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 2021  giugno 11 Venerdì calendario

Michetti, il cav. della destra decaffeinata

“Cav. Avv. e Prof. Enrico Michetti”: così presenta se stesso. E sono titoli decaffeinati, non falsi ma minori. Anche il passaggio da Giletti a Michetti è populismo decaffeinato: Salvini&Meloni cominciarono (ricordate?) con il corteggiare la telestar dell’Arena e alla fine hanno candidato a sindaco di Roma la macchietta “Caput Mundi”. Decaffeinare significa passare al simulacro, al latte magro, alla cioccolata senza cacao: dal cavaliere del lavoro come Berlusconi al cavaliere al merito come Michetti, dal tradizionale professore-politico italiano come Moro, Spadolini, Amato, Monti, Colletti, Melograni, Marco Biagi, Rodotà e Draghi e persino Conte, al “docente a contratto” a Cassino come Enrico Michetti. Il Cav. Avv. e Prof. è un concentrato di quei mestieri vaghi e imprendibili che altrove produce “il creativo” e a Roma produce invece la mezza porzione: il semivip.
Aitante, sgargiante, il faccione allegro: la Destra prima che una simpatica persona ha dunque candidato una categoria antropologica. Per anni Michetti ha portato con alterigia tutti i suoi mezzi titoli cercando di uscire dalle retrovie. Ora dice «è Roma che mi ha fermato per strada» ed esibisce trionfi che a nessuno viene in mente di controllare: «Ho programmato attività di ricerca scientifica in materia di welfare con almeno cinque ministeri, con i sindaci, con la regione Basilicata…», «ho ideato “Pitagora” algoritmo giurimetrico», e «ho programmato la Pubblica amministrazione italiana con l’ intelligenza artificiale sulla base degli approdi della giurimetrica e giuscibernetica…». Ma la verità è che, solo negli anni in cui la camerata Renata Polverini fu presidente della regione Lazio, Michetti, attraverso la sua società, “Gazzetta Amministrativa srl”, fu assorbito in «quel gran giro de quatrini», affidamenti per più di un milione di euro, che qui ovviamente non ci interessano sotto il profilo penale.
Ci interessa, invece, di quella che allora chiamammo la Crapulopoli del Lazio, con i suoi conti correnti coperti, le cene, le case, le auto di lusso e il peculato, appunto l’antropologia politica che forse oggi ci viene riproposta e che a quel tempo fu impersonata (ricordate?) da er Batman, l’ex capogruppo ed ex tesoriere del Pdl Francone Fiorito che, assistito e ispirato dall’avvocato Taormina, si trascinava dietro tutti, ma proprio tutti, perché «la guera è guera» e, come si dice tra legionari non solo ciociari com’era lui, «camerata, camerata / fregatura assicurata».
Quanto di quel vecchio mondo c’è nel nuovo Michetti decaffeinato di oggi? Anche la tv di sfondamento, dove Salvini &Meloni cercavano il Candidato, è stata decaffeinata in Radio Radio con la convinzione nient’affatto sbagliata che gli umori più superficiali e pure quelli più profondi della città stiano nelle radio del calcio romano, scandite da mille «a stronzi», «ndo’ state?» «ndo ‘annate?».
Attenzione: Radio Radio non è (ancora?) una di quelle dell’antisistema lazio-romanista – «me do foco come Giovanna d’Arco, povera anima, per quanto sto a soffrì ppe ‘sta Roma» – ma è la radio mezza per bene e mezza tamarra «ahò, hai una sorella, portala a Radio Radio, te mixo anche quella», dove il mezzo professore si concede pochissimo al romanesco ma molto alla Romanità, l’idea di patacca che la destra italiana ha dell’antichità classica con l’abuso dei simboli, dei miti e della storia antica. E infatti Michetti promette che un giorno rifamo le strade consolari, e l’altro rimprovera Papa Francesco che non vo’ ffa Giulio II, energico e terribile, il Papa guerriero che finanziò Michelangelo, Raffaello e Bramante. Ma poi all’improvviso Michetti diventa stizzoso, umorale, scarica collere contro il governo, contro la scienza, contro gli immigrati, contro i vaccini: contro, contro, contro...
Davvero non bisogna ridere troppo dei suoi proclami che sono solo all’inizio. Nel ciarpame del rifamo il Colosseo, nella strizzatina d’occhi al saluto romano, nelle simpatie no vax, nella retorica della lupa e di Giulio Cesare di cartapesta ma anche di Asterix, disegnato come una statua ma con il prezzemolo in testa al posto dell’alloro, c’è davvero un ritorno e un rilancio della sottocultura che anche il sindaco Gianni Alemanno inseguiva come un momento magico. È la Romanità che – ricordate? – veniva rievocata il 27 e 28 ottobre con la celebrazione della battaglia di Ponte Milvio e del miracolo di Costantino. Il sindaco Alemanno e il suo cerimoniere acculturato di allora, Umberto Broccoli, organizzavano la giornata dell’identità cristiana di Roma con l’idea di stupire e di istupidire il mondo: «L’esperienza più eccitante mai vista, un monumento alla Romanità, qualcosa che i bambini delle scuole dovrebbero studiare e ricordare per il resto della loro vita»: venghino, signori, venghino a Ponte Milvio dove ci sarà la ricostruzione del castrum, l’ accampamento con macchine da guerra, tende, e ovviamente i centurioni e i decurioni. La Polverini invece era più sprint e la festa la organizzava mischiando i costumi greci e romani «semo pure greci», e alcuni assessori erano travestiti da maiali con le mani che acchiappavano cosce mentre le “puellae” in tunica si leccavano i musi e finalmente una scrofa prendeva il posto della lupa capitolina.
Indimenticabili, Alemanno e Renata Polverini sono i progenitori del Michetti augusteo, ma non di quello radio-populista. Torna invece con lui Arturo Righini, matematico e studioso della tradizione ermetica, al quale si deve l’anagramma triangolare: “roma, orma, amor”. E l’invocazione di una legge speciale per Roma, che Michetti ha già messo al numero uno del suo programma, è solo un rafforzativo dell’aggettivo “capitale” che Alemanno aggiunse come un gagliardetto di latta alle insegne del Campidoglio, lo mise nella carta intestata, sui manifesti, sulle fiancate degli autobus, nelle locandine dei teatri. Persino la marcia su Roma, che pure gli era cara, divenne «la marcia su Roma capitale».
Ma Michetti non è fascista, non aspettatevi camicie nere né tanto meno manganelli. È il tribuno populista ripulito, non somiglia a Gramazio e neppure a Er pecora Teodoro Buontempo, non ha manco alla lontana il loro odore selvaggio, che era lo stesso di Benito Paolone, il quale dormiva in macchina nei mercati, ai nemici diceva «io ti mangio il cuore» e ad Almirante: «Giorgio, noi l’amore lo facciamo sugli alberi». Michetti non è nemmeno assimilabile ai beffardi Storace e Gasparri, che dell’appartenenza ai missini degli anni Settanta, con tutte le violenze e le barbarie di quegli anni, non hanno mai saputo liberarsi. Con Michetti invece Meloni prova a voltare pagina e lancia il mezzo professore, il predicatore della destra, un pasticcio che a sinistra ha già dato i suoi frutti: Emiliano a Bari e De Luca a Salerno. È probabile che il Cav Avv Prof si metterà a spararla sempre più grossa perché questo è il suo genere – non solo un degenere – che lo fa somigliare alla Zanzara di Giuseppe Cruciani, il quale da anni incendia il sottosuolo italiano ed è da tempo una sorta di comunità. E forse Michetti a Roma è questo: un Cruciani decaffeinato.