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 2021  giugno 02 Mercoledì calendario

Trattare ogni imputato, anche il più esecrabile, come se fosse una persona

Come è brava Maria Falcone, sorella di Giovanni, che a proposito della scarcerazione per fine pena del killer seriale Brusca dice: “Umanamente mi addolora, ma questa è la legge, una legge che per altro ha voluto mio fratello e va rispettata”. È una frase perfetta, disegna con semplicità e chiarezza la differenza tra il ruolo della legge e i sentimenti delle parti in causa. Proprio perché questi sentimenti sono fortissimi, le offese tremende, il dolore una voragine incolmabile, esiste la legge. Serve a sollevare le vittime dei delitti dal peso della vendetta, che della giustizia è l’antenato primitivo, la scimmia che ancora non ha sviluppato discernimento. Per questo la giustizia è spesso impopolare. Ricordo ancora lo sgomento (anche mio) per la condanna blanda – 21 anni, massimo della pena in Norvegia – del più disgustoso criminale della storia europea recente, quel Breivik, suprematista bianco, autore di una mattanza di ragazzini per puro odio politico.
Settanta figli inermi uccisi come pecore. Una merda d’uomo, pensai e penso ancora: sparò con metodo, per ore, da quel boia nazista che è. Ma la legge norvegese prevede un trattamento rispettoso anche per uno come lui. Perfino per uno come lui. L’abietto non deve essere trattato con abiezione: e a ben vedere negare all’abietto l’abiezione è il solo vero modo per non confondersi con lui. Brusca non è peggiore di Breivik: è un massacratore di inermi tanto quanto lui. O li si impiccano alle querce, quelli come loro, o li si lapidano, o li si fanno squartare dai cavalli; o li si tratta secondo il dettato dei codici, considerando ogni imputato, anche il più esecrabile, come se fosse una persona. Lui forse non se lo merita.
La società, sì.