Corriere della Sera, 5 giugno 2021
Vaccino alla spina
Il commissario all’emergenza Covid di Messina ha deciso di offrire una birretta artigianale scontata ai ragazzi che si presentano al centro per le vaccinazioni. Nel tentativo di dare un respiro internazionale all’iniziativa, ha citato il precedente di Tel Aviv. Ohibò. In Israele, e anche negli Stati Uniti, si ha notizia di infermieri che andavano a vaccinare le persone nelle birrerie. Era il vaccino a entrare nei pub, non gli avventori a gironzolare negli hub. Il commissario deve avere confuso le consonanti, vizio ricorrente nella settimana di «Carlo Azelio».
Certo, l’immunità di gregge val bene una birra. Ma una cosa è andare a stanare i ragazzi nei luoghi che frequentano abitualmente, un’altra è creare per loro uno spaccio di bevande alcoliche dentro una struttura medica, nella speranza che ci vadano e che diventino abbastanza brilli da mettersi in coda per il vaccino. Il senso è completamente ribaltato e induce a porsi domande antiquate. Perché, in un luogo pubblico votato a una missione di interesse generale, si smercia la birra di una certa marca e non di altre? E perché si è scelto proprio l’alcol come incentivo alla vaccinazione in un Paese dove l’etilismo giovanile è una piaga diffusa, anche se rimossa dalla politica in nome del dio commercio? Morale ad alto tasso calorico: forse sarebbe stato meglio sostituire la birra con i cannoli, tanto più che la ricotta di Messina ha riconosciute proprietà taumaturgiche.