La Stampa, 6 giugno 2021
Werner Herzog tra Tonino Guerra e Franco Baresi
Ci sono personaggi che stabiliscono un legame istantaneo e fortissimo fra loro per il fatto di condividere una visione poetica profonda della vita, e questo è il caso di Werner Herzog, giunto a Pennabilli, nel nome di Tonino Guerra, cui è intitolato il premio che gli hanno consegnato. «Mi trovo nel posto giusto - ha esordito Herzog alludendo al paesino romagnolo davanti al figlio di Tonino, Andrea Guerra -, mi sento molto vicino nel cuore a Tonino Guerra, anche perché sono cresciuto in un ambiente simile a questo, in Baviera, e la mia prima lingua è stata il bavarese».
Una chiacchierata con Herzog non è mai un’esperienza personale perché il suo modo stesso di vivere e far cinema, intrecciati indissolubilmente nella lavorazione di film come Fitzcarraldo o Aguirre furore di Dio, di cui Herzog ancora maldigerisce il titolo italiano, visto che lui intendeva «l’ira di Dio in senso biblico» sono un tentativo spesso riuscito di sondare le profondità dell’animo umano. Parlando della sua carriera, l’autore tedesco ha ricordato di aver «cominciato come poeta per poi diventare regista e infine tornare a fare il poeta», un’altra modalità espressiva che lo avvicina a Guerra.
In realtà non è che il cinema sia scomparso dai suoi orizzonti creativi, al contrario, e a dimostrarlo ci sono tre progetti di film che lo vedono coinvolto: uno sul soldato giapponese che resistette quasi trent’anni nascosto nella giungla pensando che la guerra non fosse ancora finita, da girare nelle Filippine; un documentario a sfondo scientifico ambientato negli Usa, in East e West coast, Il Teatro dei Pensieri, «sull’esplorazione dei nostri pensieri, allucinazioni, sogni e stati di sonnambulismo, in altre parole sulla lettura della mente» e infine, con inizio riprese a settembre, un terzo film che lui stesso definisce «un requiem musicale».
Questo per il cinema, ma l’autore bavarese è artista inquieto e polistrumentale, così sono in uscita per Feltrinelli anche due libri, il primo sulla storia del soldato giapponese di cui sopra, e il secondo di memorie: «Ci saranno anche stralci dai miei diari», specifica il regista. Ma al di là della produzione scritta o filmica, dell’autore di Nosferatu sorprende una concezione obliqua della vita che l’ha fatto innamorare di un personaggio apparentemente lontanissimo da lui come l’ex libero e capitano del Milan e della Nazionale: «Franco Baresi è un altro di cui, come Tonino Guerra, mi sento un amico istintivo. Ho parlato di lui pubblicamente e Baresi mi ha risposto con una mail dai toni commossi. Non ci siamo mai incontrati di persona, ma con la sua storia di persona che proviene da famiglia contadina della campagna bresciana, e di vero capitano che sapeva leggere la partita così come l’animo di ogni suo compagno di squadra, è davvero unico. Non ci sarà più un altro capitano come lui».
Nonostante l’interesse dichiarato, tuttavia, Herzog non pensa di ricavarne un docufilm: «No, non farò un film su di lui perché Baresi è pura vita, e a volte la vita vissuta sta da una parte, mentre il cinema sta da un’altra». E ribadito, per la gioia di tutti i cinefili milanisti, che Franco Baresi appartiene alla stessa nobile schiatta di Tonino Guerra in quanto «poeta dei campi di calcio», per quanto sideralmente lontano, chiarisce fino in fondo che cosa intende: «E’ radicato profondamente nella sua terra, come lo era Tonino. Penso che sarebbe l’uomo giusto per bere un bicchiere di vino insieme con me e Tonino». L’invito è lanciato, chissà che il capitano non risponda anche stavolta.