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 2021  giugno 04 Venerdì calendario

Lepore-Conti, battaglia a Bologna

«Eravamo amici e penso che lo siamo ancora», dice a un certo punto Matteo Lepore. Il candidato del Pd alle primarie del centrosinistra ha alle spalle il murales che agli orti urbani della Pescarola immortala Giacomo Bulgarelli, centrocampista e capitano del Bologna ai tempi dello scudetto del 1964. Parla di Isabella Conti, l’outsider, la sfidante, l’ex compagna di scuola con cui il giorno prima ha litigato in mezzo a un mercato infiammando una contesa già aspra. Lei con dietro una telecamera a dirgli: «Mi hai diffamata parlando di cene inesistenti con imprenditori che non vogliono rispettare il contratto nazionale di lavoro». Lui a replicare: «Parliamo di temi, non facciamo sceneggiate». Per dire poi: «E quando ha detto che non ho spina dorsale? Che sono colluso coi poteri forti? Non è diffamazione questa?».
È come se ci fosse qualcosa di personale, ma il duello politico è – finalmente – vero. Non sono primarie che confermano una scelta già fatta, quelle di Bologna. Sono, con orgoglio, un laboratorio per il Pd e per la strada che intende percorrere. Lepore ha messo insieme una coalizione che tiene insieme la sinistra di Emily Clancy (Coalizione civica), la lista Coraggiosa di Elly Schlein, i dirigenti del Pd locale, le Sardine, perfino la promessa di un appoggio esterno del Movimento 5 stelle, per quanto – come sempre – diviso. Romano Prodi, che non si espone e ha passato il 2 giugno facendo una gita in bicicletta, ha lanciato una stoccata niente male: «Per fare le primarie, bisognerebbe far parte della coalizione», dice l’ex premier. E quindi, a legger bene, sta con Lepore anche lui.
Alla Pescarola Lepore parla davanti a qualche decina di cittadini. Sono con lui la maggior parte di quelli accorsi qui. Perché «la candidatura di Conti – sostiene Angela Iacopetta, accento francese, ma abitante del quartiere da sempre – è un cavallo di Troia che ha l’unico scopo di spaccare la sinistra».
Così risponde a tutti, Lepore. La barba chiara che comincia a imbiancare, gli occhi azzurri dietro a una montatura leggera, il telefonino che quando squilla manda la musica del vecchio cartone Disney Robin Hood. Mentre dietro, sul sedile della macchina con cui porta a scuola Irma, 5 anni, e non ancora Orlando, che ha 4 mesi, ci sono l’ultimo libro di Enrico Letta, Anima e cacciavite, e
Un’amicizia di Silvia Avallone.
La mascherina fucsia, lo racconta a ogni comizio, gliel’ha prestata per la prima volta la moglie dicendo: «Così dimostri di essere contro ogni pregiudizio». E lui ne ha fatto un marchio e una bandiera. Anche su questo lo ha attaccato, Isabella Conti. «È troppo facile eh, non è che indossi una mascherina rosa e puoi sapere cosa significhi essere donna».
Hanno quasi la stessa età, 40 anni lui, 38 lei. Non erano solo allo stesso liceo classico, il Galvani. Erano anche nella stessa sezione e chissà se la rivalità era già iniziata. Di certo, adesso si sente. Sono stati entrambi nella sinistra giovanile (lei uscita presto, in polemica con i fondi alle scuole paritarie del governo D’Alema). Entrambi consiglieri comunali, lui a Bologna, lei a San Lazzaro, il paese alle porte della città di cui è diventata sindaca nel 2014. Mentre Lepore diventava assessore della prima giunta Merola e veniva riconfermato – con la delega della Cultura nella seconda.
C’entra Matteo Renzi, in questa storia. Fu lui, da segretario del Pd, a sostenere Conti quando lei si mise contro il partito locale per cancellare un appalto reso famoso come «la colata di Idice». Subendo pressioni che denunciò in procura. Ricevendo cause legali per ora vinte, 48 milioni richiesti al comune da uno degli imprenditori che perse l’affare (il ricorso è al Consiglio di Stato). 4 richiesti a lei personalmente, ma la sentenza passata in giudicato l’ha assolta e le è anche valsa 40mila euro di spese legali.
È per quel sostegno inaspettato (Conti aveva votato Bersani alle prime primarie contro Renzi, Civati alle seconde) che lei gli resta fedele e passa a Italia Viva. Ha lasciato gli incarichi dirigenziali, ora, si presenta come indipendente, ma le resta una certa insofferenza per “la ditta”, per un sistema consolidato che sono molti, a Bologna, a contestare. E così, un po’ a sorpresa, sono con lei i Verdi. Intellettuali sempre critici coi dem come Gianfranco Pasquino e Pier Giorgio Ardeni, l’ex direttore dell’Istituto Cattaneo che dice: «Sono 22 anni, dalla candidatura Bartolini, che questo Pd a Bologna non ha capito niente. Non ha fatto male, ma ha fatto “così così”. Come in tutte le situazioni di monopolio, si finisce per fossilizzarsi». E quindi: «È ora di scuotere il sistema. Queste primarie sono un’opportunità per farlo dentro il recinto di centrosinistra».
Ma qual è questo recinto? Perché le primarie del 20 giugno, a Bologna, sono a geometrie variabili. Giancarlo Tonelli, direttore della associazione commercianti – quella che a suo tempo guidò l’ex sindaco di centrodestra Giorgio Guazzaloca – ha detto che sosterrà Conti. Andrà a votare nei gazebo del centrosinistra, quindi. Ma non esclude, se Conti perdesse, di candidarsi con il sostegno del centrodestra. C’è lui, con lei. Ci sono pezzi di Confindustria. C’è il mondo che si riconosce in Pier Ferdinando Casini, eletto a Bologna nel Pd renziano, ma con una storia targata Dc e poi centrodestra alle spalle. Quello dell’ex ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti.
Sotto alla finestra dello studio che fu di Lucio Dalla, davanti al muro dov’è disegnata – come un’ombra proiettata – l’immagine del cantante che suona il sax circondato dai gabbiani delle sue Tremiti, Isabella Conti scaccia le domande scomode con un sorriso. «Sono stata eletta sindaca di San Lazzaro la prima volta col 59 per cento, la seconda con l’81. Quando mi vengono a dire “ti ho votata, ma non avevo mai votato a sinistra”, io rispondo “perché la sinistra non l’hai mai vista"». Giura che dalle primarie non si sfila all’ultimo momento per fare la sua corsa, «io seguo le regole». Che non intende farlo neanche dopo, nel caso perdesse di un soffio, per tentare una candidatura civica che potrebbe vincere. «Non sarà facile sostenere Lepore – ammette – ma non posso fare altrimenti». Ricorda che con lei ci sono due assessori di Merola, Marco Lombardo e Alberto Aitini, che al suo fianco è l’europarlamentare dem Elisabetta Gualmini. «Non mi faccio dare la patente di sinistra da nessuno». Non solo per i nonni partigiani, quello materno, finito quasi morto in un fosso e salvato da un contadino. E quella paterna, «rossa rossa lei, staffetta partigiana a 17 anni».
Racconta di come ha integrato gli immigrati negli Sprar del suo comune. E di quel che ha fatto e San Lazzaro e vuole replicare a Bologna: «Asili nido gratis per tutti, ostetriche a casa per il primo mese dopo il parto». Lepore dice «nidi sì», ma «gratis sotto i 40mila euro di Isee, perché da noi chi ha di più aiuta chi non ce la fa». Sono visioni diverse e concorrenti. Come su molto altro.
Al tramonto, in una piazza Maggiore piena di ragazzi tornati agli aperitivi dopo la pandemia, Lorenzo Donnoli, Egle Beltrami e Francesco Gugliotta – tre delle Sardine che quella piazza l’hanno riempita a sostegno di Stefano Bonaccini alle Regionali – dicono perché sostengono con convinzione Lepore: diritti civili, legge Zan, cultura in periferia, i portici patrimonio Unesco, l’idea di una Bologna europea. Lepore è in auto con Emily Clancy. Lei, rappresentante della sinistra che alla giunta Merola, in questi anni, si è opposta, considerandola fin troppo securitaria per una certa cultura degli sgomberi, per una insufficiente attenzione all’ecologia, dice ora: «Abbiamo scelto di scommettere su Lepore perché ha compreso che occorreva superare l’autoreferenzialità e la litigiosità del suo partito. Perché vuole uscire a sinistra da una crisi sociale e ambientale senza pari».
E quindi la gara c’è. Lepore è forse, di certo si sente, avanti sull’avversaria. Ma dice Salvatore Vassallo, ex parlamentare pd e attuale direttore dell’Istituto Cattaneo, «dipende da quante persone vanno a votare». La sfida è ancora tutta aperta.