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 2021  maggio 29 Sabato calendario

Su "Alabama" di Alessandro Barbero

Una conversazione nelle fitte pagine di un racconto sul passato; due i piani che accompagnano il lettore dentro una vicenda sconosciuta. Il primo riguarda i protagonisti del colloquio: un soldato dell’esercito del Sud durante la guerra di secessione americana e una giovane studentessa curiosa, alla ricerca di una verità sepolta nelle pieghe della storia. Un romanzo che s’immerge in una dimensione lontana per cercare i fili di lungo periodo, le premesse di un’America che sembra perduta e sepolta per sempre, per poi tornare a galla nelle forme più o meno rivisitate delle conflittualità contemporanee, questo èAlabama di Alessandro Barbero (Sellerio).
Spettri che si muovono senza controllo e senza tempo, un nastro che si riavvolge, quello più ambiguo e sanguinario: il razzismo radicato, la supremazia che diventa sistema, le radici dell’odio e dell’intolleranza nel processo di costruzione di una nazione. La conversazione tra Dick Stanton, unico testimone di un eccidio efferato, e la sua intervistatrice puntigliosa è anche un confronto tra mondi e aspirazioni, tra generazioni e punti di vista. Quella verità scomoda e irrisolta diventa una ricerca comune per chi volge lo sguardo indietro verso anni e decenni lontani interrogandosi sulle premesse di una convivenza lacerante. È il filo delle memorie il secondo piano sul quale scivola la curiosità del lettore: più si avvicina la rivelazione di una verità imbarazzante, più sembra possibile far luce su tornanti oscuri del passato e più entrano in relazione e connessione i mondi dei due protagonisti, le generazioni distanti di un itinerario controverso. Quando i punti si toccano, quando si arriva all’incontro atteso tra la curiosità della studentessa e la ricostruzione del soldato la storia diventa una trama comune, una percezione condivisa e irriducibile. Persino i tratti più ingombranti e oscuri emergono con chiarezza: la studentessa ha trovato il filo di un ragionamento incerto e carico di dubbi; il soldato si è finalmente liberato da quel groppo che si portava dentro, come una zavorra insopportabile. Nel perimetro dei ricordi la storia può aiutare a far luce sulle sue ambiguità, sui suoi lati indicibili e talvolta incomprensibili. Non si tratta di un percorso facile: «La ragazza era stanca, ma finché il vecchio andava avanti non voleva certo fermarlo. Arriverà mai a parlarmi di quel che voglio sapere? pensava con impazienza. E se non lo farà, cos’è che farò io? Glielo chiederò così, come se niente fosse? Mi racconti com’è che dopo la battaglia avete ammazzato quei negri, anche se erano disarmati e imploravano pietà?». Una strage impunita e dimenticata, senza tracce né responsabili: «Ma sappia che non gliene parleranno. Lei crede che si vergognino? aveva mormorato la ragazza. Ma il professore scosse la testa. Oh no, disse. Non credo affatto che si vergognino. Credo che se ne siano dimenticati».
L’oblio cancella e rimuove, rende ogni ricerca più complessa e delicata. I dubbi della ragazza diventano lo specchio per interrogare chi vuole farsi giustizia da solo, chi non riconosce autorità e poteri, chi cerca invano nelle pagine di una bibbia intonsa le ragioni della proprie scelte: «Forse, pensò, aveva ragione il professore, se n’è dimenticato davvero. Poi, però, ricordò quel che aveva letto, quando s’era preparata a quell’intervista, sui libri di psicologia: che i vecchi possono dimenticare tutto quel che è accaduto di recente, ma i fatti della loro giovinezza li ricordano come se fossero accaduti ieri; anzi, per loro sono davvero accaduti ieri, tutto quel che è capitato nel frattempo è come se non ci fosse mai stato. E d’improvviso ebbe la certezza che il vecchio si ricordava benissimo di quei negri. Ci sta solo girando intorno, pensò. Domani ci arriverà».
Un traguardo che conclude il racconto e la conversazione tra i due, l’attesa si era caricata di aspettative mentre una donna di colore entrava nella stanza per sbrigare faccende domestiche. Il soldato cerca le parole giuste, sa che non può prendersi altro tempo: «Se le ho detto che me lo ricordo! Mi ricordo tutto benissimo, mi basta chiudere gli occhi e lo rivedo, come se fosse ieri, sissignora». E le parole diventano macigni, anche nella conversazione tra loro: «Il silenzio che c’è in quei momenti, chi non è mai stato in battaglia non se lo può neanche immaginare». I pensieri della ragazza seguono il filo della memoria: «E così ha cominciato a raccontarmi la battaglia. Bene, c’è voluto solo un giorno per arrivarci, chissà quanto ci metterà per raccontarmela tutta? Perché quei negri devono averli ammazzati alla fine. Ammazzare. Eh già, è di questo che si tratta, alla fine. E loro l’hanno fatto, lo sapevano fare, e chissà, forse gli piaceva farlo». Un dialogo, la ricerca di una verità, un confronto difficile, quasi impossibile: «Il vecchio parlava, ma la ragazza non lo ascoltava più».