Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  giugno 02 Mercoledì calendario

Marcel Proust, ebreo

Ogni mattina si siede in tribunale, in prima fila, nella galleria riservata al pubblico, con un termos di caffè e una busta di panini imbottiti: è il 1898, in scena va il processo a Émile Zola per vilipendio alle forze armate, e Marcel Proust non può proprio rinunciare a quello spettacolo. Pur non stimando particolarmente il collega, non perde una battuta del dibattito; le ragioni sono molteplici: voracità artistica (molti personaggi in commedia ispireranno altrettanti figurini della Recherche); curiosità politica (il caso Zola-Dreyfus spacca l’opinione pubblica francese); appartenenza affettiva. Il cuore dell’affaire non è tanto di natura giudiziaria quanto culturale: l’ingiustizia porta l’etichetta di antisemitismo, e Proust è ebreo per parte di madre, la mame Jeanne Weil. “Gli anni di fine Ottocento a Parigi furono piuttosto speciali. La judeité, o la demi-judeité, era un fardello diventato molto pesante”, scrive Riccardo Calimani nel minuto pamphlet La madre ebrea. Proust e il caso Dreyfus, appena licenziato in ebook da Marietti 1820, estratto del più ampio saggio Ebrei eterni inquieti (Mondadori 2007).
“Io sono stato il primo dreyfusardo perché fui io che andai a chiedere ad Anatole France la sua firma”: Proust si mobilita subito per il capitano Alfred Dreyfus, ingiustamente condannato di tradimento solo perché ebreo; al fianco dello scrittore si schierano il fratello Robert, la madre velatamente, i due fratelli Halévy, Jacques Bizet e altri intellettuali progressisti. Per una settimana, invece, il patriarca Adrien Proust si rifiuta di rivolgere la parola ai figli: è amico di molti ministri e del presidente della Repubblica Félix Faure; non può permettersi polemiche. Ma è la marcia “dei Centoquattro” ad avere la meglio, portando alla revisione del processo a Dreyfus, che Marcel seguirà insieme con la madre.
“L’Affaire che sino a questo momento era stato puro Balzac è adesso shakespeariano”, scrive Proust, a ribadire le tinte drammatiche del caso che scuote la Francia all’alba del 900: si è quasi sull’orlo di una guerra civile quando il presidente Faure muore a letto tra le braccia dell’amante ebrea, proprio lui che era un antidreyfusiano. Questo tourbillon di eventi non può che infiammare la feconda immaginazione di Marcel, che nella Recherche ricostruisce il clima del tempo: madame Verdurine, ad esempio, è una dreyfusarda stoica, ispirata alla vera madame Ménard-Dorian e al suo salotto; l’amico Charles Hass, invece, dà sostanza a Charles Swann, sefardita e in parte marrano che si rifiuta di firmare appelli perché ha un cognome troppo ebraico, quindi sconveniente. Gli elogi ai “confratelli” non mancano nel romanzo: “In quanto agli Ebrei, ce n’eran pochi i cui genitori non avessero una generosità di cuore, una larghezza di mente, una sincerità, al cui paragone la madre di Saint-Loup e il duca di Guermantes avrebbero fatto una ben meschina figura, per la loro aridità, la loro religiosità superficiale, che condannava solo gli scandali, e la loro apologia di un cristianesimo che sboccava infallibilmente in un colossale matrimonio d’interesse”.
Tra i nemici di Proust-Dreyfus non ci sono solo esponenti della destra nazionalista, protofascista e giudeofoba, ma persino intellettuali come Maurice Barrès e Paul Valéry: “Cena ieri dai Daudet – altro fervente antisemita, ndr –. Malinconiche constatazioni: si spiegano il carattere e il genio con le abitudini fisiche o con la razza. Differenze fra Musset, Baudelaire, Verlaine imputate al tipo di bevande alcoliche che ingerivano, il carattere di Tizio o di Caio imputato alla sua razza (antisemitismo)… Il tutto è assai poco sensato… Anche gli ebrei (detestati in quella casa in nome di chissà quale principio, visto che anche Colui ch’essi hanno crocifisso è bandito) hanno le stesse qualità”.
Certo, Proust non è un sionista: affronta il tema con molto pudore e riserbo – “Caro signore, ieri non ho risposto alla vostra domanda sugli ebrei per una ragione semplicissima: come mio padre e mio fratello io sono cattolico, ma mia madre è ebrea. Capirete che è un validissimo motivo per astenermi da discussioni” –. Questa ritrosia gli costa anche un saggio di Alessandro Piperno Proust antiebreo (Franco Angeli, 2000), che lo accusa di reticenza, conformismo e dissimulazione, proprio come i personaggi della Recherche, su temi quali l’ebraismo e l’omosessualità. E di omosessualità Marcel parla appunto sempre e solo in privato, come testimoniano le nove novelle inedite in uscita domani con Garzanti: Il corrispondente misterioso raccoglie racconti, non tutti ultimati, espunti da I piaceri e i giorni (1896). È lo stesso autore a censurarli: l’omoerotismo, come l’ebraismo, deve restare segreto.