La Gazzetta dello Sport, 27 maggio 2021
Biografia di Fabio Paratici
«Prima o poi andrò in un settore giovanile per stare fino alle sette di sera a vedere un ragazzino che stoppa bene la palla e a lavorare perché migliori». I tempi non sono ancora maturi. Fabio Paratici lascia la Juve dopo 11 anni (nel calcio, una vita) ma non faticherà a trovare un altro top club che lo tenga lontano dall’amato”vivaio”. Su questo giornale, in un’intervista di Walter Veltroni, aveva raccontato così la sua “ossessione” per il calcio, per lo scovare talenti, per “sentire” i giocatori che saranno grandi. Da lì è partito, ampliando negli anni palcoscenici e funzioni: la sua è una storia di un’ascesa quasi cinematografica, dai campi di C da giocatore fino alla foto con Ronaldo, per l’operazione più grande e impensabile della storia della Juventus.
Corsa e fermata
In bianconero era arrivato con Beppe Marotta nel 2010, dopo una lunga collaborazione con l’attuale a.d. dell’Inter iniziata alla Sampdoria. Ora lascia con 9 scudetti e 19 titoli totali in più, con un ruolo più centrale nel ristretto gruppo dei top club europei, con oltre 600 milioni di plusvalenze negli ultimi 5 anni, con una collezione di top player invidiabile. Se ne va senza la Champions e al termine dell’annata più difficile, iniziata con la chiusura precoce del rapporto con Sarri (ammissione del fallimento della svolta “giochista” di cui era stato grande sponsor) e continuata con il pasticcio dai risvolti giudiziari del caso Luis Suarez. In estate pensa al Pistolero, si trova senza spazio per extracomunitari, valuta la rincorsa alla cittadinanza, mette in piedi un esame di italiano che si trasformerà in un’inchiesta.
Metodi e colpi
L’affare Cristiano, impostato in prima persona con Mendes e poi presentato ad Agnelli («Temevo mi buttasse fuori dall’ufficio») divide la sua avventura in un “prima” e un “dopo”. Non solo per la ribalta internazionale che gli garantisce, ma anche per la separazione, poco dopo, con Beppe Marotta: un addio non indolore, con i rapporti fra i due mai riallacciati. Paratici è promosso a capo dell’area tecnica, aumenta funzioni, impegni, numero di telefonate e incontri. Il numero di ore di lavoro no, non può aumentare, perché il piacentino già prima toccava con facilità le 13 quotidiane. Abituato a giocare sempre su più tavoli, tenendo aperte molteplici soluzioni per ogni ruolo da coprire, Paratici ha contatti continui con una rete di intermediari e agenti che tocca ogni angolo d’Europa. Finché non è ufficiale con lui ogni operazione è in bilico, perché non esita a cambiare idea con frequenza (troppa, secondo i detrattori) e a nascondere le reali intenzioni dietro a “bugie” di mercato. Nemmeno il famoso foglietto lasciato al ristorante, con la lista degli acquisti, svela reali e completi progetti: tutto è in continuo mutamento. Dopo Ronaldo piazza De Ligt, la scorsa estate assicura il futuro con Chiesa e Kulusevski. Non tutto va da programmi, come il parametro zero Ramsey o i rinnovi di Rugani e Mandzukic. Il tourbillon porta a esigenze contabili e operazioni di ipervalutazione (Arthur), o a cessioni seguite a ripensamenti (Kean, Cancelo). I colpi migliori forse li piazza nella prima fase, quella in cui lo scouting e il mercato lo assorbono completamente: Pogba, Pirlo e Coman presi a zero, le scommesse vinte su Dybala (40 milioni per un 22enne del Palermo da 13 gol in A), Vidal e Morata, il coronato inseguimento a Tevez, le clausole pagate per Higuain e Pjanic. Lavora spesso col proprio contatto in scadenza e l’ultimo, da quasi 3 milioni, non sarà rinnovato: le storie finiscono, la passione non si esaurisce. Paratici ha 48 anni, il settore giovanile attenderà.