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 2021  giugno 03 Giovedì calendario

Pomodori, mancano le latte per fare le conserve

MILANO — Ideati da un francese, Nicolas Appert, e consacrati all’Esposizione di Parigi da Francesco Cirio nel 1867, i barattoli dei pomodori pelati stanno diventando il ricercato numero uno dalla filiera alimentare tricolore. Che rischia di ritrovarsi, dalla metà di luglio in avanti – quando la raccolta dei pomodori entra nel vivo – senza i contenitori per il principe della dieta mediterranea. La produzione di conserve ci vede tra i leader del mondo: oltre 5 milioni di tonnellate processate, testa a testa con la Cina e dietro solo agli Usa, che però sono specialisti di semilavorati che finiscono nelle salse come il ketchup, mentre i nostri prodotti planano direttamente nei piatti dei consumatori. Due terzi finiscono nelle latte di banda stagnata, il materiale che arriva in forma di bobine d’acciaio soprattutto dalla Cina, per esser trasformato in barattoli dalle nostre imprese. «Poche grandi multinazionali e tante Pmi – spiega Giovanni Castelli, direttore di Anfima, la Confindustria degli imballaggi metallici – concentrate in Emilia e tra Napoli e Salerno», vicino ai distretti del pomodoro.«In pochi mesi il prezzo delle bobine è passato da 400 a oltre mille dollari a tonnellata», racconta Natasha Linhart, ceo della bolognese Atlante che sta nel mezzo della filiera: procura prodotti Made in Italy per colossi come Sainsbury’s e Migros e importa dal resto del mondo per la grande distribuzione nostrana. «A fine 2020 i fornitori di birra hanno iniziato a tagliare i marchi minori, per la scarsità di lattine. Ma per l’agroalimentare è un’emergenza seria», aggiunge arrivando a prefigurare il rischio di «lasciare i pomodori a marcire sui campi».Come in altri comparti, sui barattoli si sta scatenando una tempesta perfetta. Le acciaierie avevano abbattuto la produzione causa Covid, come reazione a una domanda dall’industria automobilistica finita al tappeto. Ma alcuni generi di consumo hanno subito un boom: di polpa e pelati sono state fatte scorte in tutte le case e i magazzini sono rimasti a secco. Alla ripartenza dell’economia, i produttori dei semilavorati non sono riusciti a tenere il passo della domanda che riprendeva a fluire. «Ci vogliono due anni per potenziare le linee degli stabilimenti», spiega Linhart. La dipendenza dall’estero, poi, pesa tanto, come ricordano i sindacati che chiedono investimenti all’ex Ilva di Genova per incrementare la produzione di banda stagnata che langue a 100 mila tonnellate, contro un fabbisogno nazionale di 800 mila. Se a questa dinamica si uniscono i rincari dei costi dei trasporti e il fatto che i detentori della materia prima hanno iniziato ad accumularne per sé, ecco spiegati i picchi dei prezzi. «La banda stagnata pesa al 60-65% sul costo del barattolo», dettaglia Castelli. «Su una lattina da mezzo chilo, sono 3 centesimi di aumento – dice Linhart –. Tantissimo per un prodotto che costa così poco». Ma ora la questione è diventata «la mancanza della banda stagnata: dall’estero le consegne saltano o vengono imposti cambi di tempi e prezzi».«Il problema esiste e lo stiamo monitorando», dice Giovanni De Angelis, direttore di Anicav, associazione dei conservieri, «perché riguarda un’industria che ogni anno riempie 3 miliardi e mezzo di scatole di pomodoro». Gli scatolifici più grossi «programmano la produzione con anticipo, ma esistono alcune realtà più flessibili che potrebbero andare in difficoltà». Se la scarsità di barattoli metterà a repentaglio la stagione, per De Angelis non è ancora chiaro: «L’unica certezza è che l’aumento del costo dell’acciaio, con i rincari di etichette, cartoni e plastica, graverà sul costo dei prodotti finiti». Il problema «potrebbe presentarsi per quel surplus di produzione che è stato concordato con gli agricoltori, per ripristinare le scorte azzerate nel 2020», ragiona Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti. E c’è già chi vede le prossime vittime del caro-barattoli: la frutta sciroppata e, più avanti nell’anno, i legumi.