la Repubblica, 2 giugno 2021
Putin e il metodo Lukashenko
Stavolta non c’è stato neppure bisogno di dirottare il volo. L’aereo della compagnia di bandiera polacca Lot, in partenza dall’aeroporto Pulkovo di San Pietroburgo con destinazione Varsavia, era in fase di rullaggio quando lunedì sera agenti di polizia e dei servizi russi sono saliti a bordo per prelevare Andrej Pivovarov, direttore esecutivo dell’oramai defunta organizzazione Otkrytaja Rossija (Russia Aperta, anche nota come Open Russia). Ad appena una settimana dall’arresto di Roman Protasevich, fermato insieme alla fidanzata Sofia Sapega dai servizi bielorussi dopo che il loro volo Ryanair Atene- Vilnius era stato dirottato su Minsk, il leader del Cremlino Vladimir Putin non solo ha ricevuto il “dittatore” bielorusso Aleksandr Lukashenko a bordo del suo yacht a Sochi rinnovandogli il sostegno, ma ne ha anche replicato i metodi. «Ci sono ancora dubbi che Putin e Lukashenko siano fatti della stessa pasta?», ha commentato amaro l’ex oligarca in esilio Mikhail Khodorkovskij, fondatore di Open Russia. La deriva preoccupa l’Occidente. Il ministro degli Esteri polacco Piotr Wawrzyk ha protestato: «Azioni tali non possono essere compiute nei Paesi democratici». E nella bozza della dichiarazione finale del vertice bilaterale che si terrà il 15 giugno, alla presenza di Joe Biden, Ue e Usa sollecitano la Russia «a cessare la sua costante repressione della società civile, dell’opposizione e dei media indipendenti». Mentre il segretario della Nato Jens Stoltenberg, che ieri ha presieduto il vertice dei ministri degli Esteri e della Difesa dell’Alleanza, ha avvertito Mosca che «approfittare della situazione politica per ulteriormente interferire in Bielorussia sarebbe inaccettabile».
Trentanove anni, già in prima fila nel Partito della libertà popolare Parnas, varie candidature respinte alle elezioni locali e decine di arresti alle spalle, Pivovarov guidava Open Russia dal 2018. Ma solo pochi giorni fa, il 27 maggio, ne aveva annunciato lo scioglimento. Obiettivo: proteggere i suoi attivisti dai procedimenti penali previsti dagli emendamenti alla legge sulle “organizzazioni non gratae” presentati il mese scorso. Un destino comune a diversi movimenti dell’opposizione russa, sempre più assediata in vista delle parlamentari di settembre. Ieri, ad esempio, sono state perquisite abitazioni e uffici dell’ex deputato Dmitrij Gudkov. Mentre la Fondazione anti-corruzione (Fbk) di Aleksej Navalnyj, l’oppositore sopravvissuto all’avvelenamento (in aereo) e condannato a due anni e mezzo di carcere, era già stata costretta a cessare ogni attività perché considerata “organizzazione estremista”. Tanto che ieri Anton Barbashin, direttore di Riddle Russia, ha sottolineato: «Non c’è più un’opposizione non sistemica in Russia, siamo tornati ai buon vecchi dissidenti» A differenza del bielorusso Protasevich, Pivovarov non figurava in nessuna lista di ricercati. Il comitato investigativo ha dichiarato che l’oppositore è stato incriminato per «partecipazione alle attività di una Ong straniera riconosciuta come non grata», accusa punibile con sei anni di carcere, ed è stato arrestato mentre «cercava di fuggire» dal Paese. «Volevo andare in vacanza», ha invece scritto lui su Twitter prima di essere trasferito a Krasnodar, nel Sud della Russia, dove è stata aperta l’inchiesta. Intanto a Minsk un nuovo drammatico caso: Stepan Latypov, uno dei 450 “detenuti politici” del regime, nel bel mezzo di un’udienza, si è infilzato il collo con una penna. Vogliono che mi dichiari colpevole, aveva detto poco prima al padre, o vi metteranno tutti in galera.