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 2021  giugno 02 Mercoledì calendario

Intervista a Fabio Fognini


PARIGI – Il primo turno è andato, ma oggi c’è Fucsovics e l’ungherese è da prendere con le molle. Ma Fabio Fognini, a 34 anni, «anche se chi nasce quadrato non può diventare rotondo», dice che ha leggermente modificato i suoi modi di fare: vede i giovani leoni azzurri infiammare quella che era la sua piazza, mentre cerca di ritrovare i ritmi e gli automatismi che lo avevano portato tra i Top Ten. «Un passo, alla volta, dai…». Spera che il Roland Garros gli porti fortuna.
Fabio, accetta di invecchiare?
«Lo dicono i capelli… dovrò farmi l’intervento prima o poi… Rafa Nadal mi ha detto che c’è già passato, ma io ho una fifa…».
I capelli si diradano, si allungano i tempi di recupero: vedi Federer col ginocchio, lei con le caviglie.
«Roger non lo so, ma le mie caviglie sono le più giovani di sempre.
Comunque purtroppo sul recupero è vero, sto notando che faccio più fatica, non ho più vent’anni, accidenti. Soprattutto quando sei stato tanto fermo, e gli ultimi due anni sono stati troppo particolari, non si è giocato».
Si sente passato di moda?
«Può essere, ma sinceramente non mi interessa. Io, come dico sempre, continuo a fare il mio finché avrò voglia e avrò questo fuoco dentro, per il resto è giusto, e penso sia normale, che ci sia questo cambio generazionale: agli altri auguro il meglio».
Sportivo, ma anche sincero?
«Dico da italiano che ognuno deve essere contento perché per i prossimi dieci anni siamo a posto con questi ragazzi».
E le piacciono questi ragazzi?
«Per me ormai sono già giocatori pronti. Quello con cui ho più confidenza è Musetti, con il quale mi capita di allenarmi. A Roma abbiamo giocato il doppio insieme, lui mi chiede – tra virgolette – anche dei consigli. Ha il talento, è ancora molto giovane, deve crescere: quella è la sua fortuna…».
Fognini che parla come un vecchio saggio: non ci si crede...
«Questo periodo ti fa pensare, è un momento strano. Ci sono sempre alti e bassi. Ora paradossalmente sto facendo fatica sulla terra rossa, la superficie che a me ha sempre dato ottimi risultati. Ma bisogna accettarlo, cercare di vedere le cose positive. Qualcosa si raccoglierà».
E per lei prima c’è la famiglia.
«La mia priorità. Ah, lo dico subito: a Federico piacciono i cavalli e il calcio. Se usa la racchetta è solo con gli amichetti».
Quindi, tutto sommato, il bilancio di una vita è a posto. L’unico neo della carriera resta quel suo parlare troppo in campo.
«Già, parlo tanto in campo e parlo poco fuori. Questo è stato un errore della mia carriera e, avessi dieci anni di meno, cercherei di correggerlo.
Ma adesso, a 34 anni, cosa vuoi cambiare? Io non sono di quelli che pensano che non è mai troppo tardi».
Non si è fatto conoscere appieno.
«Sì, esatto. Ripeto: ho sempre dimostrato le mie debolezze, il mio carattere che è questo. Quindi è giusto che la gente parli per quello che vede, lo accetto. Peccato solo che non tutti abbiano potuto avere la fortuna di capire davvero chi sono e la mia colpa è di non averli avvicinati più di tanto. Ecco, questo lo ammetto».
Un’ultima novità c’è, però: il cambio di coach, da Corrado Barazzutti ad Alberto Mancini.
«Avevo bisogno di un team più strutturato, e io in passato ho sempre lavorato con spagnoli e argentini. Ma Corrado mi ha aiutato in un periodo difficile, anzi è l’unico che mi ha aiutato se vogliamo proprio dirlo.
Con Alberto ci conoscevamo, lui già sapeva su cosa lavorare con me. E poi è italianissimo: ha vinto Roma…».
Nutre delle aspettative per Parigi?
«No, non ne ho. Così almeno non mi creo delle ansie. Ho iniziato molto bene l’anno, ma adesso siamo con le ruote nel fango e bisogna uscirne a testa alta. In questo momento ci sono altri tennisti davanti, è giusto parlare di loro: io tento di giocarmi le mie carte nel miglior modo possibile».
Quindi, quali gli obiettivi?
«Cerco di giocare bene Parigi e Wimbledon e poi trarremo le conclusioni: in fondo il mio fisico inizia a essere un po’ stanco».
Cos’è, un messaggio in codice?
«No, nulla di definitivo. Voglio solo cercare di prepararmi al meglio per gli appuntamenti: c’è l’Olimpiade, per esempio. Vorrei esserci, ma vediamo».
Prima di Parigi è passato per l’esibizione dell’UTS di Mouratoglou: che ne pensa delle possibili nuove regole che vengono sperimentate nel tennis?
«Venisse abolita la seconda palla di servizio sarei numero 1 al mondo! No, scherzo. Però qualcosa dovrà cambiare, da qui a breve, perché sennò il tennis diventerà, per quanto mi riguarda, molto noioso e io non lo guarderò sicuramente in televisione. Non so se questo sport sia gestito da conservatori ma giocarlo su tre colpi a me non piace, è solo una questione di forza e basta. E non va bene».