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 2021  giugno 06 Domenica calendario

Il calcio dei bianchi che non ha tempo per inginocchiarsi

Nell’aprile 2018 una foto di gruppo degli stagisti alla Casa Bianca di Donald Trump rivelò che erano quasi tutti bianchi. L’immagine era ben diversa dall’era Obama e, soprattutto, dalla composizione della popolazione americana. Nel giugno 2018 la foto di gruppo della Nazionale di calcio italiana è quella degli All Whites, per tutti gli incarichi.
Certo, siamo un popolo meno frammentato rispetto a quello statunitense, eppure. Per quell’immagine, mentre da noi si è fatta polemica sugli abiti, in Francia si sono osservate le facce e sollevate accuse di razzismo. Esagerate. Eppure. A rigettarle con sdegno e ironia sono stati per primi i siti sovranisti, divenuti per l’occasione esperti di moda: “Ci invidiano lo stile”.Louis Vuitton è in fuorigioco.
Di certo il ct Mancini non ha guardato al colore della pelle scegliendo tra Kean e Raspadori. Ma quanto piace l’idea del bravo ragazzo cresciuto in casa, con la pelle pulita, manco un tatuaggio. E comunque tra i Maneskin e i fratelli Balotelli il televoto non avrebbe dubbi. Perché in televisione siamo ancora alle battute sull’abbronzatura di Obama o Carlo Conti, fatte da Berlusconi o da Bonolis.
Gli stadi vuoti ci hanno concesso una tregua. È stato triste, ma soltanto da un lato. Dall’altro, abbiamo evitato settimanali manifestazioni di disprezzo. La pandemia è stata una livella. La sua fine annuncia una ripresa accelerata delle diseguaglianze, una corsa al recupero del tempo perduto che non si può vincere se non escludendo qualcuno. Monta un’insofferenza a ogni perdita ulteriore di tempo e denaro. Si è molto discusso dei fischi ai giocatori inginocchiati in Inghilterra. Ripetuto da troppi, un gesto perde significato, può diventare conformismo, esibizione.L’appropriazione culturale è un furto d’identità, ma l’errore del politicamente corretto sta nell’avverbio: basterebbe la correttezza, senza attribuzioni. Tra quelli che fanno buu, politicamente ce ne sono di tutti i colori. Non siamo un Paese razzista.
Eppure. Siamo sicuri che un ragazzo italiano di seconda generazione, con genitori africani, bravo con il pallone, abbia voglia di seguire quella strada, fino all’ingresso in campo con un pubblico che l’aspetta al varco? Quando scrive: «Sento sulle mie spalle il peso di sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti», a chi si rivolge Seid Visin, ex calciatore, nato in Etiopia, suicida a Nocera? Ai francesi? Il punto non è chi vincerà gli Europei, ma che Europa ci consegnerà questo dopo-pandemia, simile a un dopo-guerra, negli anni Venti. Non sarà tempo di inginocchiarsi, au contraire.