Corriere della Sera, 1 giugno 2021
M5S, guerra intestina
Le critiche più feroci al grillismo arrivano sempre più dall’interno, e non dall’esterno del Movimento Cinque Stelle. Certificano una frattura tra chi è nella maggioranza e chi ne è rimasto fuori che la rende definitiva. E tradisce la frustrazione di quanti col governo di Giuseppe Conte si sentivano pezzi del sistema, influenti e convinti di condizionare le scelte da protagonisti. All’inizio, i nostalgici hanno cercato di velare la delusione per la perdita di Palazzo Chigi, sostenendo che l’esecutivo guidato da Mario Draghi era la brutta copia del precedente. Adesso, invece, accusano il premier di smontare la struttura messa in piedi da Conte: il Draghi «continuista» è diventato picconatore. E, di colpo, è spuntata una lista di recriminazioni contro i ministri del M5S; contro l’ex garante Beppe Grillo; contro i vagiti di garantismo giudiziario del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, reo di avere ammesso la strategia della gogna utilizzata per anni. E, come corollario di questo atto di accusa, si chiede l’uscita dal governo. Avere scommesso sul fallimento della campagna per le vaccinazioni si è rivelato un abbaglio. E ugualmente miope è stato il tentativo di offrire di Draghi una caricatura come leader. Questa sconnessione dalla realtà ha rivelato una visione tutta rivolta al passato; e accentuato la sensazione di un’incapacità di archiviare una fase e di fare i conti con quella apertasi col governo Draghi: un limite che diventa irrilevanza nelle scelte. La presenza virtuale di Conte come capo, ancora nel limbo, ne è l’emblema. Il risultato sono le bordate che arrivano dai grillini esclusi dai ministeri o furiosi per l’autocritica di Di Maio: anche se probabilmente l’irritazione, assai meno nobile, nasce dalla caduta delle roccaforti nei servizi segreti e in alcune aziende a partecipazione statale. Si tratta di un processo di smantellamento degli equilibri precedenti, reso necessario dai ritardi e dai fallimenti della coalizione giallorossa M5S-Pd, in particolare per alcune figure selezionate dai Cinque Stelle; e facilitato dallo sgretolamento interno del Movimento, che al momento sembra inarrestabile. È uno sfondo che mostra l’intera nomenklatura populista su posizioni di pura resistenza; e di rifiuto di cambiare e aggiornare una cultura messa in mora dalle sue stesse contraddizioni. Eppure, ieri dalla Campania è arrivato un nuovo colpo a un totem del Movimento: il reddito di cittadinanza. La Guardia di Finanza ha denunciato per truffa 298 persone. Al momento, il M5S continua a difendere la misura, sebbene l’assenza di controlli e gli abusi finiscano per danneggiare anche chi ne ha diritto e bisogno. Ma così finirà per essere solo l’ennesima battaglia di retroguardia.