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 2021  giugno 05 Sabato calendario

Quando Bernabei e Dossertti andarono a trovare La Pira

Caro Aldo,
tra i grandi italiani, l’ex sindaco di Firenze Giorgio La Pira dovrebbe avere un posto di primo piano. Il ruolo che ha avuto per migliorare i rapporti tra le religioni, per avere sviluppato rapporti tra i Paesi emergenti e i Paesi occidentali ne fa una delle menti più lucide del secolo scorso. Secondo lei qual è stata la grandezza di Giorgio La Pira ?
Sergio GuadagnoloCaro Sergio,
un giorno dei primi Anni 50 il giovane Ettore Bernabei accompagnò Giuseppe Dossetti, vicesegretario della Dc, a trovare Giorgio La Pira, sindaco di Firenze. Tutti e tre erano uomini vicini, in forme e con ruoli diversi, ad Amintore Fanfani, che si preparava a prendere il posto di Alcide De Gasperi alla guida della Dc. La Pira era quindi uno degli uomini più potenti d’Italia. Abitava in convento. Si racconta che dormisse proprio nella cella di Savonarola, dove il Beato Angelico aveva dipinto una delle sue crocifissioni più dolenti. Questo per dire il totale disinteresse personale, l’assoluto distacco dai beni materiali.
Dossetti andò ad avvisare La Pira che lasciava la politica. Per due motivi: la Dc stava diventando, a prescindere dalle intenzioni dei dirigenti, il partito dei conservatori italiani, e lui non condivideva questo percorso. Ma, soprattutto, si era convinto che i russi avrebbero vinto la guerra fredda, e spiegò a La Pira il motivo: i sovietici avevano portato via da Berlino i migliori scienziati nazisti, e avevano messo a punto un propellente che avrebbe deciso le sorti della corsa allo spazio; il primo missile non sarebbe stato americano, ma russo. Dossetti, considerato un mistico, ragionava di politica con competenze da scienziato e da spia; non a caso nel 1957 i russi misero in orbita lo Sputnik. La Pira rispose però con un’obiezione difficile da contrastare: «I russi non vinceranno, perché non hanno Dio». Aveva ragione lui.
Ettore Bernabei, cui devo questo racconto, aggiungeva però che Dossetti convinse Moro dell’ineluttabilità della vittoria del comunismo, e Moro convinse Montini. Non so se le cose siano andate proprio così. Bernabei (di cui ora Marsilio ha pubblicato i diari, a cura di Piero Meucci) aveva una propensione per la dietrologia, a volte felice a volte meno. Sosteneva che dire certe verità agli italiani è come dare cognac a un bambino che prende ancora solo omogeneizzati. In ogni caso è una delle persone più interessanti che abbia mai intervistato.