Corriere della Sera, 24 maggio 2021
Toto Cutugno ricorda la sua vittoria all’Eurofestival
Zagabria era allora una sonnolenta città jugoslava, l’Europa unita un sogno da cui nessuno voleva scappare. E la musica italiana, per gli altri, era sempre e comunque quella del melodico, figuriamoci il rock and roll, roba da anglosassoni.
Sì, è ingiallita assai la cartolina che divide i Måneskin da Toto Cutugno, totem che sembrava impossibile da abbattere, caduto invece l’altra sera dopo 31 anni, ultimo vincitore dell’Eurofestival prima dei ragazzi romani. Toto ha visto il monumento crollare da casa sua, a Milano. E, signorilmente, come ogni buon spodestato detentore di record duri a morire il 77 enne si felicita con loro: «Ha vinto un pezzo rock e mi ha fatto molto piacere perché significa che l’Italia può fare tutto. Capacità scenica e modo di stare sul palco, sono andati fuori da tutti gli schemi e proprio questa è stata la loro forza».
La forza di Toto invece fu di crederci fino in fondo, allora. Dovevano esserci i Pooh, vincitori a Sanremo 1990 «ma ci ripensarono. E allora chiesi io di poterci andare da secondo». Per sconfiggere la maledizione che l’aveva visto sfiorare il primo posto per ben sei volte al Festival. La tensione era molta a Zagabria, ricorda Toto: «Nel pomeriggio salii su una mongolfiera contro il parere dei miei discografici. Sbandò e mi vennero a prendere, incavolatissimi». E la sera non portò «Gli amori», con cui aveva gareggiato quell’anno (chi non ricorda lo splendido duetto con Ray Charles?), ma scelse col lanternino un brano che poteva sposarsi perfettamente con lo zeitgeist dell’epoca «Insieme: 1992» dove Toto raccontava «l’Europa unita prima che si realizzasse». Eppure presto stonato in una Zagabria che sarebbe caduta a breve nel buco nero del conflitto jugoslavo.«Quattro ragazzi del coro mi raccontarono dei problemi, sei mesi dopo ci fu la guerra e uno di loro è morto. Non posso dimenticarlo».
Quella sera però le cose andarono bene: Toto esorcizzò infine la maledizione e, curiosamente, batté anche allora i francesi, rappresentati da tale Joëlle Ursull. Con un film simile a quello di sabato: «La Francia era prima, io ero terzo o forse quarto e verso la fine l’ho superata». Ma nessun ministro degli Esteri a Parigi si sognò di contestarne la vittoria, tirando in ballo presunti utilizzi di stupefacenti...