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 2021  giugno 10 Giovedì calendario

La vita straordinaria di Umberto Silva

Da giovane rampollo di una famiglia agiata e infelice, a fervente comunista. E poi ancora: regista e scrittore, amico di Alberto Moravia, intellettuale «irregolare» tra Milano, Roma e Padova, fino all’ingresso nel mondo della psicoanalisi e, in epoca inaspettata, anche padre.
Umberto Silva, uomo dalla vita straordinaria – percorsa di giorno, raccontata di notte – è tutto questo. E la sua vicenda, gli incontri, i pensieri, si trovano raccolti in, “Turmac Bleu. Un’autobiografia sognata” (Bompiani), opera voluta con forza dalla figlia Sofia. Ha riunito gli scritti editi e inediti del padre, da tempo in difficili condizioni di salute, e ha dato forma insieme alla curatrice Marta Barone a una “Umberteide”, vero e proprio poema esistenziale.
Silva ci guida attraverso i decenni che hanno cambiato l’Italia e segnato la sua vita. C’è il mondo lontano degli anni ’50, con famiglie patrizie milanesi e cameriere venete: lui era «il bambino che giocava con i soldatini» nella villa in Val d’Intelvi, in lunghi pomeriggi silenziosissimi nei quali la madre soffriva per le infedeltà coniugali e i fratelli studiavano.
Ma è anche il campione da spiaggia di ping pong, spodestato in una maledetta estate da un improbabile avversario (e il modo ancor lo offende), l’allievo dei gesuiti di Milano, dove conosce (per sempre) la futura classe dirigente industriale, e poi lo studente di giurisprudenza che anelava a una carriera legale per distruggere lo Zio – serio, equilibrato, in grado di accrescere la ricchezza – fratello del padre scialacquatore, sciupafemmine e amante del gioco.
È una vita giocata nel desiderio di avanguardia, di distruzione, ma anche di amore per le piccole cose e i ricordi teneri. È in quell’epoca che, addirittura, riesce a diventare il traditore di una classe sociale intera, iscrivendosi al Partito Comunista: «erano finiti i soldi di famiglia e tanto valeva passare al nemico». Ma si riappacificherà poi con gli amici abbandonati.
Silva è autore prolifico e «irregolare», come dirà di lui l’amico Raffaele La Capria. Non ha intercettato le preferenze del grande mondo editoriale, ma ne ha conosciuto i massimi autori. Da Milano a Roma, da militante a regista, diventa un membro del jet-set culturale dell’epoca e ad Alberto Moravia dedica le pagine più commosse e ammirate. Ma ricorda le cene con Pier Paolo Pasolini (pochi giorni prima che venisse ucciso), le estati con Gillo Pontecorvo, Solinas, Mauri. «Irregolare», insomma, anche per le sue incursioni tra le classi, gli incontri, le visite. Le riflessioni.
Nella sua vita favolosa c’è spazio anche per un giro a Mosca, viaggio d’istruzione necessario per i giovani comunisti di cui adora la ferocia. E nella sua vita tragica c’è tempo per la morte (di cui si assume una colpa indiretta) della sorella amata e, subito dopo, del padre (che fumava appunto le Turmac Bleu).
Il libro è un saliscendi di emozioni e parole, ricordi e puntualizzazioni, idee, racconti, citazioni e avventure. Come nel suo viaggio a Baghdad, dove incontra e stringe la mano a Saddam Hussein, ma era il periodo nero della sua vita: «Il generale e io ci stringemmo la mano, e quando alzammo lo sguardo e i nostri occhi s’incontrarono, quello scosso da un brivido di morte fu lui».
Sono ricordi che, riuniti e ripercorsi, vanno a formare un catalogo di Ombre, che sollevano antiche sofferenze e dolori: «Chi sei tu, che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri? Quei pensieri, che tengo tanto segreti da impedirmi fin di pensarli, sono nella notte interrogati dai fantasmi che all’improvviso si presentano. Perché restare svegli quando il corpo ambisce la pace, se non perché li desideri, i fantasmi, li brami?».
Ma ancora, il cineasta lascia spazio allo psicanalista, e il giornalista al padre cinquantenne. Come un miracolo, dal terzo matrimonio nasce l’Unica figlia, Sofia, evento che lo rende padre – anche qui, si direbbe, «irregolare» – con dubbi, passioni, infiniti dialoghi e dichiarazioni d’amore.
È la Vita Nova (così la chiama lui), dove i fantasmi trovano un loro posto e viene riscoperta un’antica eredità – un campo di pietra – lasciata dal padre. Qui i dubbi si radunano e, alle soglie della vecchiaia, Silva dà un senso a tutta la sua esistenza. E forse un po’ a quella di tutti.