e ambasciatori di tutti i continenti. Il neo-M5S avrà un respiro internazionale». Non c’è solo la politica estera, ovviamente. Su giustizia, ambiente, lavoro, fisco da qui ai prossimi mesi si preannunciano scossoni e non solo più le semplici e fisiologiche fibrillazioni tenute sottotraccia. Della riforma su cui sta lavorando la ministra Marta Cartabia si parla da settimane, l’ex premier sulla prescrizione giusto quattro giorni fa ha ribadito che per com’è fatta oggi «finisce per creare un sistema di giustizia censitaria», in cui se hai i soldi per pagarti i migliori avvocati riesci a tirarla per le lunghe arrivando appunto alla prescrizione. Una impostazione che difende quindi la riforma com’era stata pensata dal precedente ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, tacciato di giustizialismo invece da Lega, Fi, Iv, oggi al governo assieme al M5S. Correlata c’è la vicenda Anac. «Qualsiasi ipotesi legata a un suo ridimensionamento deve essere immediatamente annullata», è stato l’avvertimento dei deputati 5 Stelle in commissione Giustizia di fronte all’ipotesi che, per far presto nell’impiegare i fondi del recovery fund, venisse depotenziato il controllo dell’Autorità anticorruzione. In questo caso e per adesso il muro comunque ha funzionato, dato che Cartabia ha assicurato che «i poteri di vigilanza di Anac non saranno intaccati». Sull’ambiente, i rapporti tra il partito e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani sono pessimi. Ed è un tema che brucia come pochi nel Movimento, che disse sì a Mario Draghi proprio dietro la promessa di creare e avere quel super ministero. Così non è andata, in primis perché il ministero non era “super”, non inglobando anche lo Sviluppo economico. E poi perché dopo essersi venduti all’opinione pubblica l’idea che Cingolani fosse espressione dei 5 Stelle – in effetti Beppe Grillo disse di sì al suo nome, ma certo l’ex direttore dell’Iit di Genova non era mai stato un grillino –, la realtà si è dimostrata ben diversa: il ministro fa ampiamente di testa sua, su mini-nucleare, idrogeno e inceneritori ha fatto pubbliche aperture che equivalgono a delle bestemmie per l’impostazione eco-sociale del M5S. «È un marziano paracadutato, i più agguerriti dei nostri già parlano di una possibile e futura sfiducia», racconta un parlamentare. Poi c’è il lavoro, con il blocco dei licenziamenti che per il Movimento (ma anche per Leu e in parte il Pd) va prorogato per tutti ben oltre il prossimo 30 giugno, argomento che va di traverso all’ala “confindustriale” del governo. La mediazione proposta con un emendamento è quella di prorogare la cassa integrazione covid. Ma conta far passare il messaggio, cioè che il M5S non è più disposto ad accettare decisioni che lo bypassino. E infine c’è la riforma fiscale, l’ultima di sistema varata nel 1973 e della cui necessità di aggiornarla aveva parlato proprio l’attuale presidente del Consiglio nel suo discorso di insediamento. I 5 Stelle proporranno di passare dagli attuali cinque scaglioni Irpef a tre. Quest’ultimo argomento non è ancora entrato nel vivo ma, come per gli altri, sarà materia di grande discussione. Dopodiché, è presto per prevedere una fine prematura della legislatura, anche se qualcuno ha cominciato a domandarselo: «Una volta terminata questa fase è doveroso chiedersi se sia ancora necessario sostenere un governo Draghi», era la riflessione dell’ex sottosegretario Angelo Tofalo. Ma per parlare di cose più terrene, va tenuto d’occhio il timing. Dopo 4 anni, sei mesi e un giorno di legislatura per tutti i parlamentari scatta il diritto alla pensione (compiuti i 65 anni): quindi a settembre 2022. Prima di allora, chi sarà davvero disposto a rinunciare a tanto?