la Repubblica, 3 giugno 2021
le criptomonete devono decidere cosa fare da grandi (prima che altri decidano per loro)
La rivincita dei nerd del denaro sta mettendo paura a Wall Street. Dopo anni di derisione, ignoranza e indecisione, l’ascesa inesorabile delle criptovalute sui mercati sta forzando la mano ai grandi della finanza. Nei prossimi mesi, banche d’affari, governi e autorità di settore dovranno trovare risposte serie a un fenomeno che non è più ristretto a speculatori, esperti di tecnologia e anarchici. È un momento importante per la finanza mondiale ma anche per chi crede e investe in bitcoin e nelle altre criptovalute – monete “tecnologiche” che non sono emesse da una zecca statale ma “minate” da un esercito di programmatori indipendenti. Le domande per bitcoin e le sue sorelle sono essenzialmente due: a che cosa servono? E come possono interagire con il sistema monetario? Il primo quesito è il più difficile perché le criptovalute sono state camaleontiche nel corso della loro giovane vita (il bitcoin nacque nel 2009). Per i fautori originali, a partire dal misterioso “padre” del bitcoin Satoshi Nakamoto, queste divise sono uno strumento di ribellione contro il potere di Stati, politici e banche centrali. Per alcuni proseliti più recenti, le criptovalute sono semplicemente un metodo di pagamento più efficiente, anonimo e sicuro del denaro vecchio stampo. E per gli investitori, il bitcoin è un bene su cui speculare alla grande, come dimostrato dall’estrema volatilità nei prezzi, l’esplosione nel numero di prodotti per piccoli risparmiatori e l’enorme valore di mercato, che ha superato i mille miliardi di dollari (più di Facebook e circa dieci volte più di Ibm). Le ultime due caratteristiche sono in diretto conflitto: le criptovalute non possono aspirare a fare concorrenza ai soldi tradizionali se si muovono come uno yo-yo.
Non so voi, ma io non voglio essere pagato in denaro che perde la metà del suo valore in cinque settimane, come è successo il mese scorso ai bitcoin.
Il fatto che quel crac sia stato causato da una sola persona – il patron di Tesla Elon Musk, che ha smesso di accettare bitcoin per le sue automobili – dimostra che le criptovalute non sono ancora né un sistema di pagamento stabile né un investimento “per gli adulti” come le azioni o le obbligazioni.
Anche l’aspetto anti-establishment delle monete online è sotto esame per via del gigantesco consumo energetico dei super-computer nell’ecosistema bitcoin. Nonostante la cieca (e aggressiva) fede dei loro tanti discepoli, le criptovalute hanno fallito, o sono quantomeno molto in ritardo, nel raggiungere i loro obiettivi originari. Ma il potere di un’invenzione unica nella storia umana si potrebbe manifestare in altri due aspetti ancora più rivoluzionari: come alternativa alle banche e come un’estensione dell’internet. La tecnologia dei bitcoin è particolarmente adatta a rimpiazzare le banche come custodi del sistema dei pagamenti. Al momento, è praticamente impossibile per un governo, un’azienda o un consumatore non utilizzare una banca per spostare soldi. Ma la blockchain – l’universo di “nodi” anonimi, computerizzati e criptati che permette ai bitcoin di esistere – potrebbe facilitare quelle operazioni, tagliando fuori le banche.
È una prospettiva che spaventa Wall Street, che fa soldi sfruttando il suo feudale ruolo di “guardiano” del sistema dei pagamenti, ma che dovrebbe piacere ai regolatori. Come ha scritto il mio amico John Authers su Bloomberg, “se la vasta infrastruttura bancaria viene separata dai pagamenti, allora le banche potranno fallire” senza distruggere l’economia, come accadde durante la crisi del 2008-2009. Liberare il sistema dal ricatto delle grandi aziende finanziarie – salvateci con denaro statale quando siamo in difficoltà altrimenti salta tutto – non sarebbe da poco. L’utilizzo della tecnologia come estensione dell’internet verte più su Ethereum, una criptomoneta che ha caratteristiche diverse da bitcoin. I dettagli sono complessi ma si possono spiegare così: se l’internet è un palazzo, Ethereum è un ampliamento dell’edificio che permette a tutti gli inquilini di contribuire alla costruzione, guadagnando denaro digitale per quello che fanno. Anche qui, starà ai governi decidere se quei lavori sono abusivi e vanno cambiati, fermati o tassati, soprattutto se la comunità delle criptovalute continua a non spiegarne chiaramente i vantaggi.
Ma la sfida è chiara: le criptomonete devono lasciarsi alle spalle la folle adolescenza e decidere cosa fare da grandi prima che altri decidano per loro.