Specchio, 23 maggio 2021
Che fine ha fatto Bernand Tapie
Claude Lelouch, il regista di «Un uomo, una donna», lo scelse a sorpresa nel 1996 per «Uomini & Donne, istruzioni per l’uso». Bernard Tapie, che aveva 43 anni, ma già diverse vite alle spalle (cantante, uomo d’affari, manager sportivo, navigatore, politico…), diventò pure attore. Nel film era un imprenditore senza scrupoli, al quale un medico (interpretato da Alessandra Martinez) trova un tumore allo stomaco. In una scena bellissima (Tapie si rivelò all’altezza), lei gli dice che l’alternativa è «abbandonare o combattere». «Mi batterò – risponde lui -. Ci metterò tutta l’energia che ho».
La vita di certi personaggi pubblici sfila via in bilico tra realtà e finzione. Con Tapie ci siamo al 100%, a tal punto che molto tempo dopo quel film, nell’estate 2017, anche a lui diagnosticarono un cancro allo stomaco. Eccolo Bernard, in questi giorni alla Corte d’appello di Parigi, accusato di frode e appropriazione indebita di fondi pubblici. Perché lui è tutto e il contrario di tutto: carismatico e generoso per alcuni, manipolatore e disonesto per altri. «Non ho mai avuto paura della morte», mette subito le cose in chiaro. «Vivo una lotta interiore tra i tumori, che sono nostri – aggiunge -. Ma bisogna essere più forti di loro». A 78 anni parla con un filo di voce (così maschia e sonora ai tempi d’oro) ed è dimagrito, i capelli grigi. Ma è il solito combattivo, perché lui ritorna sempre. Nelle interviste alle tv racconta la sua battaglia contro il cancro (e ammette che non la sta vincendo), esalta la sanità pubblica francese e incoraggia chi naviga nella sua stessa barca. Apre bocca e sui social è una valanga di messaggi: è un «truffatore» per alcuni, ma per i più ancora il «boss».
Mentre lotta per la vita, si guadagna un’altra vita, l’ennesima sotto i riflettori. La prima fu quella di figlio di un operaio, che viveva nella banlieue nord di Parigi. Allora suonava appassionato il violino. «Un giorno – ricorda – fui preso da un’emozione, che mi fede suonare come se fossi altrove. Un prete mi disse: hai fatto l’incontro. Più lo capii cosa volesse dire». La fede cattolica non l’ha mai più abbandonato. Iniziò la sua carriera facendo il cantante (incise nel 1966 «Non credo più alle ragazze»). Poi negli anni Settanta passò al business, recuperando e rilanciando imprese in difficoltà. E diventando ricco, molto ricco. Tra il 1986 e l’87 presentò un programma su Tf1, la principale tv francese, dal titolo «Ambizioni», dove aiutava a costruirsi giovani in cerca di successo. Il suo cachet lo donava all’Abbé Pierre e ai senzatetto (ma si è saputo molto dopo). Nel 1988, a bordo della sua imbarcazione da corsa Phocéa, riuscì a battere il record mondiale della traversata atlantica. Nel frattempo il nostro occhieggiava alla politica (di sinistra). A François Mitterrand stava stranamente simpatico (come Silvio Berlusconi): il presidente ne cavalcò la popolarità, nominandolo ministro delle politiche urbane alla fine del ‘92, poco prima che Tapie, patron dell’Olympique de Marseille (OM), vincesse la Champions League (in una finale storica contro il Milan di Berlusca, così simile a lui, ma non si sono mai amati). Poi, però, arrivò la discesa. Condannato per aver «comprato» i giocatori del Valenciennes, perché perdessero una partita contro l’Olympique, finì in carcere nove mesi nel ‘97. Anche l’impero economico si sgretolò. Dovette vendere Adidas e fece causa contro il suo finanziatore, Crédit Lyonnais, banca pubblica, chiedendo un risarcimento (ottenuto nel 2008 e ora è accusato di aver corrotto l’entourage di Nicolas Sarkozy). I francesi, però, sembrano perdonargli tutto o almeno tanto. Lo accompagna, fedele come sempre da 52 anni, la moglie Dominique, praticamente invisibile, mai un’intervista. «Sempre insieme – spiega Bernard – malgrado le prove, le contraddizioni, i conflitti. Non è solo un dono o una prova di saggezza. È anche fortuna».