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 2021  maggio 26 Mercoledì calendario

Ritratto di Fran Lebowitz

A 5 anni capisce di voler fare la scrittrice per emulare Dio; a quasi 71 non ha ancora scritto niente, tranne due raccolte giovanili: sono quarant’anni che Fran Lebowitz, scrittrice per mancanza di scrittura, non usa più la sua Bic. Ma finalmente oggi escono per la prima volta in Italia quasi tutti i suoi testi – La vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire –, editi da Bompiani con la traduzione di Giulio D’Antona, che firma anche l’intervista finale all’autrice, raggiunta telefonicamente a New York durante il lockdown: “La cosa più insopportabile di tutte sarebbe stata vivere in isolamento con qualcuno. È stata una fortuna essere da sola”.
Più che sola, unica, una voce unica: Fran è il grillo parlante di Manhattan; ironica, fumantina, geniale; aforista e umorista ancor prima che penna avvelenata. Come Woody Allen, ma più incazzata. A 19 anni, cacciata dal liceo per “generica scontrosità”, Lebowitz si trasferisce dal New Jersey nella Grande Mela: è il 1969, la metropoli brulica di artisti ed eroinomani; lei cerca un lavoretto per mantenersi e poter un giorno accedere ai salotti intellettuali. Fa la taxista, la venditrice di cinture e di spazi pubblicitari, la pornografa in anonimato, la signora delle pulizie. Riesce a pubblicare le prime recensioni a 21 anni, debuttando anche con una rubrica – I Cover the Waterfront (“Inviata dal fronte mare”) – su Interview, la rivista di Andy Warhol, per poi passare a Mademoiselle. I suoi unici libri escono nel 1978 – Metropolitan Life – e nell’81 – Social Studies –: un successo, dopodiché il diluvio. In questi ultimi 40 anni, Fran è ospite quasi fissa degli show di Letterman & C., si converte a public speaker nei teatri, entra “nel business delle cose divertenti” e recita persino: l’ultima sua apparizione è in Una vita a New York, serie dell’amico Martin Scorsese, che la omaggia su Netflix.
Dunque, “la vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire. Pertanto, ciò che chiamiamo ‘civiltà’ sono solo i resti accumulati di un numero agghiacciante di nottatacce”. La giornata tipo di Lebowitz: dormire tutto il giorno (“una morte senza responsabilità”), difendersi dagli editor e dalle scadenze, chiacchierare amabilmente e meditare vendetta. Leggere; possiede oltre 100 mila volumi. Fumare. Andare alle cene. Fran ama l’arte, i mobili, le belle case e New York, nel bene e nel male: “Non sono il tipo che vuole tornare alla campagna: sono il tipo che vuole tornare all’hotel”. È chiaro: sono molte di più le cose che Fran odia. Elitaria, snob, intellettualmente aristocratica, è nemica del “bene comune: con la democrazia c’è davvero il rischio di esagerare”. Così stila la sua personale lista di pro e contro durante l’oppressione-repressione e in regime di libertà-permissività, in quest’ordine. Neri: pro, “l’aver preservato nella nostra cultura un vivo interesse per la vendetta”; contro, “l’ammissione senza selezione”. Omosessuali: pro, “il vero gossip”; contro, “i parrucchieri eterosessuali”…
Il suo è squisito black humour, anche emotivamente: “La pace interiore non esiste. Ci sono solo ansia e morte… In quanto a stati mentali ho sempre avuto una decisa inclinazione per il coma, faccio davvero fatica a sopportare l’attuale mania per l’autoconsapevolezza”. Il suo motto è “preferirei di no”, come un Bartleby che ha letto tutto Wilde, ha studiato con Kraus ed è parente di Flaiano (leggere il tour in Italia qui sotto per credere). Lebowitz è contro il dilettantismo, le aspirazioni artistiche, il narcisismo creativo: “Se sentite l’urgenza cocente di scrivere o dipingere, limitatevi semplicemente a mangiare qualcosa di dolce: vedrete che la sensazione svanirà”. Contro “la scienza moderna, in larga parte concepita come risposta al problema dei domestici”. Contro le previsioni meteo: “È il denaro a influenzare il clima”. Contro lo sport, le piante d’arredamento, gli animali domestici “da vietare per legge”.
Fran indossa da sempre una uniforme di classe: giacca, jeans, camicia bianca e gemelli, camperos. Oltre al cattivo esempio, sa dispensare buoni consigli: consigli per diventare papa; test per verificare se si è dittatori; suggerimenti agli adolescenti (“un ragazzino che non sappia fare le divisioni in colonna non merita di fumare”); guida alla dieta a base di sigarette (“L’insalata non è un pasto. È uno stile”); manuali per incontrare i poveri a Manhattan; pareri per scrittori in erba: non scrivete; “scrivere è un ergastolo”.