Corriere della Sera, 3 giugno 2021
Le mail di Fauci
Washington. All’inizio della pandemia Anthony Fauci dialogava con gli scienziati cinesi e cercava, innanzitutto, di arginare le pressioni di Donald Trump che non voleva saperne di chiudere il Paese. Era il marzo del 2020:il virus divampava negli Stati Uniti e in Europa. Nel giro di poche settimane, l’ottantenne virologo di origini italiane, fino a quel momento noto solo nella comunità scientifica, diventò la figura più importante nella lotta al Covid-19. Una star mediatica, una presenza ingombrante mal sopportata dal presidente. Il racconto di quei giorni tumultuosi scorre nelle mail scritte e ricevute da Fauci, al suo indirizzo di posta elettronica nel server del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, tra marzo e aprile del 2020.
Sono 866 pagine, ottenute dal Washington Post. La sequenza inizia con i contatti tra «Anthony» e George Gao, direttore del Centro per il Controllo e la prevenzione delle malattie di Pechino, che si fa vivo per smentire un’intervista rilasciata a Science in cui aveva accusato il governo Usa di «commettere un grave errore, non imponendo ai cittadini di indossare la mascherina. Non ho mai detto una cosa del genere, collaboriamo per sconfiggere insieme il virus», dice al collega americano. Risposta: «Nessun problema, affrontiamolo insieme».
Nelle mail Fauci non attacca mai direttamente Trump, ma la parte più aggressiva della base repubblicana lo considera un sabotatore del presidente. Arriva un’altra mail di Gao: «Vedo che è sotto attacco». La replica: «Non si preoccupi, andrà tutto bene, nonostante in questo mondo ci siano diversi pazzi». I contatti con la Casa Bianca sembrano tenuti da Marc Short, capo dello staff del vicepresidente Mike Pence, di cui il Post riporta un messaggio sibillino: «Lei ha individuato i sintomi, ma ha sbagliato la diagnosi sulla causa». Forse si riferisce al fatto che lo scienziato fosse contrario a mantenere aperta l’economia, come voleva Trump.
Ma anche nel partito repubblicano serpeggiano i dubbi. Un parlamentare repubblicano, Fred Upton del Michigan, chiede chiarimenti sul possibile uso dell’idrossiclorochina, in quel momento esaltata da Trump come la cura più efficace. Di rimando arriva un giudizio secco: «È quasi certo che non serva. E allora Upton conclude: «Continui a dire la verità fondata sulla scienza». Per la cronaca Upton sarà uno dei dieci deputati repubblicani a votare a favore dell’impeachment di Trump, accusato di aver fomentato l’attacco a Capitol Hill, il 6 gennaio 2021.
Praticamente tutti cercano il massimo esperto di malattie infettive del Paese per un consiglio o prima di prendere decisioni di impatto sociale. Tutti lo vogliono intervistare: «È sommerso di richieste dai media italiani», nota il Washington Post. Tom Mayer, responsabile medico della Nfl, la lega del football americano, vuole sapere se si potranno giocare le partite con il pubblico. Ma riceve solo una frase lapidaria: «Sarà il virus a decidere per noi».
Il materiale conferma lo stretto legame tra Fauci e Bill Gates. Una mail documenta una lunga conversazione del 1° aprile 2020. Poi Emilio Emini, dirigente della Bill e Melinda Gates Foundation, incaricato di seguire il dossier vaccini, scrive: «La vedo tutti i giorni in tv... sono seriamente preoccupato per la sua salute... La nazione e il mondo hanno assolutamente bisogno della sua leadership». La tastiera batte ancora all’1.53 di notte: «Cerco di impegnarmi al massimo, visto quello che stiamo passando».