Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  maggio 23 Domenica calendario

Chi critica Bolsonaro diventa un terrorista

Quando la polizia ha bussato alla mia porta mi sono spaventato. Nessuno si aspetta di essere accusato di terrorismo solo per aver espresso la propria opinione. Poi però ho capito che più che colpire me, l’obiettivo del governo era quello di mettere a tacere le persone che non hanno i mezzi per difendersi. È stato allora che ho deciso di reagire». Felipe Neto, l’influencer più famoso del Brasile (41 milioni di followers su YouTube e più di 20 milioni tra Instagram e Twitter ) è stato accusato di «attentato alla sicurezza nazionale» dopo aver pubblicato un video in cui ha accusato il presidente Bolsonaro per la sua inazione di fronte alla pandemia. Una mossa che sa di censura, realizzata usando una legge che risale ai tempi della dittatura militare. Decine di altri giornalisti, ambientalisti e politici sono stati raggiunti da provvedimenti analoghi a causa di manifestazioni di dissenso nei confronti del governo. Aria di regime, insomma, nel più grande paese dell’America Latina. «Sono un forte difensore dei principi democratici – ci spiega Neto – credo che il popolo brasiliano non accetterebbe di tornare indietro nel tempo. Ma quando si parla della famiglia Bolsonaro (il presidente e i suoi tre figli schierati in politica) tutto è possibile. Stanno armando, non solo metaforicamente, i loro seguaci, stiamo andando verso un regime fascista e dobbiamo fare di tutto per impedirlo».

La tutela legale
Neto ha creato una rete di protezione per chi non può difendersi; cinque rinomati studi legali di Rio de Janeiro, Brasilia e San Paolo si sono offerti di aiutare gratuitamente i cittadini colpiti dalla censura. Giovani denunciati durante cortei in piazza o attivisti intimati a causa di post sui social media. «La legge di sicurezza nazionale (LSN) promulgata dal regime militare – spiega l’avvocato Augusto de Arruda Botelho - prevede il carcere per chi calunnia i rappresentanti dei tre poteri. Il suo testo è molto generico, questo permette che la si usi in diverse situazioni. Oggi possiamo dire che è a rischio la libertà di espressione». L’accusa a Neto è partita da una denuncia di Carlos Bolsonaro, il secondogenito del presidente, consigliere comunale a Rio de Janeiro. Il procuratore che l’ha avallata ha firmato altri provvedimenti analoghi contro politici di opposizione. Il giudice per le indagini preliminari, va detto, ha deciso di non dare luogo a procedere, ma quello che conta è il clamore mediatico: colpirne uno per educarne cento. «I regimi – dice ancora Neto – amano dare l’esempio. Se attaccano uno come me, quanti ragazzi ci penseranno due volte prima di pubblicare le loro idee sui social?».

La pressione sulla stampa
I media non si salvano. Negli ultimi due anni la polizia federale è intervenuta una settantina di volta per articoli critici rispetto al governo. Il fumettista Renato Aroeira è stato denunciato dopo aver pubblicato una vignetta che ritrae Bolsonaro intento a dipingere una svastica; una cinquantina di colleghi l’hanno ripubblicata sui loro social. Lo scrittore Ruy Castro è stato intimato per aver scritto siu O Globo che Bolsonaro e Donald Trump avrebbero dovuto suicidarsi per come si sono comportati durante la pandemia. L’ex candidato presidenziale Ciro Gomes, uno dei nomi più autorevoli dell’opposizione, è stato denunciato per ingiurie nei confronti del presidente dopo averlo chiamato ladro durante un dibattito. Uno dei casi più recenti riguarda la leader indigena Sonia Guajajara, chiamata a deporre con l’accusa di diffamazione del governo federale a causa di un video diffuso dall’associazione dei popoli indigeni brasiliani dove si denunciava, con dati alla mano, l’aumento del disboscamento in Amazzonia durante la pandemia. La denuncia è partita proprio dalla Funai, l’ente ufficiale di protezione degli indios, che dovrebbe operare per la salvaguardia della foresta. L’inchiesta, sotto sigillo giudiziario, è ancora in corso. «Il governo – spiega Guajajara – non solo fa finta di niente rispetto all’invasione delle riserve indigene da parte degli agricoltori o dei cercatori d’oro; adesso è partita anche la persecuzione contro chi difende l’integrità dell’Amazzonia».

La campagna d’odio
Le denunce contro le voci critiche sono la punta dell’iceberg di quello che la giornalista Patricia Campos Mello chiama «la macchina dell’odio» del bolsonarismo. Nel 2018 è stata oggetto di una violenta campagna sui social dopo aver denunciato la fabbrica di fake news creata per appoggiare la candidatura presidenziale di Bolsonaro a scapito del rivale progressista Fernando Haddad. Recentemente la giustizia ha condannato sia Bolsonaro che uno dei suoi figli a indennizzarla per gli insulti a sfondo sessista che le hanno rivolto. «Le intimidazioni sono tipiche dei regimi autoritari, ma in Brasile c’è un elemento in più; gli attacchi partono direttamente dal presidente e dal suo stretto entourage. Superiamo, in questo senso, gli Stati Uniti di Trump o l’India di Modi. Il vertice della piramide accende la miccia, moltiplicando così il potere di fuoco degli haters».
Il Brasile è il secondo Paese al mondo per vittime di Covid e molti puntano il dito contro il negazionismo di Bolsonaro, che per mesi ha ignorato il virus, chiamandolo gripezinha, un raffreddore, e ancora oggi si dichiara contrario alle misure di isolamento sociale. «Siamo il Paese al mondo dove si usano di più farmaci come l’ivermectina o l’idrossiclorochina, la cui efficacia contro il Covid è stata ampliamente smentita dalla comunità scientifica internazionale. Tutto questo a causa della campagna di Bolsonaro, che ne ha comprato milioni di scatole invece di preoccuparsi di trovare i vaccini. Le fake news creano l’ambiente ideale per l’odio sui social, la censura di Stato è il passo successivo». In Parlamento si sta discutendo un progetto di legge per abolire la legge di sicurezza nazionale, ma difficilmente si riuscirà a trovare un accordo in questa legislatura.
Le elezioni del prossimo anno, con l’ex presidente Lula probabile sfidante di Bolsonaro, si terranno in un clima infuocato. La battaglia per conquistare il Brasile, secondo Paese al mondo per utenti WhatsApp e terzo per account Facebook, passa soprattutto attraverso i social. Controllare quello che viene detto e attaccare, non foss’altro a titolo dimostrativo, le voci dissidenti può diventare un’arma in più per il presidente a caccia di un secondo mandato.