il Giornale, 7 giugno 2021
L’ora degli affari spaziali
L’appuntamento è per il prossimo 20 luglio. Da una base del Texas occidentale sarà lanciato un razzo destinato a fare la storia: porterà nello spazio sei persone, per un tempo calcolato intorno agli 11 minuti. Sembra cosa da poco, ma sarà il primo volo turistico-commerciale privato a superare i limiti dell’atmosfera terrestre. Per Jeff Bezos, fondatore di Amazon e di Blue Origin, la società che porterà nell’ immensità galattica i primi turisti, un successo voluto con tutte le forze e costato qualche miliardo di dollari. Sulla navetta, «The New Shepard», potrebbe esserci anche lui. Ed è stato sempre lui a decidere, con un tocco molto americano, che uno dei sei posti fosse messo all’asta: volerà chi offre di più per il biglietto.
Il vincitore sarà annunciato tra pochi giorni e i proventi andranno alla fondazione di Bezos che si occupa di alfabetizzazione in campo scientifico.
Con il volo del mese prossimo il fondatore di Amazon è riuscito a battere sul tempo i suoi due grandi rivali nella corsa alla colonizzazione privata dello spazio: Elon Musk e Richard Branson. Il primo, patron dell’auto elettrica Tesla, ha annunciato che con la navetta progettata dalla sua società, SpaceX, il 15 settembre porterà quattro turisti a orbitare intorno alla terra per una «gita» di tre giorni. Branson, da parte sua dopo un recentissimo e ben riuscito test del suo mezzo spaziale, Unity, che ha raggiunto gli 89 chilometri di altezza, ha in programma di partire l’anno prossimo. Nel frattempo la società da lui fondata nel settore, Virgin Galactic, ha raccolto 600 prenotazioni di aspiranti viaggiatori che hanno versato anticipi per più di 80 milioni di dollari.
SI LITIGA PER LA NASA
A prima vista può sembrare una competizione tra miliardari eccentrici e perfino un po’ picchiatelli, e invece c’è in ballo quello che molti considerano il business del futuro. E che già oggi muove quantità enormi di denaro. Dopo un testa a testa con Bezos, Musk si è appena aggiudicato un contratto da 2,9 miliardi di dollari con la Nasa. Dovrà contribuire a realizzare strutture e materiali per riportare un americano sulla luna entro il 2024. Visto che quando si parla di affari gli americani non scherzano, Bezos si è ribellato alla decisione dell’ente spaziale Usa e ha fatto ricorso parlando di irregolarità nella procedura. Il risultato è che, come di fronte a un qualsiasi Tar italiano, tutto si è fermato. Ma l’ascia di guerra è ormai dissotterrata.
Secondo gli analisti il giro d’affari delle imprese che si occupano di spazio è oggi di circa 400 miliardi di dollari. Ma le stime di banche d’affari come Morgan Stanley o Merrill Lynch dicono che in meno di 20 anni la cifra potrebbe triplicare o addirittura quintuplicarsi. «Siamo nell’era dei dati e delle informazioni. Possiamo controllare con precisione quasi millimetrica la posizione di navi e aerei, di misurare dall’alto l’umidità e la qualità dei raccolti agricoli, di vedere una frana prima che questa accada», spiega Giulio Ranzo, amministratore delegato di Avio, una delle società italiane che sembrano destinate a giocare da protagoniste nella nuova economia dello spazio. «Si può fare con le infrastrutture terrestri, ma queste hanno dei limiti, è che per fare certe cose sono molto più utili i satelliti».
Una delle aree che sembrano destinate al maggiore sviluppo è quella della connettività Internet. Attualmente circa metà della popolazione mondiale non è collegata alla Rete e una costellazione di corpi orbitanti intorno alla terra potrebbe portare il mondo digitale in ogni sperduto angolo del pianeta. «Siamo di fronte a una discontinuità simile a quella degli anni Ottanta, quando la trasmissione dei canali televisivi passò dalle antenne terrestri ai satelliti», dice Ranzo.
Tra i primi a puntare fiches miliardarie su questo settore è il già citato Elon Musk che vuole riempire il cielo di piccoli satelliti a breve (relativamente) distanza dalla terra per far arrivare la connessione alla Rete davvero ovunque: dal deserto del Gobi alla giungla africana. Secondo i calcoli di Musk il business mondiale della connettività Internet vale un trilione di dollari. L’obiettivo di SpaceX è conquistare un modesto 3% del mercato, una percentuale all’apparenza limitata ma che vale miliardi su miliardi. Per riuscirci ha messo in programma con la sua società Starlink il lancio di almeno 10mila satelliti (anche se alle autorità americane ha chiesto le autorizzazioni per lanciarne addirittura 40mila). Il risultato è che anche secondo le stime più prudenti l’affollamento di corpi orbitanti nell’alto dei cieli dovrebbe moltiplicarsi a livelli da centro cittadino nell’ora di punta.
INTERNET DAL CIELO
Oggi, a 60 anni esatti dal primo volo di un uomo nello spazio (nel giugno del 1961 l’impresa fu del russo Yuri Gagarin), i satelliti che circolano intorno all’atmosfera terrestre sono più di tremila. In pochi anni potrebbero decuplicarsi superando quota trentamila, anche se sui numeri c’è chi si spinge perfino oltre. Non mancheranno i problemi di traffico e affollamento (qualche inconveniente, come quello della spazzatura spaziale, c’è già) ma alla fine il bello dei cieli è che sono per definizione smisurati. E che ogni satellite, a seconda del mestiere che gli è stato affidato, ha bisogno di altezze diverse. Ci sono per esempio quelli geostazionari (che rimangono in posizione fissa rispetto alla terra) e a cui è affidata tra l’altro la trasmissione dei segnali televisivi, che viaggiano intorno ai 36mila chilometri di distanza dal globo terraqueo. Per il riconoscimento e l’analisi dei fenomeni terrestri servono orbite molto più basse, pari a circa 500 o 600 chilometri, mentre i satelliti che forniscono i dati per i sistemi di navigazione (Gps o anche la tecnologia europea di Galileo) utilizzano distanze intermedie, intorno ai 20mila chilometri.
Quanto all’utilizzo dello spazio per rendere davvero universale la diffusione di Internet sulla terra, non mancano dubbi e incertezze. C’è chi fa notare per esempio che i sistemi di ricezione del segnale proveniente dallo spazio hanno costi proibitivi, soprattutto se si pensa che il servizio è destinato in larga misura ai Paesi del terzo Mondo, oggi esclusi dalla comunità digitale. Non sono poche le società commerciali che avevano già preso di mira l’obiettivo scelto da Musk e che nel frattempo sono state costrette a portare i libri in tribunale.
QUANTI RISPARMI
Al di la di questo o quel progetto concreto nessuno tra gli esperti dubita comunque che il cielo sia uno dei settori economici del futuro. Un po’ per la sua complementarietà con il mondo digitale e per la ricchezza di applicazioni che consente, un po’ per una sua nuova caratteristica emersa in tempi relativamente recenti: l’accessibilità.
Fino a qualche anno fa portare un oggetto orbitante nell’alto dei cieli era, per gli altissimi costi economici, un privilegio riservato a poche potenze globali. Oggi le cose sono cambiate: lanciare un satellite non è proprio alla portata di tutti ma sicuramente più a buon mercato di una volta. Si calcola che i costi di un lancio siano scesi da 18mila dollari a 3mila dollari al chilogrammo, con un risparmio che supera i cinque sesti del totale.
I TAXI DI AVIO
A contribuire alla tendenza anche la già citata Avio, La società, quotata alla Borsa di Milano (il socio più importante è l’italiana Leonardo con il 27%), mille dipendenti di cui il 25% impegnati in attività di ricerca, collabora al progetto europeo Ariane ma ha anche sviluppato un razzo, Vega, che è una specie di taxi dei cieli.
Partendo dalla base di lancio nella Guyana francese è in grado di portare in orbite vicine all’atmosfera terrestre piccoli satelliti con costi ridotti. «Lo spazio è destinato a un boom economico e il nostro settore, quello dei lanciatori, sarà il primo ad approfittarne», dice soddisfatto il numero uno dell’azienda Ranzo. «Oggi le nazioni che hanno attività oltre l’atmosfera terrestre sono un centinaio, ma solo sei hanno tecnologie e capacità di lancio». Oltre a grandi potenze come Usa, Russia e Cina ci sono India, Giappone ed Europa. «È come alla fine dell’Ottocento, quando in America iniziarono a costruire i grattacieli perché qualcuno aveva inventato e perfezionato gli ascensori. Ecco, i nostri razzi saranno gli ascensori dell’economia del futuro».