Corriere della Sera, 27 maggio 2021
Sergio Cammariere ricorda il cugino Rino Gaetano
«Ho sempre pensato che le canzoni di Rino Gaetano fossero come installazioni d’arte, capaci di meravigliare l’occhio e di ipnotizzare i sensi». Sergio Cammariere ricorda così un artista geniale che sapeva mescolare ironia e denuncia sociale, lasciando da parte la zavorra della retorica. Gaetano e Cammariere. Due artisti legati da un filo invisibile: entrambi di Crotone, stesso discografico (Vincenzo Micocci), stessi dubbi su Sanremo (entrambi poi sono arrivati terzi). E un nonno in comune a loro insaputa. Quel filo è diventato visibile solo nel 1996: «Ho scoperto che Rino era mio cugino solo 15 anni dopo la sua scomparsa – racconta il pianista e cantautore —, quando la mamma di Rino Gaetano mi fece una rivelazione sorprendente: “Io sono figlia di tuo nonno Francesco e sorellastra di tuo padre Salvatore”. Mio padre e sua mamma erano i figli di Francesco Cammariere, mio nonno quindi era anche suo nonno».
Era uno degli imprenditori agricoli più in vista di Crotone, molte relazioni extraconiugali, ma con eleganza perché si impegnava a riservare alle figlie femmine nate al di fuori del matrimonio una dote piuttosto ricca: «È una vicenda che risale agli anni Venti del Novecento e molti di quei misteri sono stati svelati solo dopo decenni. Ho scoperto che mio nonno era un uomo dagli appetiti sessuali evidentemente insaziabili perché ebbe non solo questo rapporto – diciamo illecito – fuori dal matrimonio. La sua storia potrebbe essere un film, una saga, tipo Beautiful: ancora adesso non so nemmeno quanti sono i parenti che ha disseminato in giro».
Originale e unico, estroso: qual è la forza di Rino Gaetano e di canzoni che sono entrate nella memoria collettiva? «Anche dopo la sua morte è come se le nuove generazioni abbiano percepito la sua sincerità, Rino era un artista che sapeva essere ironico ma riusciva anche a raccontare i depredati, i maltrattati, gli sfruttati: le persone ferite dalla vita. Le sue canzoni sono ancora vive, nell’aria, sono dappertutto, sono ormai dei classici». Per celebrarlo, in occasione del quarantesimo anniversario della scomparsa (morì nel 1981, a 30 anni, in un incidente stradale), c’è anche un libro, Rino Gaetano. Sotto un cielo sempre più blu di Michelangelo Iossa (edito da Hoepli) con prefazione proprio di Cammariere. Che se deve scegliere non punta sui brani più famosi: «I tuoi occhi sono pieni di sale e Ad esempio a me piace... il sud sono le canzoni che più sento sulla pelle, quelle più vicine alle mie corde: c’è la sua autentica connessione con il Mezzogiorno, con i colori della Calabria e con un Mediterraneo intenso e ruvido. Sono dei quadri che raccontano quella terra».
Profonde radici e destini che si incrociano più volte: «M’intenerisce pensare che quel cognome, Cammariere, fosse imprigionato anche nel dna del primo nome d’arte di Rino, Kammamuri’s, scelto in omaggio a un personaggio di Salgari. Mi piace pensare che il nostro cognome abbia contribuito alla scelta di quello pseudonimo».
Cammariere non ha avuto la fortuna di incontrare Gaetano nel corso della sua vita, ma ha deciso di riannodare i fili tra le loro storie: «Sto preparando anche un docufilm su questa vicenda che per me è stata una vera sorpresa, è il racconto della mia storia parallelamente a questa scoperta, un racconto familiare straordinario, fatto di tanti documenti e video casalinghi».
Del resto i due sembrano sempre viaggiare su due sentieri paralleli che si annodano a distanza di tempo. Come fu per Sanremo: «È risaputo che Rino non volesse andare al Festival; e poi c’era la questione che non volevano che portasse un brano polemico come Nuntereggae più. Per la verità nemmeno io volevo andare a Sanremo quando mi venne proposto, perché se il Festival ti va male sparisci per sempre dalla circolazione. Ma alla fine l’Ariston ha portato fortuna a entrambi: lui arrivò terzo con Gianna e io con Tutto quello che un uomo».
Una delle sue emozioni più forti è – ancora una volta – legata a Rino Gaetano: «Per 33 giri – Italian Masters (un programma di Sky Arte) sono riuscito a “duettare” con Rino sul master originale di Mio fratello è figlio unico: lui alla voce e io al pianoforte. In quel brano suonavo “per” mio cugino e “con” mio cugino, lo ascoltavo in cuffia e sentivo ogni piccolo graffio della sua voce, intensa e sgraziata. È stato un autentico viaggio nel cuore delle sue parole, nelle vene della sua scrittura e della sua interpretazione. È stato come entrare all’interno della sua musica, un’emozione da brividi: sono quelle magie che accadono solo con la musica».