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 2021  maggio 25 Martedì calendario

Eredità, la tassa giusta

Èun bene che si sia infranto il tabù e si parli della tassa di successione. Vogliamo perciò tornare a motivare perché riteniamo che un suo aumento oggi sia auspicabile. Mario Draghi lo considera inopportuno perché questo «è il momento di dare e non di prendere». Crediamo che intenda dire che non è il momento di aumentare la pressione fiscale totale.
Siamo d’accordo. Se si raccoglie più gettito dall’imposta di successione si potranno ridurre altre tasse, per esempio i contributi sociali per i giovani salvaguardando le loro pensioni future (meglio che la dote proposta da Enrico Letta).
Draghi sostiene anche che «la riforma del fisco si fa tutta insieme». Siamo consapevoli dei rischi di interventi marginali, che complicano il sistema tributario senza una ratio complessiva. Allo stesso tempo, se si aspetta un intervento onnicomprensivo il rischio è che non si faccia niente. Alcuni interventi sono più cogenti di altri, farebbero parte comunque di una riforma complessiva e possono essere attuati in larga parte indipendentemente dal resto del sistema tributario: la riforma delle successioni è uno di questi.
L’unica riforma fiscale contemplata dal Pnrr è quella dell’Irpef, ed è bene non nutrire troppe illusioni su cosa si può fare. Si dice spesso che è troppo complicata: in realtà 22 Paesi Ocse su 37 hanno 5 aliquote, come la nostra Irpef, o addirittura di più. È vero che abbiamo una infinità di detrazioni, deduzioni, casi speciali, per questa o quella categoria o tipo di spesa o reddito (le cosiddette spese fiscali).
Ma ci sono aspettative eccessive sul gettito ottenibile da una loro razionalizzazione. Molte spese fiscali valgono pochi milioni; le principali (come quelle sulle spese mediche o per assistenza) sono sacrosante. Quelle realisticamente eliminabili valgono probabilmente meno di cinque miliardi.
Si sostiene anche che la tassa di successione è meno necessaria in Italia perché l’Irpef è già molto progressiva. Dato che la tassa di successione riguarderebbe i grandi patrimoni, è utile guardare all’aliquota Irpef sui redditi più alti. La nostra aliquota massima del 43 per cento è in linea con la media della zona euro. Aggiungendo contributi sociali e Iva, su un campione di 41 economie avanzate sono molti di più i Paesi con aliquote massime più alte dell’Italia di quelli con aliquote più basse. Certo, conta anche il livello di reddito a cui si applica l’aliquota massima.
Prendiamo un reddito di 100.000 euro: sugli 11 Paesi dell’Eurozona su cui l’Ocse fornisce queste informazioni, 5 hanno una aliquota Irpef più altadell’Italia e altri 5 più bassa.
Per altri, la tassa di successione colpirebbe il ceto medio e beneficerebbe gli evasori. Probabilmente è vero il contrario. La tassa di successione è come una tassa sulla ricchezza che colpisce il patrimonio tutto in una volta invece che un po’ ogni anno. È più difficile nascondere un cespite al momento della successione che un reddito anno per anno. Sarebbe un ulteriore incentivo a evadere? I soldi andrebbero all’estero? Se andassero in Francia, ad esempio, sarebbero soggetti ad aliquote più alte al momento della successione. E non ci risulta che i francesi ricchi vengano a morire in Italia per evitare le tasse di successione francesi.
Per altri ancora aumentare le tasse di successione è inutile perché il gettito sarebbe comunque basso: in altri Paesi raccoglie al massimo un punto di Pil.
Questa obiezione sbaglia bersaglio: lo scopo principale della tassa di successione non è quello di raccogliere gettito. Il primo obiettivo è garantire maggiore uguaglianza di opportunità, livellando le differenze nelle condizioni di partenza. Il secondo è di fornire un segnale (e i simboli contano, eccome, nel salvaguardare la coesione sociale) in un periodo in cui la mortalità da Covid e la crisi si sono concentrate sui ceti meno abbienti, mentre i bassi tassi di interesse e l’aumento del valore delle azioni hanno fatto aumentare molti patrimoni di persone già ai gradini più alti della distribuzione del reddito. Durante le guerre erano soprattutto i poveri ad andare al fronte e a perdere la vita mentre nell’industria bellica c’era chi si arricchiva enormemente. Per questo, accanto alla leva obbligatoria, molti Paesi introdussero un prelievo sulle grandi ricchezze e sui profitti di guerra, come raccontano Kenneth Scheve e David Stasavage nel loro Taxing the Rich.
Infine, molti considerano la tassa di successione alla stregua di un esproprio, che impedirà ai piccoli imprenditori di lasciare l’azienda ai figli. Ma una tassa di successione può essere disegnata in modo da non essere punitiva.
Siamo consapevoli che accanto a tutti questi argomenti, vi sono grossi ostacoli tecnici: la disparità dei valori catastali tra diverse zone d’Italia, il problema della possibile illiquidità degli eredi, il trattamento delle donazioni fatte in vita per eludere la tassa, e ovviamente l’evasione. Ma sono problemi che, se si vuole, si possono superare, ed anzi una tassa di successione fornirebbe un ulteriore incentivo ad attivarsi per risolverli.