Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  giugno 10 Giovedì calendario

La Polonia e l’Ungheria non vogliono la tassa globale


La Polonia e l’Ungheria non sosterranno il piano per introdurre una tassa minima globale del 15% sulle società, concordato dai ministri delle Finanze del G7 a Londra nello scorso fine settimana, a meno che non vengano consentite deroghe per le attività economiche produttive svolte nei singoli Paesi.
La decisione – secondo quanto riporta il Financial Times – sarebbe stata concordata dai ministri delle Finanze polacco e magiaro. E rappresenta un ulteriore ostacolo all’interno della Ue all’accordo globale già contestato dall’Irlanda e da altri Paesi che accolgono le grandi multinazionali offrendo loro una tassazione più favorevole rispetto ai Paesi d’origine.
«Non dovrebbe essere il G7 a decidere quale aliquota fiscale dobbiamo adottare nel nostro Paese», ha dichiarato al Financial Times Tadeusz Koscinski, ministro delle Finanze nel governo della destra sovranista polacca. Secondo Koscinski, l’introduzione di aliquote fiscali più basse sono state un aiuto decisivo per attirare innovazione dall’estero, consentendo così a Paesi come la Polonia di recuperare il ritardo con le economie più avanzate.
Koscinski ha anche sottolineato che la Polonia ha un’aliquota sugli utili delle imprese del 19% e non ha mai cercato di attrarre le grandi imprese puntando solo sulla leva fiscale: «Qualsiasi accordo globale dovrebbe distinguere tra la partecipazione agli utili e le attività di impresa svolte nel Paese», aggiungendo che «non è accettabile una tassa minima sugli utili che le società realizzano in Polonia con le loro attività in Polonia».
Contraria all’accordo raggiunto al G7 anche l’Ungheria, che applica alle società un’aliquota pari al 9%, la più bassa dell’Unione europea. Il ministero delle Finanze ha diffuso una dichiarazione nella quale afferma che ai singoli Paesi «dovrebbe essere concesso il diritto di prendere le loro decisioni sovrane» sulla tassazione di «attività economiche sostanziali svolte sul loro territorio», tenendo conto del «livello di sviluppo economico e di altri fattori rilevanti».
Il progetto originale dell’Ocse del 2020 proponeva in effetti uno scorporo per gli asset economici sostanziali come impianti o edifici, concentrando l’imposta minima sulla partecipazione agli utili da parte delle filiali di società multinazionali. Pascal Saint-Amans, direttore del Centro per le politiche fiscali dell’Ocse, ha spiegato che un accordo globale avrebbe dovuto prevedere una qualche forma di sgravio per gli asset tangibili. Le proposte degli Stati Uniti, che hanno portato all’intesa del G7, non hanno tuttavia tenuto conto di queste esenzioni, allargando il campo di applicazione dell’aliquota minima. I negoziati all’Ocse, che dovrebbero portare all’applicazione della tassa minima globale, dovranno probabilmente sciogliere anche questo nodo.