Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  maggio 11 Martedì calendario

Biografia di Vincenzo Mineo

Vincenzo Mineo (1960-2021). «Mineo è stato il primo ad avere le chiavi dell’aula bunker dell’Ucciardone dove si celebrò il maxiprocesso alla mafia: era la memoria storica di quell’evento giudiziario. L’ultimo post di Vincenzo Mineo era stato ieri in tarda mattinata. Scherzava, con la consueta ironia: “E fuori Palermo no, in centro un casino, a Mondello una follia, il prato del Foro Italico off limits, la Cala affollata.... Grazie a tutte le autorità. Ma io mi infratto”. Mineo - cancelliere di Corte di assise a Palermo, andato in pensione nel 2018 - conosceva ogni angolo del “bunker” ma era anche la memoria storica del palazzo di giustizia di Palermo e del “bunkerino”, le stanze blindate dove Falcone e Borsellino imbastirono le migliaia di carte che poi furono utilizzate al maxi processo. Era anche una “sicurezza” - una sorta di Virgilio, nel ruolo che ebbe quest’ultimo per Dante nella Divina Commedia - per i tanti cronisti di “giudiziaria” che frequentavano il tribunale: mai una parola fuori posto, sempre disponibile, una soluzione la si trovava sempre magari con qualche parola di conforto per i giornalisti più giovani, spaesati tra marmi, lunghi corridoi e tante porte chiuse […] Vincenzo Mineo si insediò nell’aula bunker dell’Ucciardone alcuni giorni prima dell’apertura del maxiprocesso. Fu proprio lui, alla vigilia del dibattimento, ad accompagnare alcuni giornalisti fra i 500 accreditati da tutto il mondo in una visita guidata della struttura. L’aula era stata costruita in appena nove mesi e dotata delle più avanzate tecnologie, tra cui una sala adibita alla registrazione. Mineo disponeva di una collezione di chiavi e di codici per accedere in tutti i punti della struttura. Il trasferimento degli atti (oltre 600mila fogli che presto avrebbero superato il milione e altri supporti informatici) venne completato a poche ore dall’inizio del dibattimento. “Il 9 febbraio 1986 - ricordava Mineo - tutta la squadra che componeva la segreteria e la cancelleria restò nel bunker fino alle 3 di notte. Il giorno dopo l’aula e le gabbie si sarebbero riempite di imputati, avvocati, giornalisti, poliziotti, carabinieri. Era necessario quindi controllare che tutto fosse a posto. E tutto funzionava a dovere”. Mineo era naturalmente in aula quando il 16 dicembre 1987 il presidente Alfonso Giordano lesse per un’ora e mezzo il dispositivo della sentenza: 19 ergastoli e 2665 anni di reclusione. “Il mio lavoro non finisce qui”, disse. Proseguì infatti in tribunale, dove tutto era cominciato». [Rep]. Morto per un malore improvviso.