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 2021  maggio 03 Lunedì calendario

Biografia di El Cordobés (Manuel Benítez Pérez)

El Cordobés (Manuel Benítez Pérez), nato a Palma del Río, Spagna, il 4 maggio 1936 (85 anni). Torero. « El Cordobés entra nell’arena impettito, cammina strascicato, rigido. Sembra distratto e indifferente. Porta i capelli lunghi e abilmente scompigliati, con ciuffi che si rovesciano da ogni lato. Non è una pettinatura torera, la sua, e non si può toreare bene con quella pettinatura, una pettinatura spettinata che nessun torero ebbe mai. Certo, El Cordobés è molto bello, anche se il “vestito di luci” non si addice al suo corpo. Ha un sorriso feroce. Ridere bene, ridere male, sorridere non sorridere, sono cose che contano, per un torero. El Cordobés ride da far paura. Però questo suo ridere sembra non contare, ai fini dell’indispensabile mito. Conteranno forse le cornate, tutte le cornate e tutte le ricuciture che hanno fatto del ventre di El Cordobés una graziosa salvietta a punto croce? No, le cornate non fanno leggende perché un grande torero può morire di cornate, ma non deve vivere di cornate. Né, per un torero, conta il coraggio. El Cordobés è molto coraggioso, ma è normale che un torero sia molto coraggioso, giusto come è anormale che sia pauroso. Per questo, come s’è visto, sulla paura di un torero può fiorire il mito che al coraggio non si concede» [Max David, Volapiè].
Titoli di Testa «Aveva l’unica cosa che serve per fare il torero: la fame» (Tico Medina, giornalista spagnolo).
Vita Ultimo figlio di un’umile famiglia, è rimasto orfano a cinque anni, prima della madre, poi del padre. Questo padre, afflitto da una tubercolosi contratta in galera, era stato imprigionato per essersi offerto volontario all’esercito repubblicano durante la guerra civile. Cresciuto dalla sorella maggiore Angelina, Manuel e il suo amico Juan María Horrillo Chacón si improvvisano ladri di galline per sfamarsi • Determinato a non vivere più nella miseria, Manuel muove i suoi primi passi da torero bazzicando la fattoria dove pascolavano i tori di Don Félix Moreno Ardanuy • Per dare sfogo alla sua passione a 18 anni si trasferisce a Madrid. Fa il muratore poi si arruola • Frequenta le corride di Córdoba, Aranjuez e Madrid dove, pur di farsi notare, si lancia letteralmente nell’arena come espontaneos • Manuel che aveva ereditato da suo padre il soprannome di El Renco, nelle sue prime avventure con i tori si faceva chiamare El Palmeño, in ricordo della sua città natale • Il primo successo arriva il 15 agosto 1959 in Plaza de Talavera de la Reina, quando si alterna con Carlos Barroso nella corrida di Mariano García. Un mese dopo, il 13 settembre, si esibisce a Loeches con Manuel Gómez Aller, ma un toro ferisce tutti e due. Ricoverati in ospedale in letti vicini, pochi giorni dopo Manuel vedrà morire il suo compagno • A sollevargli il morale pensa Rafael Sánchez El Pipo, già manager del Manolete, che in questo ragazzo vede un diamante da lucidare. Raggiungono un accordo e Manuel va a toreare a Salamanca • Il 27 agosto esordisce per la prima volta in una corrida con i picadores. Nel manifesto viene annunciato come El Cordobés. A tre tori del bestiame di Juan Pedro Domecq, taglia quattro orecchie e la coda • Durante la stagione 1960, essendo ancora un novillero (torero novizio), attira l’attenzione di tutta l’Andalusia. Non è la sua bravura a colpire ma il suo coraggio, la sua audacia, accompagnati dalle sue buffonate e acrobazie come il “salto della rana” o baciare il toro tra le corna. E, grazie a una piccola emittente televisiva appena nata, conquista la Spagna e attira folle straordinarie • «La prima volta che vidi El Cordobés fu nell’aprile del 1961, ad Almodovar-del-Rio, una piccola arena ai piedi di un castello arabo. La nuova figura locale, preceduta da una pubblicità spudorata, non aveva l’arte della tauromachia. Il suo gioco del mantello era rudimentale, si aggrovigliava nei passaggi, evitava il toro con contorsioni dell’ultimo minuto. Incosciente del pericolo, subiva tremendi spintoni che provocarono grida di terrore dalla folla. Il peggio erano stati i suoi colpi che, a ogni colpo di spada, lo facevano volare in aria. Insanguinato, il suo vestito leggero strappato, aveva finito la corrida senza un solo orecchio e con il corpo pieno di ferite. Ma, al momento dell’uscita, l’entusiasmo del pueblo era indescrivibile. Bastavano il suo volto dalla mascella pesante, i suoi capelli sul naso, la sua andatura ondeggiante per fare impazzire gli spettatori. Incarnava quell’intrepidità che proibisce a qualsiasi spagnolo di indietreggiare di un centimetro di fronte al pericolo» [Jean Lacouture, Le Monde] • Diventa matador de toros nel 1963 • Ai cronisti che gli chiedevano: «Ti piace avere un conto in banca?» rispondeva: «Preferirei saper fare la mia firma sotto gli assegni». Era rimasto analfabeta • El Cordobés, tra un successo e un trionfo, si mette a studiare. Impara a scrivere e studia le lingue. Viene persino nominato consigliere di una banca, della piccola banca alla quale ha versato quaranta milioni di pesetas, (quasi mezzo miliardo di lire). Poi compra fattorie, alberghi, ville con piscina, allevamenti di bestiame, aeroplani per trasferirsi da una città all’altra durante la stagione delle corride, un centinaio all’anno • Nel 1965 ha combattuto in 111 corride, battendo il record di una sola stagione di 109 stabilito da Juan Belmonte nel 1919. Nell’agosto 1965 uccide 64 tori (un record per un mese) e si ritiene che gli siano stati pagati 35.000.000 di pesetas (circa 600mila dollari) • Tra i suoi ammiratori anche Orson Welles, Jacqueline Kennedy e Ringo Starr • «Un giorno, un’arena si era riempita di cuscini lanciati dagli spettatori, per protesta, contro El Cordobés. Il giorno successivo, a Cordoba, e per la prima volta nelle cronache delle corride, un gruppo di ragazze, vestite da maletillas, aveva invaso l’arena per portare in trionfo El Cordobés, secondo un’antica consuetudine degli aficionados la quale prevede, appunto, la salida a hombros, l’uscita sulle spalle, del torero vittorioso. Non si erano mai viste, da quando la Spagna esiste, delle ragazze travestite da “fagottini”, ma anche la Spagna cammina, e le giovinette di Cordoba volevano ricordare a El Cordobés i primi anni della sua fulminea carriera. Anche El Cordobés era stato “fagottino”, ma si era fatto subito largo. Novigliero, cioè: torero di vitelli, nel 1960, il “califfo” (sono detti “califfi” tutti i grandi toreri nati a Cordoba, da Guerrita in poi e El Cordobés sarebbe il Califfo IV)» [David, cit.] • «Davanti a lui i tori non finiscono mai di morire, perché El Cordobés è scadente con la spada e spesso gli capita di dover “entrare” quattro o cinque volte prima che l’animale rimanga con le gambe in su» [ibid] • «Osservate come torea male El Cordobés. Troppo mobile sulle gambe, troppo rigido coi polsi, scomposto con le braccia, disordinato con le idee. Ora lo fischiano, ma senza cattiveria. El Cordobés ride. Ma che strano modo di ridere. Mette paura. Osservate come torea bene El Cordobés. Un ciuffo di capelli sugli occhi, la muleta ariosa nella mano sinistra e una stizza e un furore e una subitanea voglia di sacrificio che gli fanno vibrare tutto il corpo rinchiuso in un vestito di luci già sporco di sangue. Il suo sangue, o quello del toro, non si vede bene. C’è sempre del sangue sul vestito di luci del Cordobés, ma va a capire di chi è quel sangue. Lui ride spaventosamente. El Cordobés non torea; lotta, combatte, si azzuffa, fa a pugni e finalmente ride, ride a lutto. Non si può infierire con cattiveria, contro un torero che ride a lutto. Ed io penso (e l’opinione forse non sarà condivisa dagli spagnoli) che il pubblico non riesca, a malincuore, ad essere cattivo con El Cordobés perché in lui, torero scadente, ritrova tuttavia il “tremendismo” goyesco che solo è rimasto nelle acqueforti della Tauromaquia. Per me, El Cordobés è un altro Martincho, e non vorrei che El Cordobés se ne fosse accorto e ora intendesse far suo quel mito» [David, cit] • Nel 1972 si ritira per tornare nel 1979. Due anni dopo abbandona di nuovo quando uno espontaneos si lanciò nell’arena in una delle sue famose corride, precisamente nell’arena di Albacete. Si chiamava El Chocolate, il toro però lo prese in pieno e lo incornò al collo e il giovane morì • Tornerà nell’aprile 1986 a Las Ventas di Madrid sotto l’occhio vigile del suo grande amico Julio Iglesias. Il giorno prima furono ricevuti a La Moncloa dall’allora primo ministro Felipe González e anche nel 2000 ma dopo due gare si ritirò ufficialmente.
Cinema: Tra i suoi film L’implacabile Cordobés (1962), La grande arena (1963) e Europe Here We Come! (1971).
Amori Tra i suoi amori: l’attrice Geraldine Chaplin, la milionaria americana Barbara Hutton, l’attrice italiana Lea Massari, la bella Raquel Welch, la cantante francese Dalida, che gli ha anche dedicato una canzone. Tuttavia, solo una donna è riuscita a portarlo all’altare, l’attrice francese Martina Fraysse. I due si sono sposati nel 1975. Già prima del matrimonio, «la pantera», così la chiamava El Cordobés, gli aveva dato tre figli: Isabel, Manuel e Rafael. Altri due, Martina e Julio, arrivarono dopo. Nel 2016, dopo quasi 50 anni di vita di coppia i due divorziano • El Cordobés ha avuto almeno altri due figli, María Ángeles Raigón e Manuel Díaz. Nonostante la somiglianza lampante di quest’ultimo, El Cordobés non ne voleva proprio sapere di riconoscerlo. Così nel 2016, a 47 anni, Manuel Diaz lo ha portato in tribunale sostenendo che aveva avuto una breve relazione con sua madre, Dolores Diaz, quando questa lavorava come cameriera in casa di alcuni suoi amici che l’avevano ospitato. Quando il test del Dna ha confermato la paternità, El Cordebes s’è dovuto arrendere. Dal canto suo Diaz, anche lui torero, ha fatto sapere che non vuole l’eredità del padre ma solo il nome, un nome «che mi rende fiero».
Titoli di coda «Stasera ti farò ricca, o porterai il lutto per me» (a sua sorella Angelina).