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 2021  maggio 25 Martedì calendario

L’altra faccia della ripresa Usa

Prezzi in rialzo in tutti i settori, aerei intasati per il ritorno del turismo (interno), imprese che vogliono assumere ma non trovano lavoratori, penuria di camion per trasportare merci: negli Stati Uniti si accavallano i segnali di una crescita col turbo (dal +6% al +8% l’ultima revisione al rialzo delle stime per il Pil 2021) e questo crea dei problemi all’orizzonte. L’America soffre di “troppa” ripresa? Joe Biden è baciato da un eccesso di fortuna, da qui i suoi problemi. Il primo è un Congresso dove i repubblicani fanno di tutto per bloccare le prossime manovre di spesa (infrastrutture e Green Economy). Il secondo è la Banca centrale che potrebbe essere costretta a rivedere la politica iper-espansiva. Tra i segnali ambivalenti di questa ripresa, uno dei più controversi viene dal mercato del lavoro, dove molte aziende lamentano di non riuscire a riempire i posti vacanti per mancanza di candidati. Non sono solo parole: Amazon aggiunge al suo salario di base (già il doppio del minimo federale) un premio di assunzione di mille dollari per attirare candidati; alcuni fast-food McDonald’s pagano 50 dollari solo per chi si presenta a un colloquio di assunzione. A questi incentivi offerti dalle grandi imprese fa da contrappunto un coro di lamentele delle piccole, che sostengono di non trovare lavoratori. L’opposizione repubblicana punta il dito contro un presunto eccesso di assistenzialismo: la generosità delle ultime manovre di spesa pubblica è tale che certe categorie di lavoratori percepiscono il 130% del salario precedente standosene a casa. Uno studio della Fed di San Francisco conferma che questa non è solo una teoria di destra, la Banca centrale ha verificato sul campo l’esistenza di un disincentivo a cercar lavoro, per effetto dei sussidi elevati. Così 21 Stati governati dai repubblicani hanno deciso di cancellare le indennità di disoccupazione locali (300 dollari settimanali) perché la sommatoria di questi aiuti e quelli federali aumenta l’effetto-disincentivo. L’Amministrazione Biden ribatte che l’impatto resta benefico, se costringe ad alzare i salari aziende che pagavano poco la manodopera. Ma a confermare che le manovre di spesa pubblica assistenziale sono state molto generose, c’è un aneddoto curioso: in Giappone le banche sono alle prese con migliaia di depositanti che vogliono incassare gli assegni venuti da Washington. Non è un disguido. La definizione degli aventi diritto ai sussidi è così ampia da includere molti pensionati giapponesi che avevano lavorato negli Stati Uniti.
Tra gli indicatori di un’economia surriscaldata c’è il mercato immobiliare. Dove le vendite rallentano non per una mancanza di acquirenti, ma per la ragione opposta: l’eccesso di domanda nei mesi scorsi ha fatto salire i prezzi al punto che una fascia di compratori non può più permettersi le abitazioni che intendeva acquistare. Sul fronte industriale, grandi aziende come la 3M lamentano la mancanza di camion per le consegne. L’industria automobilistica soffre per la carenza di chip, anche questa provocata dal boom di consumi. Tant’ è che si assiste a una fiammata dei prezzi delle auto usate, visto che le nuove scarseggiano. Il tutto rilancia il dibattito sul pericolo-inflazione. Al Congresso questo rafforza le resistenze dei repubblicani sulla Fase Due di Biden, i 4.000 miliardi di investimenti in infrastrutture e Green Economy. In seno alla Fed comincia qualche segnale di ripensamento sulla politica monetaria espansiva. Al momento la Banca centrale mantiene gli acquisti mensili di 120 miliardi di bond, e i tassi a zero. La tesi è che questi fenomeni inflazionistici sono temporanei; fino a prova contraria.