la Repubblica, 6 giugno 2021
La Giustizia assume per smaltire gli arretrati
È “la scommessa” che diventa realtà. Il magistrato non sarà più solo con i suoi processi. Manager di se stesso. E purtroppo dei suoi inevitabili ritardi. Niente a che vedere con i colleghi inglesi, americani, tedeschi e francesi. Più celeri, certo. Proprio perché possono contare sui loro assistenti che preparano il lavoro, mentre lui lo pianifica e lo conclude. Adesso, con quello che è stato battezzato “l’ufficio del processo”, il nostro giudice, civile o penale che sia, cambierà vita. E cambierà l’efficienza della giustizia italiana.
È la grande scommessa del Recovery plan. Che in Consiglio dei ministri, venerdì sera, ha fatto una tappa decisiva. Un miliardo e 657 milioni per 16.500 assunzioni per tre anni. L’ufficio del processo esce dal libro dei sogni dei magistrati che l’hanno studiato, proposto, sperimentato, e diventa realtà. Novità tanto importante che la Guardasigilli Marta Cartabia sta già programmando un tour negli uffici giudiziari per presentare la “scommessa”. E il suo predecessore Alfonso Bonafede la ringrazia per aver proseguito, “nella continuità”, il suo lavoro. Perché a quelle 16.500 assunzioni se ne aggiungono altre 5.410, per 602 milioni, per 5.410 unità tecniche e amministrative.
Per capire bisogna parlare con chi ha perseguito il “sogno”, dare a ogni giudice il suo assistente. Che studia i fascicoli, raccoglie e prepara la giurisprudenza, scrive le bozze dei provvedimenti, mentre la toga fa i conti con l’arretrato. Il lavoro si accelera. Non solo, accanto al giudice si forma il futuro giudice che apprende i segreti del suo lavoro. Come dice Barbara Fabbrini, oggi capo dell’Organizzazione giudiziaria in via Arenula, ma per anni giudice civile a Firenze, «sta per compiersi un cambiamento culturale epocale. Già nel 2013 l’Ocse scriveva che le migliori performance nel settore della giustizia si verificavano nei Paesi in cui esisteva la figura dell’assistente del giudice». Noi, dopo una sperimentazione a Milano e a Firenze, ci arriviamo adesso. E, dice Fabbrini, «la scommessa più grande sarà il recupero di fiducia tra lo Stato e i cittadini». Vedranno che la giustizia volterà pagina. I soldi sono tutto? No, contano l’idea e l’organizzazione.
Per capire cos’è davvero l’ufficio del processo Repubblica ha parlato con chi – i giudici, ma anche i loro assistenti – non solo ha ideato, ma ha sperimentato il nuovo modello. Come Roberto Braccialini, oggi presidente della sezione fallimentare del tribunale di Genova, che vent’anni fa ha inventato la formula dell’ufficio del processo: «Mi definisco la più pagata dattilografa del Paese, perché da giudice civile un quarto del mio tempo va via solo per mettere a posto i fascicoli perché mancano lo staff e le risorse. Il nuovo corso è positivo perché sono stati trovati i soldi. Finora la giustizia è stata composta da 10mila teste, ma senza braccia». La sua speranza? «Mi auguro che i 16mila assistenti non durino solo fino al 2026, ma per sempre».
Da Genova a Firenze dove un altro inventore dell’ufficio del processo è Luca Minniti, toga specializzata nell’immigrazione: «Ogni giudice avrà il suo assistente, come avviene alla Corte di Strasburgo oppure alla Consulta. E sia chiaro che questa figura non sarà quella di chi apre archivi ammuffiti per via dell’arretrato, questi giovani non saranno gli spazzini della giustizia, ma daranno un apporto di qualità, di studio, di ricerca, scriveranno bozze di provvedimenti, svolgeranno un lavoro preparatorio che consentirà al giudice di affrontare anche i processi arretrati».
Chi, come Chiara Sgroi, 25 anni, laurea in Legge ad aprile 2020 in pieno Covid, ha lavorato con Minniti, dice: «Non ci sono dubbi, con l’aiuto di un’assistente il giudice lavora più in fretta. Io ho scritto bozze di provvedimenti, ho cercato la giurisprudenza necessaria, il mio lavoro ha certamente accelerato la giustizia». Elisa Tesco, 32 anni, di Prato, studi e tirocinio a Firenze, oggi già giudice civile a Pordenone, non esita a dire che «l’esperienza dell’assistente del giudice mi ha dato una marcia in più». E riassume così la formula vincente dell’ufficio del processo: «Il magistrato non è più solo nella scrittura della sentenze e quindi ne vengono definite di più, il vantaggio in termini di tempo è enorme». Proprio ciò che serve alla nostra giustizia.