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 2021  maggio 26 Mercoledì calendario

Periscopio

Una metà del mondo non riesce a capire i piaceri dell’altra metà. Jane Austen.
Per me non è fatica il lavoro perchè mi piace. Non vorrei staccare mai. L’altra sera ero distrutto, poi improvvisamente mi è venuta un’idea e subito ho dovuto schizzarla, per paura di dimenticarmela. Essere stilista per me non è una professione, è una vocazione. Domenico Dolce, stilista. Daniela Monti (Corsera).
Al pensiero che la macchina del governo possa cambiare conducente vengono i brividi, a meno che il conducente non vada al Quirinale e continui a guidarla da lì. Bruno Vespa. QN.
Per la Meloni continuare a ripetere “Prima l’Italia” è oggi un refrain logorato e strumentalizzabile. Del resto tutti i grandi leader politici del Bel Paese hanno sempre privilegiato l’Italia, collocandola però in una cornice chiara di rapporti internazionali autenticamente «atlantici». E proprio al Dipartimento di Stato Usa non hanno certo gradito l’apertura verso i vaccini russi e, ancora meno, l’aver insistito per il Copasir su Adolfo Urso, un galantuomo amato un po’ troppo a Teheran, anziché puntare su personalità come Tommaso Foti e Alessio Butti, ben visti peraltro anche da Salvini col quale, tuttavia, la disputa fratricida, oltre che dannosa, sta diventando anche un po’ ridicola. Luigi Bisignani. Il Tempo.
Dove sono finiti i peones? Si sono trasformati in papagallini da telegiornale. Sembrano i bambini degli anni Cinquanta a Natale. Noi venivamo issati su una sedia per recitare a memoria davanti al presepe la poesia di Gesù Bambino. Loro, invece, vengono piazzati davanti a un microfono e ripetono in 15 secondi ciò che gli è stato ordinato di dire. In genere, banalità assolute. Di nessun interesse. Tranne l’interesse del papagallino e dei suoi parenti. Massimo Donelli. QN.
Nel 1979 i radicali avevano tutti un cipiglio da cospiratori e pareva che in ognuno covasse un regicida. Il più impetuoso, Roberto Cicciomessere, figlio di un generale e nemico di ogni disciplina, s’infiammava di continuo, precipitandosi giù dall’emiciclo per balzare sui banchi del governo. «Aiuto, aiuto», strillavano ministri e sottosegretari. I commessi accorrevano e afferravano Cicciomessere che però si divincolava sfilando la giacca e a salti, come Tarzan, passava da uno scranno governativo all’altro. Giancarlo Perna, Il Ring – Cinquant’anni di risse tra i Poteri. Guerini e Associati.
«Per Dagospia Mattarella è “la mummia sicula”. Un nomignolo azzeccato?». «In visita a Zagabria, fu avvicinato da una scolaresca di Messina. Più tardi, lo provocai: presidente, voi siciliani dite che quella è la provincia babba, cioè talmente arretrata che lì non hanno neppure la mafia. Rispose in latino, una sola parola: “Olim”. Un tempo». Marzio Breda, quirinalista del Corriere della Sera (Stefano Lorenzetto). L’Arena.
L’economista Federico Caffè dice dei suoi allievi: «Sono i libri che non ho scritto», per spiegare che il suo lavoro di ricerca e la produzione scientifica sono sempre la seconda opzione rispetto alle lezioni, alle tesi, ai seminari. Gli studenti lo ripagano con una dedizione e un affetto fuori dal comune: spesso quelle dissertazioni affollatissime finiscono con un applauso. Con lui come relatore si laureeranno oltre mille allievi: tra questi, due governatori di Bankitalia – Ignazio Visco e Mario Draghi – e molti economisti che si collocheranno in posti di prestigio del mondo accademico e scientifico. Sono la famiglia che non si farà mai. Maurizio Pilotti. Libertà.
Ho cominciato a raccontare la vita di mia madre mentre si avviava a conclusione. Morì centenaria. Facevo tesoro di episodi che lei mi riferiva. All’inizio non c’era intenzione di ricavarne materia poetica. Poi cominciai a ordinare il suo lungo racconto, scoprendomi a inventare dal vero un personaggio. E se ci ripenso, a una ventina d’anni di distanza, ritrovo l’emozione per la storia di questa donna prigioniera di un eccessivo pudore. Imparai a conoscerla, se non a capirla. Silvio Ramat, poeta. (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Facevo l’imbianchino, otto ore. E la sera, la scuola di teatro. Poi, otto ore erano troppe. Ho iniziato a portare il camion delle bibite, la mattina. Dopo, tornavo a casa, doccia, prendevo il mio Yamaha, andavo a scuola. Parcheggiavo contro il muro, non avevo manco il cavalletto e entravo. A volte, mi prendevano per uno spettacolo. Un giorno, per strada, avevo il cappello di carta da muratore, incontro un collega attore. Mi guarda: ma che fai? E io: stamo a fa’ un film. Marco Giallini, attore (Candida Morvillo). Corsera.
Mi ha telefonato un amico. Ha 70 anni, lavora, è attivissimo. Ma in pochi giorni ha perso per Covid due amici con cui ha condiviso la giovinezza. E lui, che pure sta benissimo, ha nella voce una sfumatura, oltre al dolore, di smarrimento. «Capisci, con uno eravamo assieme al liceo e all’Università, quante ne abbiamo fatte insieme. L’altro era, da decenni, il mio medico, bravissimo. E si è ammalato lui, e mi ha lasciato qui». «Mi ha lasciato qui». C’è tanto, in quattro parole, dell’orma che la pandemia deposita su chi, avanti negli anni ma in buona salute, si trova da un giorno all’altro abbandonato dagli amici di lungo corso: quelli che solo a sentirne la voce al telefono, ritrovi. E invece, in poche ore, due andati via, di colpo. Che doppio schiaffo, bruciante. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.
Dal primo giorno il suo rapporto con Milano è un corpo a corpo per Luciano Bianciardi: non ne capisce (né li capirà mai) i ritmi frenetici, gli ottimismi sciocchi, il cinismo aggressivo. Quella città (l’unica, ancora oggi) che è più Europa che Italia e che già preannuncia il boom economico in arrivo, gli è da subito ostile. Anche il lavoro alla Feltrinelli va ben presto di traverso a Bianciardi: è intelligente e molto preparato. Ma indolente, anarchico, selvatico come un cinghiale maremmano. La sua relazione con Feltrinelli è per usare un eufemismo «problematica»: irride il suo essere «democratico» (in casa editrice Feltrinelli timbra il cartellino come tutti, perché ipocritamente si considera un dipendente anche lui), il chiacchiericcio egualitario stando seduto su una montagna d’oro. Luciano Bianciardi, scrittore (Maurizio Pilotti). Libertà.
Fino a qualche giorno fa quando mia figlia mi chiedeva aiuto, millantavo impegni e andavo a cercare su internet le risposte. Ora ho ammesso l’ignoranza, «spero che tu capisca che ho altre doti…». Pierfrancesco Favino, attore (Arianna Finos), la Repubblica.
Diamo volentieri una mano a chi sta in basso purché non salga troppo in alto. Roberto Gervaso.