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 2021  giugno 06 Domenica calendario

Intervista a Valeria Bruni Tedeschi

Valeria Bruni Tedeschi si barcamena tra la preparazione del nuovo film da regista e il ménage familiare. Nel corso dell’intervista la figlia reclama spesso la sua attenzione, lei la rassicura dolcemente dicendole: «Certo, tesoro». Nel film Estate ’85 di François Ozon, in sala con Academy Two, l’attrice – che risponde dalla sua casa a Parigi – è la madre di uno degli adolescenti protagonisti della struggente storia d’amore tratta dal romanzo Danza sulla mia tomba di Aidan Chambers.
Il suo personaggio è una madre affettuosa, anche se di fronte al dramma si chiude.
«Fa parte di una "famiglia" di personaggi che ho interpretato nella mia vita, donne popolari e candide, sorelle maggiori o madri, incarnati a venti, trent’anni. Appartengono spesso a classi sociali diverse dai miei personaggi più borghesi e nevrotici: sono donne sperdute, più rotonde».
Il rapporto con Ozon è longevo.
«Siamo diventati amici, ogni volta che fa un film lo prendo in giro, gli chiedo quando sono i miei giorni di set, fingo di aspettarmi ogni volta un ruolo e se non c’è lui mi fa il nome di un’altra attrice, come se dovessi esserne gelosa. Poi ci capita di lavorare insieme e l’atmosfera è allegra e piena di energia, anche se gli argomenti sono a volte dolorosi».
Anche il suo nuovo film da regista, ancora senza titolo, sarà ambientato negli anni Ottanta.
«Sì. Avevo già iniziato prima a scriverlo prima, ma quando François mi ha proposto il film ho capito che mi interessava anche capire come lui aveva concepito quel periodo.
Anche se i suoi film, a prescindere dal periodo in cui sono ambientati, sono innanzitutto opere sue. Le riconosci fin dalle prime immagini: hanno una freschezza, una crudeltà propria del suo cinema, del suo universo».
"Estate ’85" racconta la storia di un amore omosessuale. Cosa pensa del disegno di legge Zan?
«Penso che sia un passaggio importante. In Inghilterra sono più avanti di Francia e Italia sulla protezione contro le discriminazioni e sul linguaggio, che nei nostri paesi è ancora antico e discriminatorio; ma ho anche molta fiducia nelle nuove generazioni. Tra i giovani, almeno quelli che vedo intorno a me, la bisessualità, l’orientamento sessuale, sono vissuti con normalità».
Come sono stati i suoi anni Ottanta?
«Pieni di vita e di morte, anche. Di speranza e di terrore. Che hanno posto le fondamenta della mia vita e del mio lavoro. Giro un film sulla scuola di teatro con Chéreau che ho fatto a vent’anni, in quegli anni lì».
Lei com’era a vent’anni?
«Istintiva e impaurita, libera e molto bambina. Ero tante cose insieme, piena di contraddizioni. Avevo voglia di vivere, anche di farmi male».
Il suo set sta per partire.
«Dovevo iniziare lunedì ma c’è stato un caso di Covid. Mi sento come chi era pronto per lo sprint e invece ha avuto uno stop. Che spero sia solo di qualche giorno. Sono contenta di lavorare con 15 attori di vent’anni.
Inesperti, pieni di voglia di fare, di cose preziose, ma anche maldestri».
"La fracture" di Catherine Corsini sarà in gara al Festival di Cannes.
«Sono felice. Anche se sarò nel pieno del set, sarebbe bello esserci. Il Festival è un simbolo importante. In Francia i cinema hanno riaperto, ci sentiamo tutti come convalescenti: andiamo piano, ma siamo vivi e camminiamo. Il film racconta una coppia di donne, Marina Foïs e io, mi è piaciuto. Nell’ultimo anno ho girato tre storie in cui sono in coppia con una donna. Nulla di diverso, le emozioni sono le stesse... i movimenti fisici del desiderio, la qualità delle emozioni. In realtà la storia cambia di più se c’è una differenza di età tra le persone. Con Marina siamo coetanee, essere la sua compagna mi è sembrata una situazione familiare».
In Italia c’è chi sostiene che la famiglia sia tale in presenza di figli.
«La famiglia è una cosa che non ha a che vedere con figli, sangue, legami ufficiali. È un modo di vivere, di stare insieme. Una coppia è una famiglia.
La famiglia è una protezione, anche se sono nuclei difficili, dolorosi, a volte ipocriti. Un posto di guerra ma anche un luogo in cui non si è soli davanti al mondo, ci si occupa gli uni degli altri. Madre Teresa aveva una famiglia di centinaia di persone, di cui si prendeva cura».
La pandemia l’ha trascorsa con sua sorella Carla.
«Siamo state molto insieme lo scorso anno. Mi rendo conto che ci siamo ravvicinate, grazie al Covid. Per obbligo, perché eravamo nella stessa casa, ma ci siamo in effetti sentite vicine come quando eravamo adolescenti, con le risate, l’intimità che deriva dalla frequentazione quotidiana, l’idea del tempo da perdere. Ci siamo ritrovate».
Per il Capodanno del 2020, invece, era con Valeria Golino.
«Sto sempre bene con Valeria: se potessi vivere con lei, sarei felice.
Siamo come una famiglia, anche i miei figli sono sereni con lei. Siamo state tre giorni rintanate in casa ma è sempre allegro vederla».
Lei ha firmato un appello, insieme ad altri artisti francesi, sul quotidiano "Libération" contro l’estradizione degli ex brigatisti.
«Ciò che penso è scritto lì. Parlarne mi pare sminuisca le cose. Quindici anni fa, quando mi espressi su Marina Petrella, mi sembrò di non avere la giusta capacità di parola per sorreggere i miei pensieri. Mi sono detta che è meglio avere una posizione e sostenerla con azioni concrete, più che con i discorsi.
Perciò preferisco non dire niente».