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 2021  maggio 24 Lunedì calendario

L’orto 2.0

Nel 2020 le nuove tecnologie applicate all’agricoltura, il cosiddetto agritech, in Italia, ha raggiunto un giro d’affari di 540 milioni di euro. Il 20% in più rispetto all’anno precedente. E mentre si fa sempre più urgente l’adozione di pratiche agricole sostenibili, si guarda alle prossime missioni spaziali, per sviluppare tecnologie impiegabili su altri pianeti, ma anche sulla terra. Se ne discuterà alla conferenza annuale, Primavera dell’Innovazione 2021, manifestazione interamente digitale, organizzata dal Consorzio di ricerca Hypatia, con i partner del progetto Laerospazio e la Fondazione E. Amaldi. Tra i relatori, che il 28 maggio interverranno all’evento, ci sarà Antonella Canini, docente di botanica all’Università Tor Vergata di Roma.
Nel 2024 l’uomo potrebbe tornare sulla Luna. Si fanno largo nuove opportunità per tecnologie applicate all’agricoltura?
«Se parliamo di coltivazioni nello spazio dobbiamo pensare all’utilizzo di colture cellulari e ad una serie di biotecnologie che portano le cellule a far produrre le sostanze, quindi una coltivazione intensa ma che per dimensioni e malleabilità sia su base cellulare. Tornando alla Terra, i problemi sono abbastanza simili, nel senso che il nostro ambiente è sottoposto a molti agenti stressanti, tra cui il cambiamento climatico e la mancanza di acqua. Questi due problemi ci impongono l’uso di nuove tecnologie per creare delle colture fuori dal suolo, ma di agricoltura sostenibile».
Il cambiamento climatico impone soluzioni tecnologiche rapide per preservare il pianeta e praticare l’agricoltura. Quali?
«Le serre di acquaponica, un nostro progetto premiato dalla Regione Lazio, consentono il riutilizzo di acqua, che permette di allevare pesci, il cui scarto, abbattuto dei batteri, concima la produzione agricola e riporta l’acqua in circolo. Questo sistema di economia circolare, non ha bisogno di acqua continua, ed è un approccio biotecnologico importante che fa risparmiare risorse. A questa coltura è associato un monitoraggio di sensori che valuta sia la parte biologica delle coltivazioni, come le malattie, sia la sostenibilità della serra, grazie all’utilizzo di pannelli fotovoltaici che consentono la coltivazione di qualsiasi prodotto, svincolato dalla stagionalità, perché si ricreano le condizioni della produttività».
Un sistema migliore di quella tradizionale?
«Dal punto di vista nutraceutico (ovvero dal punto di vista delle proprietà salutari per l’uomo, ndr) è migliore o uguale alla coltura in suolo, ma è futuristico, perché nei prossimi 50 anni, a queste condizioni, le terre coltivabili saranno solo l’1% di quelle che ci sono e con 8 miliardi di persone da alimentare».
È applicabile su larga scala?
«Stiamo facendo delle sperimentazioni. Ciò che manca è tutto quello che deriva dall’arricchimento del suolo, perché usando la stessa acqua, anche se concimata dai pesci, mancano dei microelementi che provengono dal suolo, per esempio il ferro. L’impiego di nuove tecnologie permetterebbe l’arricchimento di microelementi nell’acqua».
Si riferisce all’applicazione di nanobiotecnologie, uno dei suoi campi di ricerca?
«Le nanoparticelle consentono l’inserimento di batteri che favoriscono la restituzione dei microelementi alla pianta; per esempio se produciamo lenticchie, dobbiamo ottenere un’elevata quantità di proteine paragonabili alla coltivazione in suolo. Con il gruppo di ricercatori all’orto botanico di Tor Vergata, una struttura di 80 ettari, votata alla sperimentazione agricola, stiamo lavorando proprio su questo».
Quali altri sperimentazioni sta effettuando all’orto botanico?
«La coltura in vitro per il rilascio di sostanze con una notevole capacità antibatterica e antivirale, un esperimento indirizzato alla sicurezza dei cibi contro batteri e virus, molto attuale in questo momento storico. Nell’orto è nata una startup con studenti di economia, biologia, ingegneria che promuove l’orto 2.0, in cui il consumatore vive il suo orto su una piattaforma digitale che poi viene lavorato da un gruppo di esperti. Infine stiamo studiando una pianta autoctona, un ibrido, che riesce a catturare i metalli pesanti dal terreno e dalle acque, utilizzabile per bonificare il territorio, restituendolo alla sua vocazione iniziale».
Ha parlato di sicurezza alimentare, un tema importante insieme alla tracciabilità dei cibi, specie per il made in Italy. Quali tecnologie possiamo impiegare per tutelare aziende e consumatori?
«Il Qr code su ogni prodotto, che contenga tutte le indicazioni di produzione e provenienza, sarebbe una tutela per tutti, aiuterebbe la filiera, spesso danneggiata dalle notizie di prodotti contraffatti. Ormai le app sono di uso comune e questa tecnologia potrebbe fornire informazioni nutrizionali, insieme all’impatto ambientale della sua produzione e sarebbe un’importante fonte di educazione per il consumatore».
L’Italia come sta rispondendo a livello di innovazione tecnologica in agricoltura?
«Ci sono diverse aziende che si stanno riconfigurando, negli ultimi anni c’è stato un aumento di investimenti tecnologici in ambito agricolo di circa il 25%, significa che c’è un’attenzione a cui va abbinata anche una conservazione del territorio con le tecnologie moderne».
Polo di innovazione e di ricerca è il progetto della Città della conoscenza, che prevede la riconversione del sito della Vela di Calatrava a Roma. A che punto siamo?
«A buon punto. È un argomento che dovrebbe rientrare nei temi del Recovery Fund, perché il progetto prevede un centro che punta alla valorizzazione scientifica ed alle nuove tecnologie, con la rivalutazione del territorio. Sarà una struttura che connette ricerca e mondo della produzione, un esempio per usare i migliori talenti universitari per costituire startup e favorire il rilancio produttivo del paese. Un polo che potrebbe offrire oltre 14 mila posti di lavoro».