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 2021  giugno 04 Venerdì calendario

La riforma Cartabia

La gran battaglia per la giustizia è iniziata. Matteo Salvini e Maurizio Turco a nome di Lega e Radicali hanno depositato in Cassazione i 6 quesiti referendari. E ben 398 emendamenti sono piovuti sul ddl di riforma della procedura penale, in discussione alla Camera. Di questi, il solo Enrico Costa, deputato di Azione, ne ha presentati 100. Il governo però non ha ancora scoperto le carte. Alcune scelte di fondo non sono state chiarite: ad esempio su quale meccanismo della prescrizione. La ministra Marta Cartabia ci sta ancora pensando. E quale sia il travaglio, lo si percepisce dalle sue parole: «La dialettica tra giustizialisti e garantisti non deve mai assumere il tono del derby, esasperando posizioni per vedere chi ha la meglio. Non si può diventare prigionieri di sé stessi».
La ministra era ieri ad un incontro dedicato al libro «Insegna Creonte» scritto dall’ex presidente della Camera Luciano Violante. Inevitabilmente, i massimi principi sono planati sull’attualità. Proprio oggi, la ministra Guardasigilli incontra le forze di maggioranza per esaminare la riforma del Consiglio superiore della magistratura. Come per la prescrizione o per il ridisegno del processo di appello, la gestione del futuro Csm sarà un pilastro fondamentale della giustizia che verrà. E su questo i partiti già si accapigliano.
C’è da augurarsi che funzioni il metodo-Cartabia. Ovvero una gran propensione al dialogo e all’ascolto. «La dialettica – dice infatti – è provvidenziale per ricercare soluzioni, risposte, che sono sempre un passo avanti rispetto alle acquisizioni precedenti. Il conflitto insanabile è distruttivo, se fine a se stesso. Diventa una prova di forza. Quando il conflitto è insanabile, non c’è vincente o perdente. Sono tutti perdenti».
Il discorso di Cartabia è volto innanzitutto all’opposizione. «Serve rispetto per chi dissente da te. Si può sempre imparare anche dall’obiezione meno condivisibile». Ma ancor più alle forze di maggioranza, pronte a sbranarsi sui temi della giustizia. Come è accaduto negli ultimi trent’anni, peraltro. Stavolta però c’è una variabile nuova: senza un accordo sulla giustizia, e il varo di riforme che sveltiscano sul serio i processi, civili e penali, si rischia che salti l’intero Recovery Plan.
L’attesa per le scelte di Marta Cartabia, insomma, è spasmodica. E lei sta cercando di trovare soluzioni condivise. Ad esempio, secondo la commissione tecnica che ha predisposto la riforma, per limitare il fenomeno delle porte girevoli tra politica e magistratura, ma senza erigere steccati invalicabili, non dovrebbero più dire addio per sempre alla toga i giudici che scelgono l’esperienza politica (come previsto dal ddl Bonafede): un magistrato che abbia esercitato un mandato elettivo, al termine potrà riprendere a esercitare funzioni giudiziarie, ma cambiando regione.
Cartabia avverte la fatica di questi giorni. «So – ammette – cos’è la solitudine di trovarsi davanti a certe scelte che tu e solo tu puoi prendere, con tutto il peso che questo comporta, ma la solitudine è il momento decisionale ultimo. Tutto questo può avvenire soltanto se corredato da un continuo ascoltare». E conclude: «Essere coraggioso in politica è anche fare scelte impopolari, magari non comprese nel brevissimo periodo, che possono dare il loro frutto in un tempo più lungo»