Il Messaggero, 29 maggio 2021
Intervista a Nicola Piovani
Questa è una storia di amorose presenze che non si cancellano mai dalla testa. Una conversazione continuamente interrotta tra fratelli che si sono dovuti salutare ma che ancora dialogano. È la cronaca di battaglie personali contro la malattia. Una vicenda intima che diventa dedica e metamorfosi. Ce la racconta il premio Oscar Nicola Piovani alla vigilia della ripresa dei suoi pericolosi concerti: oggi alle 20 al Trianon Viviani di Napoli. Con la testa ancora immersa nelle prove di un’opera lirica tratta dal testo dell’amico Cerami, e l’aria sbarazzina di chi durante la pandemia ha ascoltato anche le canzonette.
Maestro Piovani, lei ricomincia stasera dal vivo nel teatro diretto da Marisa Laurito. Il titolo del suo concerto rimane La musica è pericolosa. Quali nuovi tributi?
«La musica è pericolosa si basa su una struttura molto elastica: suono il pianoforte e narro. I tempi cambiano e uno spettacolo realmente teatrale non può non tenerne conto. Il primo debutto è stato a Ravenna l’11 luglio 2015: c’erano Obama alla Casa Bianca, Totti e De Rossi nella Roma di Garcia, a Roma erano aperte molte edicole, e non c’erano monopattini in giro. Il #MeToo era di là da venire. Tanti fatti sono accaduti da allora, mutazioni veloci del costume, e uno spettacolo dal vivo ne viene condizionato fatalmente. Ci saranno sempre le immagini e i ricordi di Fellini, De Andrè, Magni e tanti altri a tenermi compagnia in scena, oltre ai miei musicisti, naturalmente».
La sua opera lirica Amorosa Presenza inaugurerà la prossima stagione del Teatro Verdi di Trieste, il 21 gennaio 2022. Per il suo amico fraterno Vincenzo Cerami chi era l’amorosa presenza e cosa è diventata adesso per lei?
«Era il 1978 quando cominciai a pensare al progetto dell’opera Amorosa presenza. Vincenzo mi raccontò il soggetto del romanzo che stava scrivendo e io me ne entusiasmai. Dovevo scrivere un’opera per un teatro di Atene, e cominciammo subito a lavorare insieme alla struttura di un libretto. Otto anni dopo la sua morte, quell’amorosa presenza rivive anche grazie a sua figlia Aisha. All’inizio mi sono sforzato di ricordare quelle nostre lontane conversazioni, le parole, le suggestioni. Ma ben presto mi sono accorto che era impresa troppo solitaria e ho chiesto aiuto».
Quali mondi porta Aisha Cerami nella composizione del libretto?
«Porta essenzialmente l’abilità di una scrittrice che conosce bene la materia, la storia e la poetica del padre, avendo al contempo dimestichezza con la metrica musicale».
Lei ha combattuto la sua personale battaglia contro il Covid 19. Quali segni ha lasciato nella sua vita?
«Il ricordo che ho di quelle cinque settimane in isolamento ospedaliero totale è oggi più angosciante del sentimento che provavo quando lo vivevo, quando lottavo per non abbandonarmi alla paura».
Durante le prove a Trieste, aveva dichiarato: finché in Italia ci sono tutti questi morti come si fa ad andare in scena? Come vive oggi la tensione tra la paura del contagio e il ritorno alla performance dal vivo?
«A Trieste abbiamo lavorato blindati, distanziati, tamponati. I cantanti dovevano intonare acuti con la mascherina. Ma dovremmo evitare di lamentarci metodicamente. Io mi rimbocco le maniche, inforco la mascherina e lavoro parecchie ore con orchestra, cantanti e copisti, ringraziando il cielo per essere sopravvissuto. E felice di poter stasera tornare a suonare, con il permesso degli scienziati».
Nelle sue più recenti composizioni si riflettono i conflitti nati dalla pandemia?
«Ho passato cinque settimane in isolamento, senza un pianoforte, una tastiera, senza poter fare musica. Ma ho avuto molte idee. Magari sono idee brutte, ma nuove per me. Già da stasera introdurrò qualche pezzo fresco di stagione».
Nelle lunghe settimane di solitudine, che tipo di musica ha ascoltato?
«Come sempre, gli adorati classici: da Bach a Shostakovich, da Coltrane a Miles Davis. Mi sono anche incuriosito per i nuovi rapper e trapper. Li ho ascoltati con attenzione e ho capito che certa musica di successo non fa per me. Ma Colapesce e Di Martino sono molto spiritosi».