Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  maggio 30 Domenica calendario

Patrizio Oliva, dalla boxe al palcoscenico

«Salire sul palcoscenico è come entrare nel ring. Le paure sono le stesse». Parola di Patrizio Oliva, 62 anni, medaglia d’oro alle Olimpiadi e campione del mondo. Un volto che incarna Napoli e la sua inesauribile curiosità per la vita. Lasciato il quadrato del professionismo ormai da 29 anni, l’ex pugile riappare a teatro, protagonista del recital «In tre Round». Venerdì il debutto, negli ariosi spazi di Pietrarsa, il museo della Ferrovia. «Ho una certa età e diciamo che di esperienze ne ho fatte», racconta sorridendo l’atleta diventato attore. «Quando combattevo, sapevo di portarmi la morte a braccetto. Un errore può rovinarti. E il cuore batte a mille. Ma poi il gong si portava via le paure. Stessa cosa poco prima del debutto: l’ansia aumenta. Ma sono sensazioni positive, aiutano a concentrarsi. Poi si accendono le luci, scompare tutto, si va in scena». 
Chiusa la carriera con 155 match disputati e 150 vittorie, dopo aver guidato da commissario tecnico la nazionale olimpica, Oliva ha cominciato una seconda vita, fatta anche di incursioni nel mondo dello spettacolo. Il dramma che ora porta a Napoli è tratto dal suo libro di memorie, Sparviero, la parabola esistenziale dello scugnizzo di Poggioreale diventato campione. Lo spettacolo è stato scritto dal nipote Fabio Rocco Oliva, per la regia di Alfonso Postiglione. 
Uno dei momenti culminanti è dedicato a Ciro, il fratello scomparso a soli 15 anni, quando il futuro campione non ne aveva ancora compiuti tredici. «Tutti gli sforzi, la fatica, il dolore, tutto quello che ho fatto nel pugilato sono consacrati a mio fratello. Quando diventai campione del mondo, e mi sentirono urlare il suo nome, tutti pensarono a mio figlio. Invece no, era per mio fratello Ciro, che in qualche modo è sempre rimasto accanto a me». Oliva sul palco si presenta bambino, adolescente e infine campione, ormai adulto. L’unico altro personaggio in scena è sua madre Catena, interpretata da Rossella Pugliese: «I miei genitori sono stati fondamentali per me, mi hanno indicato una strada». 
Seguendola si è tenuto al riparo dai rischi di una città violenta. Provarono ad arruolarlo nell’esercito della camorra, ma lui rifiutò: «Ero giovanissimo ma già combattevo, ero un pugile promettente. E allora venivano da me, mi dicevano: vieni con noi, facciamo una rapina, diventiamo ricchi. Li ho sempre ignorati, avevo lo sport e i miei ideali mi hanno salvato».  
La Palextra Milleculure, che ora gestisce a Napoli con altri campioni, è un punto di riferimento per i giovani del vicino Rione Traiano, un quartiere difficile alla periferia occidentale della città: «Svolgiamo un ruolo sociale». Due settimane fa, ha riaperto i battenti dopo lo stop imposto dalla pandemia. Per l’ex pugile lo sport è prevenzione, e va praticato «come una forma di rispetto nei confronti del nostro corpo». Nello spettacolo di Pietrarsa appare spesso a torso nudo, facendo mostra di una muscolatura ancora tonica: «Faccio almeno un’ora di preparazione al giorno. E mi diverto a incrociare i guantoni sul ring, con i ragazzi». 
Qualche giorno fa l’ex campione ha ricevuto la telefonata di un suo vecchio allievo che gli comunicava di aver intrapreso la lettura di Aristotele. «Quando l’ho conosciuto non parlava una parola d’italiano e andava in giro col coltello e il tirapugni», ricorda il maestro di boxe. «Così un giorno lo invitai a sfidare un suo compagno. Ma sul ring mi presentai io. E gli urlai: ora combatti. “Maestro, non è corretto quello che fate”, mi disse. Ma perché, è corretto quello che fai tu?». Ad Oliva bastò mostrarsi coi guantoni e lo sguardo truce. Il suo allievo capì. «Da allora cambiò, si appassionò ai libri che gli consigliavo, ora è un social manager. E naturalmente continua a leggere. Come me, adora la filosofia».