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 2021  giugno 06 Domenica calendario

Biografia di Chiara Pellacani raccontata da lei stessa

Quando Chiara Pellacani, si lancia nel vuoto la sua coda si drizza come quella di un gatto. L’agilità c’è e anche un certo lato selvaggio che la porta a nascondersi da aspettative in costante crescita. Si tuffa per sport, agli ultimi Europei ha vinto cinque medaglie, un oro, tre argenti e un bronzo. Ha 18 anni, sale sui podi continentali da quando ne aveva 15 e si è qualificata alle Olimpiadi nel trampolino da 3 metri, in sincro con Elena Bertocchi che ha 8 anni più di lei e si commuove quanto lei a ogni progresso. A ogni gara in cui questa ragazza scopre un pezzo di indipendenza.
Cinque medaglie in una sola competizione sono tante.
«Gli ultimi Europei mi hanno insegnato tanto. Le medaglie non danno solo soddisfazione, offrono anche una consapevolezza che ritrovo nei tuffi e soprattutto ho vissuto il mio primo podio individuale, una sorta di maturità. Prima mi sentivo portata, adesso invece all’altezza».
Di che cosa?
«Di una competizione internazionale, dell’eredità di una scuola, di giocarmela, di crescere, di vivere queste Olimpiadi a pieno. Prima tutto era inaspettato, ora inizio a maneggiare gli strumenti per aumentare il controllo. Per metterci del mio anche quando non gira tutto a meraviglia, quando devi riacchiappare una gara che sfugge o calmarti in una che sta andando come desideri».
Torniamo all’inizio allora. Quando le cose capitavano.
«Da subito ho pensato, anzi capito, che i tuffi fossero la mia vita. La prima volta a un centro estivo, un gioco. Solo che invece del divertimento ho trovato l’amore. Ho iniziato a praticare a 5 anni, nove stagioni al Foro italico di Roma, fino a che non sono passata di categoria ed entrata al centro federale, all’Acqua Acetosa».
Paura mai?
«Sicuramente, tutt’ora. Se sali dieci metri con l’idea di buttarti e la paura non ti sfiora ti manca qualcosa, ma il fatto di superarla ogni volta è parte dell’energia che serve».
Piattaforma, trampolino, singolo, sincro, in questi anni di professionismo ha capito dove ci sono più margini?
«So che dal trampolino, dai 3 metri, mi sento più a mio agio e anche che è presto per scegliere. Alla mia età non si chiudono porte».
Tuffi. In Italia è sinonimo di Cagnotto: padre, in coppia con Dibiasi, figlia, fino alle medaglie olimpiche. Si diceva che dopo di lei ci sarebbero voluti lustri per avere altri campioni. E invece?
«Invece magari non bisogna aspettare generazioni. Anche se siamo lontani dai suoi vertici. Si temeva che dopo di lei l’Italia sarebbe proprio sparita, è l’opposto, proprio i suoi successi hanno portato a un ricambio. Abbiamo una buona tradizione e ottimi allenatori».
Con Tania che rapporto ha?
«Sono entrata in nazionale quando lei ha smesso. È sempre stata molto carina. Qualche dritta su come gestire l’ansia ha provato a darmela, anche se è davvero un tasto molto soggettivo e io fino a qui non mi sono mai lasciata travolgere».
Per mantenersi distaccata Cagnotto riguardava i tuffi sull’iPad appena riemersa.
«Ogni tanto lo faccio anche io, ma non ho uno schema fisso, a parte l’intesa con il mio tecnico Domenico Rinaldi, il primo e l’unico. Mi ci trovo benissimo, è uno di quelli che sa tenere il punto e mostrare l’affetto e non ha bisogno di scegliere tra severità e partecipazione».
Questa Italia è molto giovane. Come si vive in una nazionale di ragazzini?
«Freneticamente. Si è sempre in movimento, sempre a chiacchierare, sempre ad allenarci. A volte ci capita anche di ritrovarci, a casa, per organizzare pranzi al mare e si parla moltissimo, anche delle nostre vite private».
Lei è fidanzata?
«No, e al momento mi pare di stare bene così. Questo anno e mezzo di Covid è stato complicato anche per chi fortunatamente non ha vissuto drammi. Lo svago è diventato quasi… strano. Anche se per noi sportivi cambia meno, è sempre stato riposo, film e tranquillità. Così però non si sentiva neanche il mondo in movimento, nemmeno la controtendenza. Strano da descrivere».
Lei viene da una famiglia di sportivi. Quanto questa cultura determina l’atleta che vuole essere?
«Mio fratello Lorenzo gioca a calcio in serie D. Terzino sinistro della Monterosi. Vado spesso a vederlo, per lui è più difficile ricambiare perché le mie competizioni sono in giro per il mondo. Mia sorella giocava a pallavolo, ma è il tipo che studia, quindi adesso si concentra su quello, papà e mamma si devastano di padel e papà è pure giornalista sportivo a La7. Mia madre fa l’insegnante di sostegno, anche per quello bisogna essere molto allenati, avere resistenza».
Suo padre le dà i voti?
«No, no, mi risparmia le pagelle. Sarebbe troppo coinvolto, però la sua professione lo porta a capire al volo molti dei miei stati d’animo».
Per esempio?
«Motivare le mie scelte non è stato difficile. Non ho mai avuto il problema di far capire che lo sport è una cosa seria, mai avuto l’ansia di riuscire a spiegare le mie esigenze alimentari o di non sentirmi supportata nel bilanciare scuola e preparazione. Sono fortunata, seguita e amata».
Quanto è stretta la dieta sotto gara?
«In alcuni periodi è più difficile seguire il programma, serve essere motivati e, quando si finisce la stagione, non vedo l’ora di divorarmi una bella pasta. Cioè, non vedo l’ora sempre, ed è il regalo che mi sono concessa alla fine degli Europei».
A proposito di privazioni. A Tokyo mancherà la solita atmosfera olimpica e voi in Coppa del Mondo, proprio in Giappone, avete testato le regole.
«Già. Non potevamo neanche usare l’ascensore senza avvertire, eravamo praticamente reclusi al nostro piano. Pasti in stanza. E da lì direttamente agli Europei di Budapest con la stessa routine. Può essere stressante, ma se abbiamo retto fino a qui, la voglia di Olimpiadi ci farà passare anche attraverso il Villaggio blindato».
Sul suo profilo Instagram c’è un settore unghie.
«Sì, cambio, provo, creo, le abbino all’umore, invento manicure in base alla gara».
Effetto scaramantico?
«No, più la voglia di trovare qualcosa di sé da mostrare».
Queste Olimpiadi dove devono portare?
«Devono servire. A fare esperienza, a maturare. Ci vado con il sincro e ne sono felice perché con la mia compagna Elena Bertocchi ho una particolare sintonia e vivere i primi Giochi in coppia non è male».
Nel 2016 la coppia azzurra Cagnotto-Dallapè ha vinto l’argento.
«E io stavo sul divano di casa. Ricordo l’agitazione che cresceva a ogni turno e pure tutta la storia di Tania e Francesca che entrava prepotente nei tuffi. Rialzarsi dopo certe batoste non è stato facile, soprattutto dopo le delusioni di Londra. Non ci si può aspettare di essere già dove erano loro nel 2016, ci si può chiedere di farci valere, di non sprecare l’opportunità».
Segue altri sport?
«Il nuoto, perché gli azzurri sono uno squadrone ed è bello vedere l’Italia che vince, e poi Larissa Iapichino, del salto in lungo: abbiamo la stessa età, vedo molto in comune e stiamo entrambe nelle Fiamme Gialle, quindi capita di incrociarsi».
Lei sta costantemente in costume da bagno. Non si è mai sentita troppo osservata?
«No. Devo dire che il giudizio delle persone non mi tocca, quindi non ho mai avvertito eventuali interferenze e non ho mai provato disagio. Poi sono fortunata, noi dei tuffi siamo un po’ dimensione famiglia e non ci sono distinzioni di valore o di attenzione tra donne e uomini».
Pensa sia sempre così?
«Purtroppo no, ci sono settori in cui le donne sono sottovalutate».
Quest’anno Olimpiadi e maturità al liceo scientifico. Estate impegnativa.
«È tosta, tra poche settimane la maturità. Dopo voglio studiare psicologia, come mamma».
Già pensato alla valigia per Tokyo?
«Praticamente è obbligata».
Facciamone una ideale. Il poster motivazionale.
«Tanti campioni, chiunque trasmetta la passione, la lista è infinita e potrei averne uno diverso al giorno».
Film da scaricare prima del decollo
«Commedie, solo commedie. Si ride».
Vestito elegante per festeggiare?
«Il problema non si pone con il protocollo anti Covid».
Il talismano per tenere sempre alto il morale.
«Roma, la mia città così bella. E per me è stupenda anche se sono una delle poche che la gira in macchina. Il motorino è pericoloso».