la Repubblica, 5 giugno 2021
Intervista a Pier Luigi Celli (parla della Rai)
Pierluigi Celli è stato dg Rai per tre anni sotto i governi Prodi, D’Alema, Amato. Dopodiché, nel 2001, si dimise perché «non sopportavo più le pressioni della politica», racconta il manager ora votato alla scrittura.
Per Boeri e Perotti la Tv pubblica ha un problema di gestione e bilanci che va al di là della spartizione partitica del Cda. È d’accordo con questa tesi?
«In azienda manco da vent’anni, ma mi pare che quello dei bilanci e dell’uso delle entrate sia un problema ricorrente: la Rai ha sempre avuto un numero di dipendenti sovrabbondante. Colpa del peso preponderante della politica, che ha spesso comportato il reclutamento di persone e il mantenimento di strutture pletoriche rispetto ai compiti reali e alla produzione interna».
Fuori i partiti dalla Rai, dicono tutti. Da dove si comincia?
«La prima cosa da fare sarebbe abolire la commissione di Vigilanza che è un ostacolo alla libertà di movimento e azione. La principale industria culturale del Paese deve poter pensare e innovare senza condizionamenti, va sottratta al controllo di chi governa».
Il modello Bbc in Italia funzionerebbe?
«Se ne parla da quarant’anni ma la Bbc ha una tradizione diversa dalla nostra. Lì se accade qualcosa di sgradevole, i vertici danno le dimissioni. Io per molto tempo sono stato l’unico a farlo perché non sopportavo le pressioni della politica. E, si badi bene, senza chiedere di essere ricollocato».
Chi le ha fatto pressioni?
«Ho appeno scritto un libro sulla manutenzione dei ricordi, ma questo è spiacevole e preferisco non manutenerlo. La verità è che la Rai è un circo: più che un manager servirebbe un domatore che contrasti la prepotenza di certi leader».
E come si fa?
«Bisogna essere disposti a dire dei no. Ma finché la Rai resterà nella disponibilità della politica non potrà cambiare, la considerano di loro proprietà. Fu Amato a dire che più che un servizio pubblico è un servizio ai partiti. Chiunque arrivi a guidarla deve sapere che troverà un’azienda sui generis, anomala rispetto a quelle cui sono abituati».
Ci vorrebbe Superman?
«Basterebbe una persona con idee chiare, che non guardi in faccia a nessuno. Non per forza esterno.
Anche dentro ci sono professionisti di grande valore costretti spesso a mendicare protezioni perché altrimenti non avrebbero avanzamenti né considerazione».
Le non ha un grande opinione della politica.
«Io ho un buon giudizio su alcuni politici. Quando assunsi Tinny Andreatta, che era una precaria molto in gamba e stava andando a Mediaset, mi chiamò il padre e mi fece una sfuriata: “Come si è permesso di prendere mia figlia?
Ora tutti diranno che sono stato io”.
Oggi succede il contrario».
La Rai va riformata?
«Andrebbe organizzata sotto una fondazione, solo il governo Draghi può riuscirci. Servirebbe ai partiti per acquisire reputazione e ai dipendenti Rai per lavorare con più serenità, senza essere costretti a cambiare riferimenti a ogni cambio di maggioranza. Una vita d’inferno».