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 2021  giugno 06 Domenica calendario

Che fine ha fatto Pippo Franco

Il quesito è ricorrente: «Sì, me lo chiedono spesso cosa faccio oggi. Io rispondo che, non solo per l’età, fare ha oggi un significato diverso da quello del passato». Eppure Pippo Franco, nato Francesco Pippo 80 anni fa nella Capitale, non si è mai fermato. Rivela: «Oggi scrivo, partecipo anche a convegni e convention e mi rendo conto che c’è una parte della popolazione che apprezza ancora un certo modo di fare intrattenimento, molto più acuto e intelligente di quanto si riesca a fare oggi. Una parte indistinta ma esiste e spero sia la più ampia possibile».
Le testimonianze non gli mancano: «Ho attraversato diverse generazioni e tutti mi riconoscono ancora. E poi c’è qualche bambino, ancora oggi, che non abbia mai cantato "Mi scappa la pipì papà"?», ride.
Della sua vita racconta che «non mi sono fatto mancare niente». È così. Parte come disegnatore di fumetti, poi intraprende la carriera di musicista, partendo con il singolo "Vedendo una foto di Bob Dylan" e poi incidendo dieci album. Con i suo gruppo, i Pinguini, accompagna Mina in "Una zebra a pois" e "Il cielo in una stanza".
Però la svolta è quella del cabaret: sempre in scena, a presentare tutti gli spettacoli della storica compagnia del Bagaglino. C’è la Tv: "Dove sta Zazà", "Mazzabubù", il trionfo di "Bambole non c’è una lira". Il teatro. Ma soprattutto il cinema, dove diventa precursore e una dei principali protagonisti della commedia all’italiana.
Ci ride su, quando ripensa a com’è nata la sua avventura sul grande schermo: «Luciano Martino è stato il primo produttore che ha creduto in me, però mi rifilò un tiro mancino. A film concluso, cambiò il titolo e dico la verità: se avessi saputo che era quello, non avrei partecipato, ci rimasi malissimo». Però fu un grande successo "Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda".
«Però Martino aveva ragione: fu un grande successo. L’epoca era quella, di pellicole boccaccesche. Anche se poi si vedeva solo un po’ di seno di Edwige Fenech, mica quello che si vede oggi». A rimarcare che non è stata una storia a senso unico, ricorda: «Ho girato anche con Luigi Magni "Nell’anno del Signore" e con Dino Risi "Il giovane normale". Nel 1972 mi ha chiamato persino Billy Wilder per un ruolo in "Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?". Anche con gli Stati Uniti ho stabilito un rapporto di particolare affetto, poco tempo fa sono stato intervistato anche da un famoso sito per gli italiani negli Usa».
Oggi per lui è tempo di riflessioni: «Noi facevamo satira e ironia, ma dietro c’erano contenuti meditati. Oggi sarebbe difficile fare quello che si faceva ieri, il mondo dello spettacolo è rimasto fermo da mesi per il virus e la televisione ormai è al massimo un giochino in cui puoi fare un ospitata una volta con lo show guidato dal presentatore di successo, ma non puoi più pensare a programmi che vadano avanti anche decenni come erano i nostri, Ricordo: 23 anni consecutivi di successi».
Poi arriva il decennio che cambia tutto: «Fino agli anni Novanta il nostro è stato un Paese poetico e molto legato alla sua storia. Poi è iniziato a cambiare tutto. Oggi gli italiani si riconoscono al massimo nell’apericena. Domina la tecnologia e furoreggiano i social: roba che si brucia in poche settimane». Sorride quando gli citiamo i Maneskin: «Bravi, però sono la testimonianza evidente di quanto tutto sia cambiato nel giro di pochissimo tempo, anche nel mondo dello spettacolo».
Dei libri che ha scritto («E che continuo a scrivere») uno rappresenta la svolta nella sua esistenza e lo vuole ricordare. Nasce dall’incontro con la veggente Natuzza Evolo, che lo rassicurò quando la moglie stava per perdere il figlio. Della scoperta di una visione mistica dei fatti, Pippo Franco ha voluto rendere partecipe il pubblico con un libro intitolato "La morte non esiste. La mia vita oltre i confini della vita".