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 2021  maggio 27 Giovedì calendario

Biografia di Grazia Deledda

«Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese, e sogno di poter un giorno irradiare con un mite raggio le fosche ombre dei nostri boschi, di poter un giorno narrare, intesa, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri, così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza. Avrò tra poco vent’anni, a trenta voglio aver raggiunto il mio sogno radioso quale è quello di creare da me sola una letteratura completamente ed esclusivamente sarda. Sono piccina piccina, sa, sono piccola anche in confronto alle donne sarde ma sono ardita e coraggiosa come un gigante e non temo le battaglie intellettuali». Quando si parla di scrittrici, poetesse, intellettuali – parola a volte fastidiosamente ideologizzata – spesso si dimentica che l’Italia ha avuto una sola donna insignita del Nobel per la letteratura. Grazia Deledda, nata a Nuoro il 28 settembre 1871. È, la sua, una vicenda particolare; come particolare è il Nobel ottenuto nel 1926. Non perché non sia un riconoscimento meritato, bensì per la singolarità della sua attribuzione, in quei tempi, a una donna e soprattutto una donna proveniente da un’isola distante da centri di potere, da appartenenze a blasonati circuiti letterari.
MATRICE
La Deledda è espressione, incarnazione della sua terra bellissima, fiera e selvaggia. Tutta la sua opera è intrisa da quella che appare una matrice identitaria. Quando tiene il discorso di ringraziamento, il 10 dicembre 1927 a Stoccolma, inizia così: «Sono nata in Sardegna; la mia famiglia (è) composta di gente savia, ma anche di violenti e artisti produttivi». Quinta di sette figli, proviene da una famiglia benestante. Il padre Giovanni è un imprenditore laureato in legge, appassionato di letteratura che diventa sindaco di Nuoro. La madre si occupa della famiglia, dei figli, della casa. La bambina frequenta la scuola sino alla quarta – non c’è l’abitudine che le femmine proseguano gli studi – poi continua privatamente, con un professore che le insegna l’italiano, il latino, il francese. È a sé stessa, tuttavia, che deve buona parte della formazione. Non intende farsi rinchiudere nel ristretto cerchio casalingo. Sente una vocazione chiara, un daimon, e vuole seguirlo, a costo di grandi battaglie: ha quindici anni, quando pubblica la sua prima novella. La fase storica in cui vive è di transizione. Il vecchio mondo rurale sta lentamente lasciando il posto a un’epoca nuova, pur senza sparire del tutto; molte famiglie subiscono un impoverimento, altre una crescita subitanea. Tutto ciò si riflette nei libri della Deledda, come si evidenziano gli effetti, spesso drammatici, della modernità.
GLI ESORDI
Grazia stringe amicizia con Enrico Costa, scrittore e storico di Sassari, che ne intuisce le capacità; ha una corrispondenza con Giovanni De Nava, con cui nasce una breve amicizia amorosa. Nel frattempo, la famiglia Deledda attraversa un periodo difficile: uno dei fratelli viene arrestato, un altro diventa alcolizzato, il padre muore nel 1912 e la situazione economica si fa preoccupante. Grazia tiene duro, manda a Roma alcuni racconti che vengono pubblicati su una rivista, nonché un romanzo a puntate. Poi fa uscire, sempre a puntate, un romanzo firmato con uno pseudonimo e un libro per l’infanzia.
Comincia a collaborare con diverse riviste, fra cui Nuova Antologia; pubblica il saggio Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna, aperto da una citazione di Lev Tolstoi (la letteratura russa avrà grande influenza sulla sua opera). Escono inoltre altri testi, anche di poesie. A Cagliari, dove si è trasferita nell’ottobre 1899, conosce un funzionario, Palmiro Madesani, che sposa all’inizio di gennaio del nuovo secolo. La coppia va a vivere a Roma e ha due figli. Palmiro diviene l’agente di Grazia, la quale è ormai lanciata e pubblica opere teatrali, romanzi fra cui Elias Portolu, Canne al Vento e Cenere (da cui viene tratto un film con Eleonora Duse). Si dedica anche all’attività di traduttrice e frequenta personaggi di livello internazionale.
VERISMO
Giovanni Verga, insigne rappresentante del verismo a cui Grazia in parte si ispira, la tiene in grande considerazione; così come scrittori quali David Lawrence. La sua ultima opera, Cosima, una sorta di autobiografia, uscirà postuma. L’attribuzione del Nobel è il sugello definitivo alla sua storia e alla sua ascesa, nonché alla capacità di essere interprete non solo della letteratura italiana, bensì europea. Nell’agosto 1936, la Deledda scompare per un tumore. Prima viene sepolta al Verano di Roma, poi traslata nella chiesa della Madonna della Solitudine, nella sua città natale. Nella motivazione del Nobel si faceva riferimento alla «sua potenza di scrittrice, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale e che con profondità e con calore tratta problemi di interesse generale umano». È stata anche questa capacità di farsi sintesi, ponte fra la propria isola, l’Italia e l’Europa, a renderla unica.