il Fatto Quotidiano, 26 maggio 2021
Gli Usa e il nodo dei soldi per Gaza
È tornato in Israele il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, per annunciare che l’Amministrazione Biden aiuterà la ricostruzione di Gaza senza tuttavia aiutare Hamas. Considerato che il gruppo estremista islamico controlla con pugno di ferro tutto ciò che accade nella Striscia – che guida con metodi dittatoriali dal 2007 – non si capisce come gli Stati Uniti potranno riuscire a concretizzare questa mission impossible. Nella prima tappa del proprio tour regionale, Blinken ha promesso di “avere intenzione di raccogliere il sostegno internazionale” per aiutare Gaza devastata dai bombardamenti israeliani e senza più acqua potabile, come denuncia un report di Oxfam.
“Niente di tutto questo però sarà facile come schiacciare un interruttore”, ha detto Blinken ispirandosi al principio di realtà. A Gaza infatti non si muove foglia senza che Hamas non voglia. La guerra di 11 giorni ha ridotto in macerie il territorio costiero palestinese già distrutto e impoverito dalle precedenti guerre. La tregua entrata in vigore venerdì finora sembra reggere, ma non ha minimamente risolto alcuna delle questioni alla base del secolare conflitto israelo-palestinese, evidenza che Blinken ha riconosciuto dopo l’incontro con il premier israeliano uscente Benjamin Netanyahu.
“Sappiamo che per prevenire un ritorno alla violenza, dobbiamo innanzitutto alleviare la grave situazione umanitaria a Gaza e iniziare a ricostruire”, ha ribadito Blinken.
Secondo il massimo rappresentante della diplomazia Usa, gli Stati Uniti lavoreranno con i propri partner “per garantire che Hamas non tragga vantaggio dall’assistenza alla ricostruzione”. Come non è dato saperlo. Blinken, ovviamente, non incontrerà Hamas che non riconosce il diritto di Israele di esistere e che Israele e gli Stati Uniti considerano un’organizzazione terroristica. Ma il diplomatico dovrà superare gli stessi ostacoli che hanno soffocato il processo di pace con Hamas per quasi due decenni: una leadership israeliana sempre più di destra, oltranzista e religiosa; le sanguinose divisioni tra i rais palestinesi; le tensioni profondamente radicate circa lo status di Gerusalemme Est e i suoi luoghi santi. L’Amministrazione Biden aveva inizialmente sperato di evitare di essere trascinata nell’intrattabile conflitto e di concentrarsi su altre priorità di politica estera, in primis il contenimento della Cina. La tregua comunque rimane fragile poiché le tensioni sono ancora alte a Gerusalemme e il destino delle famiglie palestinesi della zona orientale della Città Santa sotto sfratto illegale per mano dei coloni non è ancora risolto. Gli sgomberi sono stati sospesi poco prima che scoppiassero i combattimenti a Gaza, ma il processo legale dovrebbe riprendere nelle prossime settimane. Una dimostrazione della forte tensione ancora in essere è l’accoltellamento di un soldato israeliano e di un civile a Gerusalemme Est (deputata dall’Onu a diventare la capitale di un sempre meno probabile Stato di Palestina, ndr) perpetrato da un giovane palestinese poi ucciso dalla polizia. Blinken si è recato a Ramallah, capitale provvisoria dell’Autorità Nazionale Palestinese, per incontrare l’indebolito e impopolare presidente Mahmoud Abbas nel tentativo di ridargli vigore. Blinken ha promesso che gli Usa verseranno 5,5 milioni di dollari per un aiuto immediato a Gaza e 32 milioni all’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi. Blinken ha anche annunciato che intende sbloccare al Congresso Usa 75 milioni di dollari per i palestinesi. Ma intanto chi sovvenziona Hamas in termini di armi e di soldi ? Per quanto riguarda le prime soprattutto l’Iran tramite il partito armato sciita libanese Hezbollah.
I finanziamenti finora sono arrivati direttamente da altri paesi arabi come il Qatar e l’Arabia Saudita e indirettamente anche dagli Usa e dall’Unione Europea, secondo una ricerca pubblicata da Forbes. Sempre secondo l’autorevole periodico, incredibilmente, anche Israele ha fornito denaro ad Hamas trasferendo camion carichi di denaro a Gaza dopo l’insediamento di Hamas nel 2007. Il primo trasferimento di oltre 51 milioni di dollari (consegnato in shekel israeliani) avrebbe dovuto però rafforzare l’influenza del presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas nella Striscia di Gaza. e pagare gli stipendi di 35.000 dipendenti dell’Autorità Palestinese allora presumibilmente a lui fedeli. Tra questi dipendenti, tuttavia, c’erano Ismail Haniye, il primo ministro nominato da Hamas a Gaza e ora suo leader dal suo esilio a Doha, e Mahmoud Zahar, il ministro degli esteri di Hamas. Se l’obiettivo era rafforzare la posizione di Abbas, il denaro avrebbe dovuto essergli consegnato nella sede dell’Anp a Ramallah in Cisgiordania. Da lì avrebbe potuto trasferire i soldi a Gaza, come ha fatto in passato, e rivendicarne il merito.